Per la mamma i lunghi mesi di gravidanza rappresentano un torrente di emozioni: la scoperta di una nuova vita che cresce dentro di sé, i primi movimenti che annunciano quella misteriosa presenza, il corpo che cambia e segnala, giorno dopo giorno, il cammino per giungere al traguardo di stringere tra le braccia il nuovo arrivato. Sono settimane e mesi anche di sentimenti ambivalenti, tra la gioia e la paura, l’euforia e la preoccupazione. Ma tutto è ben tracciato e definito: le tappe dei controlli e le attenzioni della rete di parenti e amici la rendono protagonista, valorizzando la sua impresa creativa.
Una modesta parte di quanto abbiamo descritto per la mamma può essere vissuto anche dal padre, ma solo indirettamente e per interposta persona. Se ci riflettiamo un attimo, l’esperienza generativa rappresenta per l’uomo un vero e proprio “bagno di umiltà”, dove virilità e mascolinità sono decisamente sminuite e in buona parte inutili. In realtà la gravidanza, se partecipata e vissuta in maniera consapevole, permette al maschio di sviluppare la sua parte sensibile ed emotiva, in molti casi inattesa e sconvolgente. Commuoversi nell’osservare le prime immagini ecografiche o nel percepire con la mano i calcetti sulla pancia della mamma può rappresentare un’esperienza unica e irripetibile nell’esistenza di un uomo.
Abbiamo evidenze scientifiche che mostrano anche nei padri una predisposizione biologica all’accudimento del bambino, e se il padre è coinvolto si verificano cambiamenti ormonali simili a quelli materni, seppur meno intensi e duraturi. Le ricerche sull’assetto ormonale dei neo-padri e delle neo-madri indicano che la mamma è praticamente sempre “accesa” e pronta per accudire il suo piccolo, mentre il padre deve essere attivato e “riscaldato”; ne deriva che, paradossalmente, il padre ha più bisogno di incontri e corsi di preparazione alla nascita rispetto alla mamma, che può invece contare su un innato intuito frutto di migliaia di anni di evoluzione e di selezione.
Il padre che si lascia coinvolgere dallo scorrere dei mesi di gravidanza e dalle diverse tappe di sviluppo fetali inizia a “mentalizzare” il bambino, cioè a farsene un’idea e a pensarlo (anche se in maniera ideale e fantastica). Questo inconsapevole processo lo porta a sentire che quel piccolo essere che ancora non può vedere né toccare è suo figlio e che di conseguenza lui è padre. La gravidanza del papà in definitiva è una gravidanza mentale, o se vogliamo, attuata attraverso il corpo di un altro. Per questo motivo la psicoanalisi sostiene che ogni padre, anche quello biologico, deve sempre “adottare” il proprio figlio.
Studi recenti di psicologia della famiglia hanno verificato e misurato che per il nascere della genitorialità sono molto importanti gli appuntamenti dei controlli e delle ecografie durante la gravidanza. Molti operatori sono poco consapevoli di questo e si limitano a fare fotografie e misure della crescita fetale e a studiare lo sviluppo regolare degli organi, sottovalutando che tutto questo può condizionare profondamente e in maniera duratura l’idea che i genitori hanno del loro bambino. Occorre allora molta attenzione e sensibilità per procedere con gli accertamenti tecnici e parallelamente con il lato umano, emozionale e misterioso, legato alle visite. Non è soltanto questione di limitare la fisiologica ansia e preoccupazione dei genitori, si tratta di promuovere e favorire l’esperienza di riconoscersi genitori e di scoprirsi come coppia che non vive più solo per sé stessa ma anche per un altro piccolo, grande individuo.
Affinché questo complesso processo creativo possa sviluppare tutto il suo potenziale occorre che il papà sia presente – fisicamente ed emotivamente –, che sia coinvolto e che non abbia alibi per rimuovere questa sua inedita parte identitaria (per qualcuno anche un po’ minacciosa); ma è necessario che venga aiutato e accompagnato in questa nuova avventura per la quale la storia evolutiva non lo ha preparato. Per promuove la paternità fin dalla gravidanza, oltre alle ostetriche che da tempo hanno iniziato a occuparsi anche dei padri, occorrono altre figure di sostegno come gli psicologi e i counsellor. In molte realtà, anche del nostro paese, si stanno formando gruppi di auto-aiuto – i cosiddetti “Cerchi dei papà” – dove padri più esperti aiutano i neo-papà a riflettere e a condividere le nuove emozioni e le nuove responsabilità legate all’arrivo del bambino.
Un altro fattore di facilitazione per lo sviluppo di una paternità responsabile è legato alla legislazione che regola permessi e congedi. Rispetto ai paesi del Nord Europa, in Italia siamo ancora poco attenti e attrezzati nel favorire anche per i padri la conciliazione tra famiglia e lavoro, e i pochi permessi consentiti e retribuiti sono concentrati nei primi giorni dopo la nascita del bambino o nel caso di sue malattie; nel periodo della gravidanza non è prevista alcuna agevolazione e questo rende più difficile la partecipazione ai controlli e agli incontri.
Si può tentare di ovviare attraverso letture dedicate (come gli articoli di Uppa), oppure districandosi nel voluminoso ma spesso confuso materiale presente in rete, facendo però molta attenzione a distinguere tra le informazioni indipendenti e quelle invece interessate al business o alla vendita di prodotti.
Nell’ultimo periodo della gravidanza, quando finalmente si intravede il traguardo, è opportuno “attivare” il padre in modo pratico e concreto, affidandogli alcuni compiti specifici, come predisporre il percorso casa-ospedale per quando inizierà il travaglio, preparare la borsa con tutto il necessario per la degenza, acquistare e montare il seggiolino dell’auto per il ritorno a casa, acquisire le informazioni necessarie per la registrazione anagrafica e la scelta del pediatra, prendere accordi con i parenti e gli amici sulle modalità di visita in ospedale e poi a domicilio, attrezzarsi per avere in casa scorte di cibo pronto per semplificare le prime settimane, e poi pulire, lavare e stirare per avere adeguati margini… È importante che la mamma possa concentrarsi sull’evento del parto e poi sull’avvio dell’allattamento, senza doversi preoccupare di questioni organizzative e pratiche. Lei fra poco sarà concentrata solo sul bambino e ogni tanto potrebbe dimenticarsi anche del papà, ma è tutto previsto e normale. Non c’è motivo di offendersi o di essere gelosi, perché la presenza del bambino servirà a rafforzare la relazione tra i due partner.
pediatra neonatologo, è direttore del programma materno infantile dell’ASL di Reggio Emilia e formatore per il personale sanitario sull’allattamento al seno e il sostegno alla genitorialità. È autore di oltre 70 pubblicazioni scientifiche e dei libri Apgar12, Nascere genitori, Mi è nato un papà, Crescere un figlio e L’allattamento spiegato ai papà.