La febbre è uno dei meccanismi attraverso cui il corpo umano reagisce ad alcune minacce e ha una funzione ben precisa: come abbiamo spiegato nel nostro speciale, all’aumentare della temperatura corporea (per fare ciò il corpo deve bruciare grandi quantità di zuccheri, causando l’acetone; ne parliamo in questo articolo), alcuni processi vengono accelerati (come la risposta immunitaria) e altri inibiti (il proliferare di un’infezione). La febbre, molto frequente nei bambini, è causa di grandi preoccupazioni, eppure “non fa male” e non è pericolosa nemmeno quando è molto alta (leggi anche il nostro articolo Si può uscire con la febbre?). Sull’argomento se ne sentono dire di tutti i colori, ma vediamo nel dettaglio cosa è vero e cosa è falso.
Un bambino sano tra i 2 e i 6 anni può avere la febbre più volte l’anno, ma ciò non costituisce assolutamente un pericolo per la sua salute, anzi: molte febbri, molti anticorpi!
Va inoltre aggiunto che i bambini che frequentano il nido si ammalano più spesso rispetto a quelli che non ci vanno, e ciò avviene per un motivo molto semplice: la febbre dipende dal fatto che il sistema immunitario ingaggia una piccola “battaglia” contro un microbo (quasi sempre un virus) che non aveva mai incontrato e contro cui non possiede anticorpi sufficienti. Questi microbi non vivono nell’aria, ma negli organismi delle altre persone, perciò quante più persone si incontrano da vicino, tanti più microbi “si conoscono”. Un bambino che sta a casa, incontra un numero limitato di persone (i genitori, i nonni, i fratellini), mentre chi va al nido incontra ogni giorno molti bambini, i loro genitori, il personale dell’asilo eccetera; ecco perché “conosce” molti microbi e ha molte febbri.
È appurato che con la febbre “si cresce”. Può infatti accadere che l’aumento di temperatura corporea stimoli un po’ l’allungamento delle ossa (comunque costante durante tutta l’infanzia). In seguito, il bambino con la febbre potrà stare qualche giorno a letto, disteso, e questo lo renderà automaticamente “più lungo”. Quando guarisce, infatti, sarà passato del tempo e le ossa si saranno un po’ allungate, proprio perché è rimasto in posizione orizzontale per qualche giorno. La mamma lo misurerà e, con grande sorpresa, si accorgerà che il piccolo è cresciuto più del solito!
In caso di febbre nei bambini, cosa fare? La presenza di febbre non è un buon motivo per andare al pronto soccorso. È fortemente sconsigliato precipitarsi in ospedale solo perché magari non si è riusciti a contattare il proprio medico di fiducia, oppure perché il farmaco somministrato non ha provocato l’abbassamento della temperatura: la febbre può sempre “aspettare” e non richiede praticamente mai un soccorso immediato.
Per quanto riguarda i farmaci antifebbrili, va detto che non sempre sono efficaci, dal momento che non tutte le febbri sono uguali e non tutti i bambini rispondono ai farmaci allo stesso modo. Quindi aspettarsi che la medicina “cancelli” la febbre è un’illusione: a volte capita, mentre altre volte la medicina impedisce semplicemente che la febbre salga di più e la mantiene allo stesso livello. Ma siccome (lo abbiamo già detto) la febbre non fa male, non ha senso insistere con il farmaco. [1]
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È un luogo comune assolutamente privo di fondamento che la febbre alta possa far venire la meningite: questa malattia ha, in effetti, fra i suoi sintomi anche la febbre, ma è fortunatamente molto rara e presenta quasi sempre dei sintomi caratteristici che la distinguono chiaramente da una banale (e frequentissima) malattia febbrile. Com’è altrettanto falso che la febbre alta faccia venire le convulsioni, che si presentano soltanto in alcuni (pochissimi) bambini predisposti ad avere questo disturbo. Anche in questo caso, la comparsa di febbre alta non c’entra nulla: dipende, semmai, dalle caratteristiche genetiche di quei bambini. In ogni caso, le convulsioni non danno conseguenze permanenti sul sistema nervoso centrale e spariscono con la crescita, senza lasciare tracce.
