«Asinello! Non sai che la parola scuola non si scrive con la “q”? E che non si scrive “scerzo” ma “scherzo”? Devi studiare di più! Stai più attento!». E un bel segno rosso compare sul quaderno, assieme al desiderio, per molti bambini, di non prendere mai più una penna in mano, perché, dopotutto, «meglio che pensino che non lo voglio fare, piuttosto che capiscano che non ne sono capace».
È sempre così, e si sedimenta in anni e anni di scuola, a volte fino all’università (abbiamo parlato di questa conseguenza anche in relazione alla dislessia, in questo articolo). Si sedimenta nell’immagine che uno ha di sé, logora l’autostima, diventa una lotta contro titani.
Molte volte ho valutato adulti, universitari o già laureati. Quando devono fare un compito scritto, sudano. Perché quando si diventa adulti non si è più semplicemente “asinelli”, in quel caso si viene definiti “ignoranti” da tutti quelli che invece “ignorano” cosa siano i DSA (o Disturbi Specifici dell’Apprendimento).
In questo articolo cercheremo di comprendere cos’è la disortografia, qual è il suo significato e come distinguerla dagli altri disturbi specifici della scrittura, come ad esempio la disgrafia.
La parola disortografia indica una disfunzione nell’applicazione delle regole ortografiche nella scrittura di parole o frasi che si manifesta nel corso dei primi anni di scuola primaria e che tende a mantenersi, seppur con dei considerevoli miglioramenti, nel corso di tutta la vita. I bambini, adolescenti o adulti con disortografia possono, ad esempio, aggiungere, omettere o sostituire le vocali o le consonanti di una parola, o anche compiere frequenti errori grammaticali o di punteggiatura all’interno delle frasi. Per riprendere la provocazione fatta all’inizio, queste persone non “ignorano” le regole ortografiche ma piuttosto non riescono ad applicarle in modo automatico, e ciò aumenta considerevolmente la frequenza degli errori.
La disortografia ha un’insorgenza evolutiva e, come accennato, viene classificata all’interno dei DSA, in quanto si tratta di una difficoltà ad apprendere e soprattutto ad automatizzare i processi di scrittura in bambini che hanno un livello di intelligenza nella norma, che non presentano problemi sensoriali, psicologici o culturali. La disortografia non dipende da malattie neurologiche, ma da un diverso sviluppo delle funzioni cerebrali che porta questi bambini a possedere “caratteristiche” di funzionamento in parte diverse da quelle dei coetanei. Il termine disortografia, infatti, può anche essere sostituito dall’espressione “Disturbo Specifico dell’Apprendimento nella scrittura”.
I sintomi della disortografia sono piuttosto evidenti in quanto si manifestano con la presenza di un numero molto alto di errori ortografici nei testi. Nei bambini è certamente più difficile individuare precocemente il problema perché il tipo di errori commessi è del tutto simile a quelli tipici delle prime fasi di apprendimento. Facciamo alcuni esempi di disortografia: errori con le doppie, nell’uso dell’accento, dell’apostrofo o dell’acca nel verbo avere, omissioni di lettere all’interno della parola (ad esempio “seda” piuttosto che “sedia”) o scambi di lettere, soprattutto quando hanno un suono simile (“sensa” piuttosto che “senza”). Tuttavia, la maggior parte dei bambini, nel corso dei primi due anni di scuola primaria, automatizzano le regole ortografiche e imparano a scrivere le parole più frequenti in quanto ne memorizzano l’ortografia (ad esempio memorizzano che la parole “scuola” si scrive con la “c” e non con la “q”, oppure che “o” è una congiunzione mentre “ho” è un verbo). Al contrario, i bambini con disortografia continuano a interrogarsi ogni singola volta che scrivono una parola, una congiunzione o un verbo, su quale sia la corretta sequenza di lettere che devono utilizzare, con enorme dispendio di tempo e di energie attentive, e con errori più frequenti.
Anche se generalmente la disortografia, per definizione, si caratterizza per l’alto numero di errori ortografici, le recenti classificazioni internazionali annoverano nel quadro di questo disturbo anche quelle situazioni di carenza nell’espressione scritta che riguardano l’organizzazione sintattica oltre che grammaticale delle frasi, e la scarsa chiarezza nell’esposizione delle idee in forma scritta.
