Il bambino che si veste in autonomia o mangia senza sporcarsi è, agli occhi del mondo intero, un “bravo bambino”. Il bambino che chiede spiegazioni e dice «non mi piacciono gli asparagi», che non vuole dipingere ma costruire una torre, è, invece, “un birbante”. Ma affinché i bambini crescano con senso critico, consapevoli del loro pensiero, certi dei loro gusti, delle loro abilità e dei loro valori, così come dei loro difetti e dei loro limiti, è necessario che vengano educati in tal senso. Avere una propria opinione o non essere d’accordo con il pensiero dei propri genitori non è sbagliato, ma segno di una buona maturazione della persona, che dovrebbe riempire d’orgoglio mamma e papà (così come la scuola e le maestre).
Ciò che può essere sbagliato, e che pertanto va indirizzato e guidato, è il modo con cui far valere le proprie idee ovvero insegnare a “protestare bene”:
Il genitore ha la responsabilità educativa di disegnare questo confine, il campo d’azione del bambino che deve ampliarsi man mano che crescono competenze e autocontrollo.
Un bambino “ascoltato”, accolto nella sua unicità e quindi anche nella discordanza e nel confronto fra la sua volontà e quella dei genitori, imparerà più facilmente a esprimersi con calma e naturalezza, perché sarà certo che la sua parola verrà ascoltata. E anche se la sua opinione non modificherà lo stato delle cose, imparerà un altro aspetto fondamentale della comunicazione fra persone: l’obiettivo non è avere ragione a tutti i costi, ma ascoltare ed essere ascoltati.
Affidare la gestione di un armadio quattro stagioni a un bambino di 3 anni è un azzardo: fosse per lui, potrebbe desiderare di andare a scuola indossando il costume da bagno in pieno gennaio, e questo, naturalmente, non è possibile. Il piccolo, però, potrebbe non avere la competenza o la forza per comprendere e accettare tale limitazione. Per questo è importante evitare di metterlo in una situazione che sappiamo non potrà gestire in autonomia.
Un bambino di 3 anni può scegliere quali abiti indossare ma la selezione tra cui scegliere spetta all’adulto. Il genitore può, ad esempio, allestire un piccolo armadio capace di contenere tre maglioni, quattro magliette, quattro paia di pantaloni, qualche paio di mutande, canottiere e calze, ed eventualmente collant, abiti e gonne.
Un bambino inizia a scegliere quando ancora non è consapevole di saperlo fare: all’inizio della vita sa quando ha fame, sonno, voglia di un abbraccio, di stare a terra, di essere cambiato. E lo comunica.
Questi istinti si trasformano presto in veri atti di volontà: quando le sue mani, intorno ai 4-5 mesi di vita, iniziano ad agire sul mondo, egli scopre l’immenso potere che detiene. Il bambino cresce e crescono i suoi progetti così come le sue strategie su come conquistare il mondo circostante. Affina le tecniche, impara a governare gli imprevisti e riprogramma i piani quando ce n’è la necessità. La sua abilità nel conoscersi e nel dirigersi verso la conquista del mondo dipende moltissimo da quanto gli è stato possibile allenarsi, da quanti ostacoli si frappongono tra sé e tale competenza.
I bambini nascono dotati di autocontrollo, curiosità, fiducia nelle proprie capacità, caparbietà, pazienza e costanza. Ciò che gli adulti dovrebbero fare è mantenere tale qualità. Come? Proviamo a sintetizzare alcuni suggerimenti.
L’intervento dell’adulto nella vita del bambino deve decrescere parallelamente alla conquista di competenze da parte del piccolo. La mamma legherà le scarpe al proprio bambino sino a quando egli non sarà interessato a farlo, poi lo farà insieme a lui fino a quando non lo saprà fare da solo, poi non lo farà più; oppure sceglierà cosa dargli da mangiare fino a che non avrà costruito un buon vocabolario alimentare tra cui scegliere autonomamente.
La libertà di scelta non deve essere un obbligo, ma un diritto. Quando un bambino è stanco, piange, ha molta fame, si sente solo, si è fatto male o è molto arrabbiato ha solo bisogno che vengano soddisfatti i suoi bisogni primari. Chiedere con insistenza a un bambino in lacrime: «Vuoi una coccola? Vuoi che usciamo? Vuoi un po’ d’acqua? Perché piangi? Cosa vuoi?» non è facilitante, ma frustrante, perché il bambino non è nelle condizioni per scegliere e neppure per rispondere. In questi casi ha bisogno di una guida forte e rassicurante, capace di essere assertiva: «Vieni, ti tengo un po’ in braccio».
Le scelte sono assunzioni di responsabilità; anche per i bambini. Dalle scelte non sempre si può tornare indietro. Con i bambini piccoli la possibilità di “tornare indietro” dopo una scelta dovrebbe essere esclusa, in modo da consolidare il funzionamento scelta/conseguenza.
Il genitore avvertirà il bimbo dell’importanza di riflettere bene e di valutare con calma prima di scegliere. Una volta fatta la scelta, il genitore lo aiuterà ad accettarne le conseguenze. Quando il genitore è consapevole che il bambino non può prevedere le conseguenze delle sue decisioni, deve comunicargliele in modo chiaro: «Se scegli di uscire laveremo la bambola più tardi, d’accordo? Vuoi uscire o stare in casa a lavare la bambola?».
Quando si chiede a un bambino di fare qualcosa ed egli non vuole, gli si mostra qual è la conseguenza di tale scelta: «Senza calze non si può uscire sul balcone, se le metti esci, altrimenti rimani in casa. Decidi tu». A questo punto spetta al bambino scegliere se continuare a rifiutare di indossare le calze, e quindi di uscire, oppure accettare la regola necessaria per andare in balcone. Il genitore, di conseguenza, non dovrà pretendere le calze dentro casa e non permetterà di uscire senza.
«Andiamo a nanna?» «No!» «Ho detto: andiamo a nanna!»
Se il genitore pone una domanda, dovrebbe accettare tutte le possibili risposte. Se la risposta che si desidera è una sola, non si dovrebbe porre una domanda, ma fare un’affermazione: «È ora di andare a nanna».
Ciò è molto rassicurante per il bambino. Sentirsi proporre una scelta e poi non vedere accolta la propria risposta è, invece, profondamente frustrante e viene percepita come un’ingiustizia.
formatrice, pedagogista e autrice, progetta e coordina servizi per la prima infanzia e svolge corsi di formazione per insegnanti e genitori sulla pedagogia montessoriana. Autrice del libro Qui abita un bambino edito da Uppa Edizioni, cura la rubrica "Tra il dire e il fare" su Uppa.