Robert Fulghum ha affermato: «La massima parte di ciò che veramente mi serve sapere su come vivere, cosa fare e in che modo comportarmi l’ho imparata all’asilo, la saggezza non si trova al vertice della montagna degli studi superiori, bensì nei castelli di sabbia dei giardini dell’infanzia…».
Parole poetiche che ci fanno viaggiare nei nostri ricordi di bambini, in un mondo descritto come meraviglioso. In realtà non tutti sono convinti che le cose stiano proprio così e l’ingresso in questi “giardini d’infanzia” suscita paure e interrogativi: in particolare, alla mamma che vuole avere tutto sotto controllo, delle belle parole interessa poco. Qua c’è da capire e sapere tutto, nei più piccoli dettagli. Cosa succede veramente in questa scuola dell’infanzia? Cosa cambia rispetto al nido? Mi posso fidare? Come farà il mio bambino a sopravvivere in questa giungla scolastica? Non è ancora troppo piccolo?
Tutto avviene in un attimo. Varcata la soglia dell’ingresso, dove campeggia una grande scritta colorata “Benvenuti” e la maestra accoglie tutti col sorriso, il nostro cucciolo d’uomo smette di essere il principe indiscusso del reame. Saranno adesso in tanti a dover dividere scettro e corona, più che al nido: circa 20/25 per sezione con una o due maestre, a seconda dell’organizzazione interna all’istituto.
Questo sconvolgente attacco al potere lo immergerà in un mondo di relazioni fatto di bambini e bambine da conoscere, in un luogo pensato per rispondere ai suoi nuovi bisogni di bimbo in crescita. Sceglierà quelli che gli piacciono di più, che diverranno i suoi primi grandi amici. Col tempo imparerà a far gruppo anche con gli altri e a condividere giochi e spazi che qui sono di tutti. Inizierà così a muovere i suoi primi passi nella società.
Entrerà in un territorio del tutto sconosciuto o nel quale potrebbe ritrovare qualcosa o qualcuno di familiare, se la scuola ha avuto l’attenzione di proporre un progetto di continuità con l’esperienza del nido. In ogni caso si dovrà abituare a cose nuove, sarà destabilizzato, affronterà un cambiamento. Forse avrà nostalgia di casa e piangerà.
Metterà alla prova le vostre promesse quando dite: «Torno a prenderti alle…». Sarà incerto e timoroso nei primi passi o correrà subito a giocare senza guardarsi indietro. Se mamma, papà, la nonna dai saggi consigli e la maestra ansiosa di piacere saranno capaci di lasciargli un po’ di spazio vitale, farà le cose a suo modo e con il suo tempo, osservando ciò che ha intorno fin quando non si sentirà al sicuro nel nuovo ambiente, magari accettando di essere preso per mano da quel bimbo più grande che potrà accompagnarlo nella scoperta.
Tornerà a casa sudato e sporco di sabbia, terra, colla, tempera e altre sostanze non meglio identificate: ha giocato, toccato, colorato, corso, saltato, pasticciato. Perché, checché se ne dica, la scuola dell’infanzia non è fatta per abituare i bambini a stare seduti sei ore di seguito nei banchi. Scoprirà il suo corpo e metterà alla prova i suoi movimenti. Sperimenterà i propri gusti, limiti e potenzialità, cosa gli piace e non gli piace fare, quale attività preferisce e in quale riuscirà meglio. A casa racconterà la sua giornata, colma di avventure.
Prenderà botte dai bimbi più grandi (ma anche dai più piccoli) e imparerà a darle di santa ragione. Apprenderà a difendersi e ad attaccare, con un po’ più di consapevolezza rispetto ai morsi sperimentati al nido.
Se la super-mamma e il papà-eroe riusciranno a desistere dal desiderio di intavolare una battaglia legale tra scuola, genitori di vittime e genitori di carnefici, il nostro cucciolo potrebbe anche imparare a far la pace, negoziare, collaborare, risolvere il conflitto. A rispettare le regole e, con l’aiuto della maestra, mettersi in contatto con le emozioni e i vissuti propri e dell’altro, sviluppando così capacità empatiche.
