Primo spunto: ieri ho chiesto a un bambino di otto anni di togliersi le scarpe per poterlo misurare in altezza. Si è subito rivolto alla madre che si è abbassata per slacciare il nodo mentre lui stava immobile ad attendere. L’altro ieri ho fatto la stessa richiesta a un bambino di quattro anni che, invece, ha fatto da sé e la mamma è rimasta seduta a osservarlo. Due bambini, due stili educativi. Allacciare le scarpe è, capirete, solo la punta dell’iceberg.
In profondità troviamo autonomia, sviluppo della coordinazione neuromotoria (cioè coordinazione tra cervello, fibre nervose e muscoli periferici) e sviluppo di capacità di apprendimento, diverse per ogni bambino. Notate come allaccia un nodo un adulto e troverete certamente delle differenze nei movimenti delle dita che portano a confezionare il prodotto finito: il tutto dipenderà dall’osservazione continua, costante e ripetitiva con la quale, quando era bambino, ha appreso la tecnica da un altro che l’aveva già acquisita. Spesso, però, siamo portati per “praticità” a semplificare la vita ai nostri figli, o ai nostri nipoti, così come ha fatto la mamma del bambino di otto anni; ma così facendo li priviamo di un banale stimolo di apprendimento. È l’esatto contrario dell’educare.
Se, invece, lasciassimo ai bambini il “loro” tempo per imparare-osservando, per imparare-sbagliando, capirebbero che per raggiungere un obiettivo ci vuole fatica, e che occorre provare e riprovare. Pensate che iniezione di fiducia e di autostima per il bambino quando riuscirà nell’impresa. Sarà, a questo punto, un bambino che avrà imparato il metodo, che potrebbe essere quello del papà o della mamma. Avrà imparato che apprendere è bello ma costa fatica, e che per farlo occorre osservare, poi provare e riprovare tante volte finché non ci riesce. La tendenza dei genitori, invece, di solito è quella di anticipare il bambino, di aiutarlo oltre il dovuto affinché non si scoraggi.
Secondo spunto: una mamma di una lattante di sette mesi chiede quando la sua bambina diventerà autonoma per dormire. Insomma, non si aspettava di dover fronteggiare tanti risvegli notturni.
Sono due esempi che fanno emergere il problema di come noi adulti ci poniamo di fronte ai nostri bambini. Da una parte non concediamo loro il tempo necessario per apprendere, ostacolando il raggiungimento di una sempre crescente autonomia; dall’altra c’è il desiderio che diventino grandi e autonomi al più presto, anche quando non possono farlo perché non possono essere pronti.
pediatra, è responsabile del gruppo nutrizione dell’Associazione Culturale Pediatri e fondatore dei “No Grazie”. È tutor e valutatore per l’iniziativa “Insieme per l’allattamento” dell’UNICEF. È stato direttore di Uppa magazine tra il 2016 e il 2021, è autore di oltre duecento pubblicazioni su riviste scientifiche nazionali e internazionali e membro del comitato editoriale di «Quaderni ACP».