Gentile direttore,
sono Carla Corvi, una vostra lettrice abbonata a Uppa da più di dieci anni.
Ho sempre apprezzato il vostro stile equilibrato e l’approccio scientifico e indipendente nella trattazione dei vari argomenti da parte di specialisti del settore. Oggi più che mai è necessario che la divulgazione scientifica affronti la complessità di alcune tematiche con chiarezza e rigore.
Il 3 marzo, il programma “Presa Diretta”, su Rai 3, ha dedicato l’intera trasmissione all’omeopatia: a mio parere l’argomento è stato affrontato in maniera approfondita e completa, dando voce alle diverse posizioni, senza pregiudizi e senza paura di descrivere la realtà delle cose.
Io sono una farmacista e condivido pienamente l’affermazione del direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri” di Milano, Silvio Garattini, nel libro “Acqua fresca? Tutto quello che è utile sapere sull’omeopatia”: «I farmacisti dovrebbero rifiutarsi di vendere questi preparati lasciando ad altri negozi tale commercio. Se le farmacie vogliono essere luoghi di educazione alla salute non possono continuare a vendere come trattamenti sanitari prodotti che non contengono principi attivi».
L’omeopatia è una dottrina medica sorta nella seconda metà del Settecento, attualmente annoverata fra le medicine complementari/alternative (CAM).
Tale teoria nacque in un’epoca in cui i sistemi di cura erano rudimentali e nell’Ottocento l’omeopatia rappresentò un’alternativa plausibile a pratiche mediche spesso inefficaci e dannose.
L’omeopatia si basa quindi su credenze rimaste ferme alle conoscenze mediche di duecento anni fa, quando gran parte dei concetti della medicina attuale era sconosciuta (a partire dall’esistenza di batteri e virus e dai concetti di atomo e molecola) e non si facevano distinzioni tra un rapporto di causa-effetto e una coincidenza.
Da allora la medicina scientifica ha fatto passi da gigante avvalendosi degli avanzamenti nel campo della chimica, della fisica e della biologia. La moderna medicina scientifica è basata su prove di efficacia (Evidence-based medicine) e a testimonianza dell’efficacia di qualsiasi terapia devono essere presentati studi clinici metodologicamente corretti.
In merito all’omeopatia, sul portale dell’Istituto Superiore di Sanità si legge: «È impiegata per la cura di numerose malattie, tuttavia, non esistono studi scientifici di buona qualità che ne dimostrino l’efficacia. Le persone che scelgono l’omeopatia possono mettere a rischio la propria salute se rifiutano o ritardano cure di provata efficacia e sicurezza. Non vi è alcuna prova scientifica sul principio fondante dell’omeopatia. La scienza spiega i casi in cui l’omeopatia è, o sembra, efficace con il cosiddetto effetto placebo».
Placebo è sia un composto privo di specifica azione farmacologica che qualsiasi atto terapeutico nella cui utilità il paziente crede fermamente. L’effetto placebo si basa sulla reazione psicologica e fisiologica del malato e può indurre, per alcune malattie non gravi, a un’attenuazione dei sintomi o alla guarigione poiché il miglioramento è indotto dalle aspettative positive del paziente.
La vendita dei preparati omeopatici in farmacia e il loro accostamento con i farmaci veri e propri genera ambiguità e confusione. Ad esempio, l’omeopatia non va confusa con la fitoterapia, pratica che prevede la cura delle malattie mediante l’utilizzo di estratti di piante medicinali – come ad esempio l’echinacea. Questi derivati vegetali contengono composti chimici dotati di effetti biologici, mentre i preparati omeopatici non contengono, nella quasi totalità dei casi, neanche una molecola del principio attivo di partenza.
Recentemente sono accaduti alcuni fatti gravi relativi all’utilizzo dell’omeopatia e alle conseguenze drammatiche del ritardato uso di terapie corrette (anche per patologie minori come l’otite).
Questi casi evidenziano l’urgenza di un dibattito serio e autorevole, basato su argomentazioni scientifiche approfondite, non su opinioni personali. Per comprendere i motivi del ricorso all’omeopatia è forse opportuno considerare i limiti attuali della medicina convenzionale che a volte risulta troppo focalizzata sulla malattia e troppo poco sul malato. In medicina l’empatia (la capacità di comprendere lo stato d’animo altrui) è un elemento fondamentale nella relazione di cura ed è correlata a migliori risultati terapeutici e maggiore soddisfazione del paziente.
Mi piacerebbe quindi trovare su Uppa una discussione su questo delicato argomento per permettere così alle persone di capire e farsi un’idea propria sulla base di spiegazioni scientifiche chiare e accurate.
