La didattica a distanza è ormai parte della scuola italiana che, pur con tutte le difficoltà del caso, si è dovuta improvvisamente adattare a fare qualcosa per cui non era affatto preparata e sulla cui attuabilità in tempi brevi credo nessuno avrebbe scommesso.
Sono un’insegnante, e in queste giornate cariche di fatica e incertezza mi sembra che tra le domande che più spesso si affacciano nel corso delle nostre riunioni collegiali – sempre, giocoforza, telematiche – ci sia il nodo importante delle prove di verifica e della valutazione. Le attività svolte a distanza, al di fuori dell’ambiente scolastico, possono essere valutate? La risposta del Ministero dell’Istruzione a questa domanda è stata chiara: si può valutare, anzi si deve. Nella nota 388 del 17 marzo scorso si legge: «Se è vero che deve realizzarsi attività didattica a distanza, perché diversamente verrebbe meno la ragione sociale della scuola stessa, come costituzionalmente prevista, è altrettanto necessario che si proceda ad attività di valutazione costanti, secondo i principi di tempestività e trasparenza che, ai sensi della normativa vigente, ma più ancora del buon senso didattico, debbono informare qualsiasi attività di valutazione».
Ma, nella pratica, come essere sicuri, lavorando a distanza, che bambini e ragazzi non ricevano aiuti, suggerimenti o che, addirittura, non consegnino compiti svolti da altri? Come essere certi che la valutazione non venga falsata da questi elementi? Nell’ansia di trovare una soluzione, c’è chi suggerisce di far svolgere le prove con una rigida “videosorveglianza” via webcam, come se non esistessero mille modi per eludere un controllo che è sempre aggirabile anche a scuola, figuriamoci a distanza. Il tutto, poi, trasformerebbe la scuola, che deve promuovere valori come la democrazia e la formazione del cittadino, in una specie di incubo autoritario da film di fantascienza distopica. La sensazione è che, in generale, impostare il discorso in questi termini faccia perdere di vista quello che dovrebbe essere il vero scopo e significato della verifica e della valutazione.
Da insegnante, trovo che uno degli aspetti più demotivanti dell’attuale gestione del mio lavoro sia proprio il crescente rilievo che si dà ai suoi aspetti meramente burocratici: con l’aumentare del lavoro fatto di “carte” (oggi principalmente di bit) diminuisce il tempo che si può dedicare a quel “fare scuola” che è soprattutto riflessione, ricerca e sperimentazione (quella vera, che non ha bisogno di progetti di decine di pagine). Il problema è che alla lunga quest’impostazione condiziona la percezione che abbiamo del nostro lavoro. È forse un effetto secondario di quello che gli psicologi chiamano “pregiudizio di salienza”, che ci porta a sovrastimare l’importanza di qualcosa a cui siamo molto esposti: sono talmente tanti gli aspetti strettamente burocratici del lavoro scolastico, che a volte ci sembra si riduca quasi solo a quelli. Ed ecco che la valutazione finisce con l’essere mentalmente ricondotta al semplice atto di scrivere un numero in una casella, dopo aver controllato in modo “poliziesco” che l’“imputato” sia solo e senza aiuti quando viene chiamato a deporre. Ma impostare il discorso in questi termini è guardare al dito invece che alla luna, perché dovremmo ricordarci che la valutazione, così come la scuola, è molto più di questo.
Chiediamoci, innanzitutto, perché una parte del lavoro degli insegnanti consista nel valutare i propri alunni. La valutazione ha un profondo valore formativo: permette ai nostri studenti di capire che cosa abbiano appreso e che cosa vada invece rinforzato; su quali concetti sia necessario tornare e quali siano già dei punti fermi su cui si può costruire. Ridurre la valutazione a una presunta scala di valore (peraltro inevitabilmente classista) su cui collocare gli studenti è un modo per svuotare di senso ciò che si è provato a fare a scuola. Pensare di eliminare il problema di chi “bara” rifiutandosi di valutare le attività a distanza è provare a rimediare a un male con uno ancora peggiore, perché si ignorerebbe una fase importante del processo formativo.
Se si punta sull’aspetto formativo della valutazione, la tentazione di trasformarsi in arbitri col fischietto in mano passa subito: non è questo il punto e non è questo che siamo chiamati a fare. Siamo chiamati, invece, a chiarire con la nostra classe – in presenza come a distanza – quali siano gli elementi sui quali si basano le nostre valutazioni e perché. In particolar modo, dobbiamo spiegare perché alcuni aspetti siano più importanti (per esempio, la capacità di rielaborare in modo originale e personale i concetti appresi) e altri, al contrario, trascurabili e secondari (il banale errore di distrazione quando un procedimento complesso è chiaramente acquisito). E siccome il nostro compito è soprattutto quello di rafforzare negli studenti la capacità di pensare in autonomia e di accrescere il loro senso critico, ogni richiesta di spiegazioni sulle nostre valutazioni e sui nostri criteri deve essere accolta con gioia e non certo con sospetto. Nella gestione pratica della didattica a distanza, in cui viene meno una parte del canale comunicativo attraverso cui si realizza questo processo, è necessario rivedere il nostro consueto modo di procedere.
Volendo dare alcune indicazioni di massima sulla gestione della verifica e della valutazione, questa potrebbe essere una proposta:
Spero sia inutile sottolineare che valutare è ben altro che fare la media matematica degli esiti delle singole verifiche. In questa fase così delicata, in cui le difficoltà pratiche si amplificano e le fragilità tipiche dell’età di bambini e ragazzi possono far sentire il loro effetto, è bene calibrare con attenzione il peso da dare a ciascuna prova nella valutazione complessiva, privilegiando per ciascuno studente le modalità che più si addicono alle sue capacità. Nulla di così diverso da quello che normalmente siamo chiamati a fare, ma con un’attenzione in più, in un periodo difficile, nel quale bambini e ragazzi hanno particolare bisogno del sostegno degli insegnanti.
Il discorso può essere esteso alla questione della “promozione sicura” per questo anno scolastico, oggetto di un recente decreto, motivata probabilmente dalla situazione senza precedenti che bambini e ragazzi stanno vivendo, con un carico emotivo che può avere forti ripercussioni sul loro rendimento. Se ci si concentra sul valore formativo della valutazione, che non ne viene significativamente intaccato, anche tale aspetto risulta fortemente ridimensionato.
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.