Bambine e bambini, per crescere, hanno sicuramente bisogno di molte cose: figure adulte di riferimento che ne ascoltino i bisogni e che sappiano mettersi in comunicazione con loro (pur senza pretendere da sé stesse una perfezione irraggiungibile e, forse, nemmeno auspicabile), stimoli ed esperienze che ne accendano la creatività, momenti di incontro e socializzazione e altri momenti per stare un po’ da soli; scoperte da fare, paure da affrontare, litigi da ricomporre, giochi da condividere… L’elenco potrebbe continuare, ma il succo del discorso è chiaro: molte delle cose di cui i piccoli hanno bisogno per diventare adulti sereni non sono beni materiali.
Sappiamo, però, che i genitori sono continuamente oggetto di proposte da parte delle aziende specializzate in prodotti per l’infanzia, il cui marketing è spesso orientato a indurre falsi bisogni, di volta in volta associati a un oggetto sul quale si proiettano valori scarsamente rispondenti ai fatti. Abbiamo pensato, quindi, di riunire dieci esempi di cose di cui, molto probabilmente, bambine e bambini possono fare a meno.
Nell’elenco dei “corredini” che si acquistano per i neonati (spesso usati solo in parte, con notevole spreco di denaro e spazio) il body è una voce che non manca mai, nelle diverse versioni più o meno pesanti, con maniche corte o lunghe. Ma molte delle abitudini che replichiamo solo perché sono particolarmente diffuse potrebbero non essere corrette.
Il body, infatti, non ha le caratteristiche che dovrebbe avere un capo destinato ai neonati: l’allacciatura alla base, in fondo al pannolino, lo rende un chiaro ostacolo per l’aerazione della cute. E mentre non c’è nulla da temere per l’aria che circola nell’eventuale spazio libero tra maglietta e pannolino, il continuo aderire del body potrebbe invece favorire fenomeni come la macerazione della pelle o la dermatite da pannolino.
D’altra parte, la preoccupazione per ogni piccola variazione termica subita dal neonato, tipica della nostra cultura, è oltremodo esagerata: se il neonato dovesse sperimentare del disagio troverà il modo, con il pianto o qualche lamento, di segnalarlo ai genitori, aumentando in questo modo anche la sua capacità di riconoscere gli stimoli esterni e di reagire agli stessi.
Naturalmente non è il caso di demonizzare il body, come altri capi di abbigliamento legati ad abitudini consolidate, ma è sempre bene interrogarsi sulle scelte che diamo per scontate, perché ci potrebbero essere alternative che rispondono meglio ai bisogni di bambine e bambini.
Lo smartphone è ormai parte integrante della quotidianità, essendo diventato il dispositivo elettronico più diffuso e pervasivo. Buona parte della nostra vita passa attraverso questi strumenti, i cui lati positivi sono senz’altro molti, nonostante aumentino, nel frattempo, l’incidenza della dipendenza e della cosiddetta FOMO, acronimo per fear of missing out, “paura di essere tagliati fuori”, tipica di quando non abbiamo accesso al nostro cellulare o di quando ci si trova in una zona con una cattiva ricezione.
Pedagogisti e psicologi dello sviluppo nutrono però molte riserve sull’opportunità di proporre ai bambini un uso precoce del cellulare, soprattutto nella prima infanzia, fino ai tre anni, età nella quale i piccoli dovrebbero essere impegnati nell’esplorazione del reale, nell’affinamento della coordinazione occhio-mano e della motricità fine e nel tessere relazioni con i coetanei e gli adulti di riferimento. Anche dopo questa età è bene che il cellulare venga usato con misura, per un tempo limitato e sotto l’occhio vigile del genitore.
Tra i rischi connessi con l’utilizzo improprio dello smartphone da parte dei bambini vi è quello di isolarsi invece di aprirsi alla socialità con gli altri bambini, l’instaurarsi di una dipendenza dagli strumenti elettronici, la possibilità di incappare in contenuti inappropriati e di essere contattati da persone malintenzionate, cui si aggiungono disturbi della vista, neurologici e del ciclo sonno-veglia.