È falsa anche l’idea che dopo tre giorni di febbre si debba necessariamente somministrare un antibiotico al bambino. Questa decisione, che dev’essere presa sempre e soltanto dal medico curante, non dipende dalla durata della febbre, ma dalla comparsa di sintomi che possano suggerire la presenza di una malattia di origine batterica, cioè causata da un microbo sensibile all’antibiotico. Le malattie con febbre causate da batteri, nei bambini, sono molto poche, se paragonate al gran numero di febbri che i bambini hanno; perciò la maggior parte delle volte che un bambino ha la febbre, anche se questa dura diversi giorni, non dovrebbe ricevere una terapia antibiotica.
Questa leggenda probabilmente è nata dalla constatazione che nel periodo in cui spuntano i denti (fino ai 2 anni) le febbri sono molto frequenti. A tal proposito dobbiamo considerare che, per spuntare, un dente impiega circa una settimana e che i denti di latte sono in tutto 20. Se moltiplichiamo sette per 20 abbiamo come risultato 140, ovvero il numero di giorni (distribuiti nell’arco di due anni) in cui il bambino è impegnato nell’eruzione dei denti. È ovvio che durante l’arco di questo periodo il piccolo avrà, per combinazione, anche qualche febbre. Ecco dunque spiegata la coincidenza temporale, spesso trasformata erroneamente in un rapporto di causa-effetto. [3]
I neonati e i bambini di pochi mesi godono di una sorta di “immunità privilegiata”: sono appena nati, perciò non hanno ancora avuto il tempo di accumulare gli anticorpi che li difenderanno dai microbi, ma in loro scorre un po’ di sangue materno, ricco di anticorpi “da adulti”, ovvero abbastanza potenti. Se i bimbi, poi, sono allattati al seno, ricevono, insieme al latte, altri anticorpi in grado di proteggere le vie respiratorie e l’intestino. Questo è il motivo principale per cui neonati e bambini di pochi mesi si ammalano raramente e hanno la febbre molto meno spesso dei bambini di due o tre anni. Per questo stesso motivo, la febbre in un bambino di pochi giorni o di pochi mesi è un campanello di allarme da non trascurare: può essere il segnale di un’infezione non banale, provocata da un microbo abbastanza aggressivo da superare le sue difese immunitarie.
Cosa fare allora? In questi casi l’attesa non è la scelta migliore. Dopo essersi accertati che la febbre ci sia davvero, misurando la temperatura più di una volta con il termometro digitale messo nella posizione giusta (all’inguine), bisogna cercare eventuali altri sintomi (tra i principali: scarsa vitalità, diminuzione dell’appetito, colorito pallido, pianto lamentoso e inconsolabile) e far visitare subito il bambino dal pediatra di fiducia, che deciderà il da farsi. In caso di febbre alta e sintomi di allarme in un neonato o un lattante di pochi mesi, spesso può essere necessario il ricovero in ospedale.
Se invece si tratta di febbre in assenza di altri sintomi, può essere sufficiente uno stretto controllo medico, magari supportato da qualche semplice esame (come quello dell’urina).
Diverso il discorso per quanto riguarda i vaccini. La febbre, infatti, è il più frequente degli effetti collaterali di tutte le vaccinazioni, che iniziano dopo il compimento dei primi due mesi e continuano a ritmo serrato nei mesi successivi. Per il bambino che manifesta febbre subito dopo aver ricevuto una dose di vaccino ed è sofferente e inquieto, è consigliata una dose di antifebbrile (il più indicato è il paracetamolo), nell’attesa che la reazione si esaurisca. In questi casi non c’è motivo di allarmarsi né di far visitare il piccolo dal pediatra.
Assieme a tosse e malessere generalizzato, la febbre è uno dei sintomi più comuni della Covid-19. Ne parliamo anche all’interno di questo articolo del pediatra Sergio Conti Nibali, che risponde alle domande più frequenti sulla malattia infettiva respiratoria causata dal virus SARS-CoV-2.
pediatra e giornalista, ha esercitato per quarant’anni come pediatra di famiglia nel Servizio Sanitario Nazionale e ha fondato nel 2001 il bimestrale per i genitori «Un Pediatra Per Amico», che ha diretto per 16 anni. Attualmente è un pediatra libero professionista.