I test per la disortografia, o meglio dire i test per valutare le competenze di scrittura, si basano su prove di dettato di parole o di non parole (parole che non esistono, e che vengono usate proprio allo scopo di mettere alla prova il bambino su uno stimolo del tutto nuovo), scrittura in velocità, dettato di frasi con parole apostrofate che hanno lo stesso suono (“l’ago-lago” oppure “c’era-cera”), presenza di congiunzioni e verbi che hanno suono simile (come “e-è” oppure “o-ho”) o, per i più grandi, parole che presentano elementi di particolare difficoltà come ad esempio “taccuino”.
Esistono poi anche delle prove di composizione del testo come la narrazione di una storia a partire da alcune vignette, in cui, oltre al numero di errori, si calcola anche l’ampiezza della produzione scritta.
In tutte queste prove non conta esclusivamente il numero di errori compiuti dal bambino, ma anche e soprattutto una valutazione qualitativa: se ad esempio sono errori di tipo omofono, come fare confusione tra “l’ago” e “lago” o se la parola “insieme” viene scritta “in sieme”, ciò indica che il bambino si basa esclusivamente sul suono e non sulla forma ortografica della parole; se invece sono errori di tipo fonologico come l’omissione o l’aggiunta di lettere che modificano il suono della parola (“tanto” invece di “canto” oppure “tefono” piuttosto che “telefono”), vuol dire che il bambino non pone adeguata attenzione alla sequenza di suoni che compongono le parole e ai loro corrispondenti grafemici. Un discorso a parte vale per l’uso della doppia, in quanto, benché rappresenti anche questo un caso di omissione o aggiunta di lettere, il rafforzamento tipico del suono doppio non sempre è del tutto percepibile, e quindi la corretta ortografia si acquisisce spesso memorizzando la forma corretta della parola.
Ogni genitore che osserva un numero troppo alto di errori nel quaderno dei propri figli, si chiede se non vi sia qualche problema. Se dopo i primi due anni di scuola primaria si osserva che il bambino, pur con le adeguate stimolazioni didattiche e in assenza di altri evidenti difficoltà di apprendimento, non riesce a consolidare le regole ortografiche, è quindi importante avviare un percorso diagnostico.
Uno specialista potrà valutare se il bambino è disortografico, e quindi se presenta difficoltà di scrittura di un certa entità, che non sono la conseguenza di altri tipi di disturbi e/o difficoltà. Il protocollo diagnostico richiede infatti un’anamnesi clinica che consenta di escludere malattie neurologiche o problemi sensoriali, e che preveda la valutazione del profilo di funzionamento cognitivo. Inoltre, è bene valutare contestualmente anche le abilità di lettura e quelle in ambito matematico, visto che i tre disturbi specifici dell’apprendimento a carico della lettura (dislessia), della scrittura (disgrafia) e della matematica (discalculia) sono spesso associati.
Molte persone confondono i termini disgrafia e disortografia pensando che abbiano lo stesso significato (si tende a usare erroneamente il termine disgrafia anche per descrivere la disortografia). Le differenze tra i due disturbi sono in realtà molto semplici. Mentre la disortografia, come già detto, riguarda una difficoltà nell’apprendimento e nell’uso delle regole ortografiche, la disgrafia implica una disfunzione nell’esecuzione grafica del testo scritto.
Il quaderno di un bambino disortografico può essere pertanto pieno di errori ortografici ma ordinato; il testo presenterà una forma regolare, con rispetto dei margini e del rigo. Il quaderno di un bambino con disgrafia potrà al contrario essere poco leggibile, con frequenti parole cancellate o fuori dai margini. In alcuni casi, il testo si presenta come molto irregolare per forma, dimensione e organizzazione del testo nel foglio. Un testo poco leggibile, tuttavia, a un’analisi approfondita può anche risultare corretto. In questo caso, infatti, il bambino sa quale sequenza di lettere deve scrivere ma non riesce a controllare il tratto grafico, realizzando una produzione pressoché illeggibile. Ovviamente ci possono essere anche i casi in cui bambini che presentano sia disortografia sia disgrafia, e in quel caso il testo si presenta come denso di errori ortografici e una scrittura estremamente distorta e poco leggibile.
La disortografia viene descritta come un disturbo del neurosviluppo e dipende da una diversa differenziazione delle zone cerebrali preposte alle funzioni di scrittura nei bambini che presentano queste difficoltà, e quindi a una diversa evoluzione dei loro processi cognitivi.
