Il bambino viene al mondo dotato di un apparato sensoriale e di un sistema cognitivo che gli consentono di ascoltare ed elaborare gli stimoli linguistici. Grazie a questo corredo è in grado di attuare quella forma di apprendimento “a orecchio” delle strutture linguistiche definita “apprendimento implicito”. L’apprendimento implicito è inconsapevole e passivo e avviene grazie alla semplice esposizione culturale.
Il linguaggio si apprende nell’interazione, attraverso l’ascolto, la ripetizione e l’imitazione, grazie a un sistema cognitivo generale che modula l’interazione tra gli stimoli ricevuti e le abilità di partenza. Lo sviluppo del linguaggio è quindi in stretta relazione con lo sviluppo di altri ambiti cognitivi: attentivi (che riguardano cioè la capacità di focalizzare e mantenere l’attenzione), percettivi, motori, di memoria e di flessibilità cognitiva. Ad esempio, se l’attenzione del piccolo è rivolta a uno specifico elemento, la ripetizione del nome diventa un gioco strategico per la memorizzazione di quella parola nuova, che si stabilizzerà nel patrimonio linguistico del bambino.
Lo sviluppo parallelo delle abilità di memoria e di linguaggio permetterà di aggiungere sempre nuovi elementi alla dotazione del piccolo, che costruirà così frasi via via più complesse. Possiamo dire che un determinato livello di sviluppo in un’abilità costituisce un prerequisito necessario per l’apprendimento di un’altra abilità e viceversa: a un certo punto, ad esempio, le competenze linguistiche possono supportare lo sviluppo delle abilità di ragionamento, soprattutto in età scolare. Si tratta del concetto noto come “trasferimento dell’apprendimento”, che riguarda quei processi che, modulati dall’intelligenza, permettono di trasferire una conoscenza o un comportamento acquisito in una determinata situazione a un’altra apparentemente del tutto diversa. Ad esempio, è stato dimostrato che l’attività musicale influenza l’organizzazione anatomica e funzionale di regioni del cervello che non sono specifiche per la musica e che sono invece coinvolte in altre abilità, come quelle attentive, linguistiche e motorie.
Numerosi ricercatori riconoscono l’effetto che le competenze motorie possono avere su altre aree dello sviluppo, ad esempio sulle abilità sociali, cognitive e linguistiche. Ciò avviene sia nella prima infanzia sia nelle epoche successive, e riguarda tanto i bambini con sviluppo tipico che i bambini con disturbi del neurosviluppo. Gli studi documentano infatti un aumento dei movimenti ritmici delle braccia in corrispondenza della fase di lallazione e una loro diminuzione una volta superata tale fase. Le due attività ritmiche, motoria e linguistica, condividono lo stesso schema, basato su abilità di coordinazione del movimento e su caratteristiche personali: ogni bambino segue un proprio ritmo in base al proprio temperamento. Gli stessi meccanismi funzionano anche a scuola, quando ci si allena nella divisione in sillabe: se i bambini battono la scansione a ritmo con le mani, l’automatizzazione di questo compito è facilitata.
Le abilità motorie possono influenzare anche lo sviluppo lessicale e le abilità di interazione. Quando il bambino impara a camminare in autonomia, infatti, comincia a esplorare l’ambiente circostante, e questa maggiore libertà gli permette di fare nuove proposte interattive e di gioco agli adulti. Se gli adulti saranno in grado di cogliere le richieste del bambino, dando un nome all’oggetto o all’azione e catturando la sua attenzione, la nuova “etichetta” entrerà più facilmente a far parte del lessico del bimbo, grazie al rinforzo derivato dall’esplorazione multisensoriale (visiva, tattile, sonora, motoria) e dalla sintonizzazione del genitore con la sua gioia per la scoperta.
Le abilità motorie possono quindi influenzare sia la quantità sia la tipologia delle opportunità di interazione che i bambini hanno con gli altri, e di conseguenza lo sviluppo del linguaggio e delle relazioni sociali.
Le abilità interattive e il contesto relazionale sono prerequisiti per lo sviluppo delle abilità linguistiche e di conversazione, e quindi della capacità di comprendere i messaggi degli interlocutori. Comprendere un messaggio verbale vuol dire dare significato alle parole in base alle proprie conoscenze lessicali, alle regole grammaticali, al contesto linguistico (il discorso) e alla specifica situazione (l’interlocutore e l’ambiente). Tale competenza richiede uno sviluppo adeguato non solo della conoscenza e dell’uso della propria lingua, ma anche delle abilità legate all’attenzione e alla memoria, in modo da recepire e tenere a mente lo stimolo ricevuto; delle abilità di conversazione e sociali, per interpretare le intenzioni comunicative; delle abilità intellettive, per applicare strategie che orchestrino tutto ciò con coerenza, costruendo nuovi apprendimenti.
Prima dell’esplosione del vocabolario il bambino usa strategie legate perlopiù agli indizi del contesto e alle informazioni ricevute dall’adulto, che gli consentono di associare le etichette verbali a un oggetto o a un’azione e di estenderne l’uso anche ad altri elementi. Con l’esplosione del vocabolario metterà invece in atto processi e strategie più mature e imparerà velocemente parole nuove.
Tutto questo richiede attenzione, flessibilità e lo sviluppo di un adeguato funzionamento cognitivo, che se poco robusto rischia di determinare ritardi nell’acquisizione del linguaggio.
Per imparare a parlare, i bambini devono scoprire le regole della propria lingua mettendo in atto specifiche strategie cognitive: i problemi di ordine cognitivo possono quindi ripercuotersi sullo sviluppo del linguaggio, sia nella comprensione sia nella produzione. In generale, se un bambino ha difficoltà nelle funzioni esecutive – cioè quelle che permettono il controllo e la regolazione di azioni e pensieri nello svolgimento di compiti e soluzione di problemi –, in età prescolare avrà difficoltà nello sviluppo linguistico e in età scolare nell’organizzazione del discorso e nella comprensione del testo.
Ne deriva che, in presenza di difficoltà linguistiche in età prescolare e all’inizio della scolarizzazione, è di fondamentale importanza, sia per impostare la riabilitazione sia per fare una previsione del decorso clinico, valutare non solo il funzionamento linguistico e intellettivo globale, ma anche le funzioni attentive, esecutive, di memoria, motorie, e la capacità del piccolo di attribuire alle persone credenze, desideri, intenzioni ed emozioni.