Nel mio lavoro di consulenza pedagogica, una domanda ricorrente dei genitori riguarda la scelta della struttura per l’infanzia da far frequentare ai propri bambini. «Dottoressa, dove lo iscrivo? Mi dà un consiglio per un asilo “buono”?».
Avere un po’ di preoccupazione a riguardo è del tutto comprensibile: si tratta pur sempre di affidare il proprio figlio a “estranei”, in un ambiente che non è “casa”. Ciò fa sorgere diversi interrogativi su quale sia la soluzione giusta, nella ricerca, propria di ogni genitore, di voler offrire il meglio al bambino.
L’iscrizione al nido o alla scuola dell’infanzia è spesso anche la prima esperienza di distacco prolungato del bambino dai genitori e… viceversa! Un passaggio di crescita importante e denso di emozioni per tutta la famiglia. L’ambientamento positivo del bambino al nuovo contesto è strettamente legato alla serenità trasmessa dai genitori rispetto a quell’esperienza. Serenità che certamente proviene dalla fiducia verso il personale e le attività della struttura che si è scelta per il proprio bambino.
Come fare quindi a compiere una scelta serena e consapevole? Cominciamo col dire che non esiste una sola risposta a questa domanda né una regola valida per tutti. Ogni bambino e ogni famiglia hanno caratteristiche e bisogni unici e diversi, così come un’organizzazione del quotidiano, un ambiente e uno stile di vita che influenzano questo tipo di decisione.
Un papà racconta: «Ho deciso di iscrivere mio figlio alla scuola xy dei miei sogni, è la più in voga del momento in città e tutti ne parlano bene. Credo molto nell’educazione all’autonomia del bambino e, conoscendo mio figlio, penso sia proprio l’ambiente giusto per lui. Ogni mattina, però, raggiungere la scuola è un’impresa titanica: devo svegliare il piccolo all’alba, lavarlo e infilargli i vestiti di gran corsa come fosse un manichino, fargli trangugiare la colazione in macchina nell’ora trascorsa in mezzo al traffico e catapultarlo come un missile all’ingresso (tentando disperatamente di arrivare in orario al lavoro). Risultato? Urla, litigi, capricci… e mio figlio autonomo non lo è diventato per niente! Ma questa scuola funziona?!».
La frequenza al nido o alla scuola dell’infanzia non dovrebbe certo essere una fonte di stress familiare, bensì una grande opportunità di crescita per il bambino e, di conseguenza, per tutta la famiglia. Questo avviene quanto più la proposta educativa del servizio si coniuga in maniera armoniosa con l’educazione e lo stile di vita familiare. Probabilmente, nel caso riportato, scegliere una struttura più vicina a casa avrebbe consentito di rispettare maggiormente i bisogni del bambino, vivere l’esperienza con serenità e poter investire in modo più efficace anche sull’aspetto dell’autonomia che il papà aveva tanto a cuore: concedere al piccolo un tempo “lento” mattutino, godere dello stare insieme chiacchierando, dargli la possibilità di sperimentare l’autonomia nei gesti quotidiani del vestirsi o lavarsi.
Morale della favola? Attenzione alle mode: ciò che va bene per un bambino e una famiglia non è detto che vada bene per tutti.
Abbiamo detto che non esiste una sola risposta “giusta” al quesito iniziale; esistono però delle domande che possono essere utili al genitore per scegliere tra le varie possibilità. Il consiglio è di provare a interpretare il punto di vista del proprio bambino e chiedersi: «Di cosa ha veramente bisogno per crescere e star bene? Cosa gli servirebbe per sentirsi accolto, sereno, a proprio agio? Che tipo di esperienze potrà fare in quel servizio per l’infanzia?».
Mi torna in mente a questo proposito la storia di una coppia di genitori che, all’inizio dell’anno scolastico, aveva “vagato” tra varie scuole dell’infanzia sul territorio per scegliere dove iscrivere la figlia. La scelta finale era ricaduta su una struttura in cui «c’erano i banchetti e i libri e si studiava come nella scuola dei grandi. Nelle altre dove eravamo andati, invece, i bambini non facevano niente, giocavano e basta!».
Dopo alcuni mesi di frequenza, papà e mamma, osservando alcune manifestazioni di disagio nella bambina, avevano ripensato alla propria scelta. Insieme, allora, ci siamo chiesti se e quanto quel tipo di proposta educativa e didattica fosse adeguata alla fase di sviluppo della bambina e ai suoi bisogni di crescita. E abbiamo riflettuto sulla complessità e il valore che aveva invece il gioco, in quel momento della vita.
Mettersi nei panni del bambino e capire cosa è importante per la sua crescita diviene dunque una lente che aiuta lo sguardo del genitore a orientarsi tra le diverse tipologie di strutture per l’infanzia presenti nel proprio territorio.
Ogni bambino e ogni famiglia hanno diritto di poter usufruire di un servizio educativo per l’infanzia di qualità. Sappiamo però che, nel nostro paese, ciò non è ancora realizzato: l’offerta sul territorio italiano, nel settore pubblico e privato, è molto variegata, con importanti differenze e, purtroppo, “discriminazioni” territoriali.
In linea generale, accanto al sistema statale, adesso regolamentato dal decreto legislativo 65/2017 (“Sistema integrato di educazione e di istruzione dalla nascita sino a sei anni”), esistono altri servizi, strutture ed esperienze educative, private o a diversa gestione.
Nidi, micronidi, servizi domiciliari, scuole dell’infanzia e scuole nel bosco, spazi gioco e tanto altro… come orientarsi allora?
Il primo passo è sicuramente informarsi sulle opportunità presenti nel proprio territorio. Fatto ciò, tenendo presente le caratteristiche del nostro bambino e della famiglia, si può valutare se nella struttura presa in considerazione:
pedagogista, svolge attività privata di consulenza pedagogica nel sostegno alla genitorialità e al percorso di crescita di bambini e adolescenti. Coordina progetti di educazione e accompagnamento alla morte e all’esperienza della perdita, si occupa di famiglie adottive e lavora come formatrice per gli operatori di nidi e scuole dell’infanzia nella provincia di Messina. È stata vicedirettrice di Uppa magazine dal 2018 e dal 2022 ne è diventata direttrice.