I bambini con disortografia spesso non sviluppano correttamente alcuni processi fonologici e metafonologici, ovvero la capacità di individuare i suoni all’interno del linguaggio e di riconoscere i fonemi che compongono le parole (da ciò deriverebbe ad esempio la scarsa sensibilità alle doppie o gli errori nella traduzione dei suoni in lettere dell’alfabeto) o non riescono a mantenere attiva in memoria la sequenza di suoni (fonemi) il tempo necessario per convertirla in lettere (grafemi). Ancora, i bambini con disortografia non riescono a porre adeguata attenzione ai dettagli visivi delle parole e alla loro forma grafica, cosa che non consente loro di scrivere correttamente le parole che hanno suono simile ma ortografia differente (come nel famoso caso della differenza tra “l’ago” e “lago”).
«Come si cura la disortografia?», è una delle prime domande che tanti genitori mi rivolgono non appena apprendono o sospettano che il loro bambino abbia questo tipo di disturbo.
Senza dubbio, il primo passo per capire cosa fare, come intervenire in caso di disortografia, è intraprendere un percorso diagnostico accurato, orientato non solo a riconoscere il problema ma anche a comprenderne le sfumature qualitative. In questo senso è molto importante l’analisi qualitativa del tipo di errori che il bambino compie più frequentemente, ma anche la valutazione delle competenze fonologiche e metafonologiche di cui si è parlato prima.
È quindi consigliabile avviare un percorso di potenziamento che può essere condotto da psicologi, logopedisti o pedagogisti esperti in DSA, e che può partire dall’esercizio sul riconoscimento del suono all’interno delle parole fino ad arrivare ad attività di scrittura.
In caso di disortografia, gli esercizi da fare e tra i quali scegliere sono numerosissimi, anche di tipo “non scolastico”.
Tra gli esercizi per la disortografia durante la scuola primaria, ad esempio, per consolidare la capacità di riconoscere i suoni all’interno delle parole è possibile proporre anche dei giochi molto antichi come “il gioco del bastimento”, che richiede di ricordare parole che iniziano con un determinato suono, o il famoso gioco “nomi, cose e città”, che ha lo stesso tipo di obiettivo.
Tra gli esercizi di scrittura, molto utile può essere quello di proporre delle frasi scritte appositamente con degli errori, richiedendo al bambino di correggerle. Esistono poi innumerevoli materiali didattici con schede ed esercizi per la disortografia, sia pubblicati da famose case editrici sia a volte anche disponibili online (pagine web, pdf…). Il punto essenziale è saperle scegliere in funzione dell’età e del tipo di difficoltà del bambino.
Quando i bambini crescono e, nonostante le attività di potenziamento e l’esercizio, non riescono ancora a controllare i propri errori ortografici, è il momento di interrompere quello che potrebbe configurarsi come un “accanimento didattico”, che oltre a stancare enormemente il bambino, non sortirebbe alcun effetto sull’ortografia, e in più lo scoraggerebbe in generale a usare la forma scritta per esprimere i propri pensieri.
È quindi il momento di passare agli strumenti compensativi (di cui abbiamo parlato in questo articolo). Quando? Progressivamente, già dalla fine della scuola primaria, se si è comunque già svolto in precedenza un percorso di potenziamento per stimolare e automatizzare il più possibile le abilità carenti.
Tra gli strumenti compensativi per la disortografia troviamo certamente la videoscrittura con correttore ortografico, che evidenzia le parole scritte erroneamente e suggerisce la correzione (ad esempio, se scrivo la parola “braciale”, un qualsiasi computer sottolinea in rosso la parola, e una volta cliccato il tasto destro del mouse ci suggerisce che la parola può essere “bracciale”, “brachiale” o “braciole”).
La sintesi vocale può “rileggere ad alta voce” ciò che viene scritto, rendendo più evidente l’eventuale incongruenza tra suono e simbolo grafemico (se il bambino scrive “meccano” piuttosto che “meccanico”, riascoltando il suono della parola si accorgerà che qualcosa non va).
Il dizionario online, infine, può servire a interpretare correttamente alcune espressioni ambigue per accertarsi che la parola scelta sia effettivamente quella che serve per quella frase. Ciò risulta utile anche in fasi di età più avanzate, ad esempio per capire che “aldilà” significa “oltretomba” e non coincide con “al di là”, che invece significa “oltre” in senso più generico. E questo, anche molti adulti non lo sanno! Perché, in fondo, siamo tutti un po’ “asinelli”!
Ph. D. in Psicologia, è ricercatrice e Professoressa Aggregata presso il Dipartimento di Scienze Psicologiche, Pedagogiche dell’Esercizio Fisico e della Formazione dell'Università degli Studi di Palermo. Da diversi anni si occupa di Intelligenza Emotiva ed è autrice di diversi articoli di ricerca e libri sul tema.