Qualche volta capiterà che si faccia la pipì addosso perché, così preso dal gioco, la tratterrà sino all’ultimo secondo, non riuscendo ad arrivare in tempo al bagno. A questo proposito, com’è normale che sia, vari potranno essere gli incidenti di percorso e altrettanto varia risulta essere l’organizzazione di scuola in scuola (c’è la maestra che accompagna tutti insieme i bimbi in bagno per non lasciare scoperta la classe, c’è l’assistente che sorveglia a distanza che tutto vada “nel posto giusto”, c’è la scuola dove in bagno si va da soli).
Se in generale la scuola dovrebbe prestare attenzione ai diversi tempi di sviluppo di ogni bambino, soprattutto nei riguardi dei più piccoli cosiddetti “anticipatari”, è vero anche che già a casa dovremmo abituarlo a far da sé, avendo così anche il tempo di gestire meglio prove ed errori.
Certo è che la scuola non dovrebbe essere una sfilata di moda bimbo all’ultimo grido. Vestiti comodi da mettere e togliere (via il body e le bretelle senza rinunciare a cerniere e bottoni) potranno consentirgli di sperimentare più efficacemente l’autonomia.
Farà e dirà cose che non gli abbiamo mai sentito dire e visto fare: scoprirà il gusto del proibito, delle parolacce, dell’infrangere una regola.
Mangerà da solo (prima lo imboccavamo noi!), facendo i capricci per quello che non vuole assaggiare senza qualcuno che gli prepari il “piano b” o, sorprendentemente, ingozzandosi di quelle cose che «a casa non ha mai mangiato!», con il gusto di condividere la tavola con i propri compagni.
Riempirà la vostra casa di manufatti di ogni tipo, forma e dimensione, alcuni decisamente brutti, pretendendo che stiano bene in vista. Sarà fiero dei suoi lavori, di quell’oggetto progettato e realizzato con tanta fatica, con la colla che scappa via e con le dita che non rispondono ai comandi.
Ripeterà in maniera ossessiva il ritornello di quella canzoncina di Natale: esercitando la propria voce e la memoria, provando la gioia gratuita del cantare. Reciterà poesie, inventerà storie, sarà curioso di quei segni che diventano lettere con cui si può scrivere il proprio nome.
Farà un miliardo di disegni che lascerà in giro dappertutto, insieme col fermaglietto, la felpa e quel giochino che si era portato da casa di nascosto, disperandosi quotidianamente per la sua perdita e imparando così ad avere cura delle cose e a rimetterle in ordine.
Avrà dei segreti da custodire: un guscio di lumaca, una biglia luccicante, una caramella squagliata. Si meraviglierà del semino che cresce, delle foglie che cadono, dei giochi della luce, delle ombre e del calore, della pioggia e dei fulmini, formulando ipotesi sul funzionamento delle cose e del mondo.
Vi metterà in difficoltà chiedendo come mai la mamma del compagnetto ha la pancia così grossa, come ha fatto un fratellino a entrarci dentro e soprattutto… come ne uscirà?! Forse si innamorerà un po’ della sua maestra… accogliendo un nuovo punto di riferimento nella sua vita. Ma tranquilli, nel cuore di un bimbo c’è spazio per tutti e… la mamma è sempre la mamma!
Ce la farà, perché ha delle potenzialità incredibili. Perché i bambini crescono, e noi con loro.
pedagogista, svolge attività privata di consulenza pedagogica nel sostegno alla genitorialità e al percorso di crescita di bambini e adolescenti. Coordina progetti di educazione e accompagnamento alla morte e all’esperienza della perdita, si occupa di famiglie adottive e lavora come formatrice per gli operatori di nidi e scuole dell’infanzia nella provincia di Messina. È stata vicedirettrice di Uppa magazine dal 2018 e dal 2022 ne è diventata direttrice.