Ringraziando per il vostro accurato lavoro, saluto cordialmente.
Carla Corvi
Gentile dottoressa Carla Corvi,
non appena ho ricevuto la sua lettera, ho riletto quanto Uppa aveva recentemente pubblicato a proposito di Oscilloccinum e omeopatia; è un articolo certamente equilibrato e informativo sullo stato attuale delle conoscenze su tale tema. Non siamo arrivati a definirla “acqua fresca”, ma abbiamo informato sulla mancanza di prove d’efficacia, quantomeno per le malattie (poche, almeno nei bambini) che non guarirebbero o potrebbero comportare serie complicazioni in assenza di una terapia medica con farmaci tradizionali.
In un punto cruciale della lettera lei esprime preoccupazione per la distribuzione dei medicamenti omeopatici da parte delle farmacie. La legge italiana prevede che anche i preparati omeopatici siano considerati farmaci, disciplinandone per legge la registrazione presso l’AIFA (l’Agenzia Italiana per il Farmaco) tramite un complesso iter definito dalla sigla AIC, ossia Autorizzazione all’Immissione in Commercio, un iter seguito da tutti i farmaci tradizionali, ossia quelli costituiti da princìpi attivi prodotti attraverso la ricerca scientifica, detti anche allopatici, per distinguerli, appunto, da quelli omeopatici.
In un contesto complesso come questo, dove sono presenti importanti interessi commerciali e una legislazione che si orienta a uniformarsi a quella europea, la sua proposta, stimolante e provocatoria, è un interessante invito alla riflessione.
Le terapie alternative sono sempre esistite, dalla medicina delle costellazioni alla teoterapia, fino ad arrivare ai giorni nostri con la cromoterapia e le più fantasiose – mi scusi questo termine – dietoterapie. Sono sicuro che anche tra 200 anni ci saranno chissà quali diavolerie terapeutiche assolutamente senza prova di efficacia scientifica. Mentre il medico dell’adulto ha l’impegno di informare al meglio il proprio paziente, il pediatra ha un ulteriore impegno, ossia la responsabilità di proteggere il bambino. Pertanto deve controllare che le terapie a lui offerte siano efficaci; giustamente, come lei ha ricordato, anche quella per l’otite.
È necessario continuare a ripetere a chiare lettere che è molto pericoloso scegliere un farmaco omeopatico quando si deve trattare una patologia che avrebbe poche o nessuna possibilità di guarire senza un approccio convenzionale o che potrebbe degenerare in gravi complicazioni.
Volendo estremizzare il suo concetto, un farmacista dovrebbe decidere di non vendere tutta quella sfilza di farmaci della medicina allopatica privi di prove di efficacia (la gran parte di prodotti di fascia C, non rimborsabili dal nostro Sistema Sanitario Nazionale) che, inoltre, potrebbero avere effetti collaterali, a differenza delle medicine omeopatiche.
Lo scopo di una rivista come Uppa è quello di sostenere la famiglia sui temi della salute e dell’educazione dei bambini, ma sappiamo bene che poi i genitori scelgono in base a considerazioni legate alla propria esperienza e a proprie convinzioni.
Noi crediamo in un’informazione equilibrata che offra utili indicazioni ai genitori basandosi su solide evidenze scientifiche; difatti, nell’articolo pubblicato su Uppa, sono state offerte informazioni per fare chiarezza su cosa è l’omeopatia e su quali basi, dal punto di vista dei medici omeopati, dovrebbe avere un effetto terapeutico; allo stesso modo sono state presentate le motivazioni della medicina ufficiale che ritengono non efficaci i rimedi omeopatici, pur non sottacendo il possibile effetto del “metodo omeopatico”.
Come non essere d’accordo con lei quando invita a riflettere sul fatto che la medicina omeopatica è anche una medicina dell’ascolto, mentre la clinica tradizionale si è dimenticata dell’importanza della relazione umana. Un’affermazione che sentiamo nostra al punto che, come lei ha notato, Uppa osserva il bambino a 360 gradi, nel corpo, nella mente, nel pensiero, nelle relazioni e nelle sue emozioni.
pediatra, è responsabile del gruppo nutrizione dell’Associazione Culturale Pediatri e fondatore dei “No Grazie”. È tutor e valutatore per l’iniziativa “Insieme per l’allattamento” dell’UNICEF. È stato direttore di Uppa magazine tra il 2016 e il 2021, è autore di oltre duecento pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali e membro del comitato editoriale di «Quaderni ACP».