Tutto sommato, anche munire di cellulare i bambini delle scuole primarie perché possano contattare i genitori appare più una forma di rassicurazione per gli adulti che un reale bisogno dei piccoli, che, in caso di necessità, avranno a disposizione il telefono fisso della scuola, secondo il regolamento stabilito dall’istituto.
La testa di molti neonati, un po’ appiattita solo da una parte, può essere fonte di preoccupazione per i genitori, i quali temono che questa condizione, chiamata tecnicamente plagiocefalia, possa diventare stabile nel tempo.
Le raccomandazioni relative alla prevenzione della SIDS (la tragica evenienza della morte in culla), che prevedono di far riposare il neonato in posizione supina, possono favorire l’insorgenza della plagiocefalia su un lato del cranio, come pure di un’altra tipologia di appiattimento detto brachicefalia, localizzata nella parte posteriore.
Nella maggior parte dei casi il problema si risolve spontaneamente, e la risoluzione può essere favorita da alcuni accorgimenti, come voltare la testa del bimbo anche dal lato non preferito, evitare di farlo stare troppo a lungo disteso sulla schiena da sveglio e, nella fase di gioco, metterlo a pancia in giù per un certo tempo, sotto lo sguardo attento dell’adulto.
Il mercato propone anche specifici cuscini che sarebbero studiati per prevenire o porre rimedio alla plagiocefalia, ma i pediatri hanno sollevato perplessità nei riguardi del loro utilizzo proprio per il fatto che il materiale soffice con il quale sono realizzati non rispetta gli standard della sicurezza del sonno del neonato in un’ottica di prevenzione della SIDS, per cui non si dovrebbe far dormire il bambino sopra o accanto a superfici morbide.
In generale, poiché l’efficacia di questi strumenti non è mai stata dimostrata e ci sono dubbi sulla loro sicurezza, il loro utilizzo è senza dubbio sconsigliato. Nei rari casi in cui la plagiocefalia sembra tardare a risolversi, il consiglio del pediatra saprà senz’altro orientare i genitori verso le scelte migliori.
L’idea che il piede del bambino vada “educato” a camminare correttamente attraverso l’uso di speciali scarpe dotate di plantari dalla forma particolare è un luogo comune privo di basi scientifiche. In generale, l’attribuzione ai plantari di proprietà terapeutiche che sconfinano nella magia è priva di senso: per esempio, nessun plantare può aiutare a evitare o correggere i piedi piatti, anche se in alcuni casi può accadere che si decida, in accordo con il medico, di adottare uno specifico tipo di calzatura o plantare per alleviare una parte dei sintomi. Solo l’intervento chirurgico, nei casi in cui è indicato, può essere risolutivo per i piedi piatti.
Semmai, per favorire il corretto e armonico sviluppo dei piedi di bambine e bambini, è bene non costringerli a indossare sempre le scarpe e permettere loro di camminare, quando possibile, a piedi nudi, per esempio d’estate sulla sabbia o su terreni irregolari, in cui possano esercitare il loro sistema muscolo-scheletrico e il loro equilibrio.
Il girello, in apparenza, potrebbe sembrare un’ottima soluzione per accompagnare i piccoli nei loro primi tentativi di camminare, sostenendone il peso e offrendo un appoggio e insieme un riparo dai potenziali pericoli, ma si tratterebbe di una valutazione piuttosto superficiale.
I bambini, infatti, possono farne vantaggiosamente a meno proprio per questo motivo: è uno strumento che si sostituisce al piccolo nell’atto del mantenimento della posizione eretta e, impedendogli di cadere, gli impedisce anche di sviluppare quelle competenze che gli consentiranno, nel tempo, di evitarlo; inoltre, lo circonda di un confine artificiale che non gli permette di valutare in modo corretto lo spazio occupato dal proprio corpo mentre si muove nell’ambiente.
Recenti studi, infine, hanno sottolineato i diversi possibili incidenti collegati a questo genere di accessori, il cui uso, pertanto, non va incoraggiato. [1]
Un altro accessorio ritenuto a torto indispensabile è il box, che viene visto da molti come l’unico posto dove il bambino può giocare serenamente e in sicurezza. Senza volerne condannare in senso assoluto l’uso sporadico, il box non va comunque considerato una necessità, perché non rappresenta sotto nessun punto di vista uno strumento che agevola lo sviluppo del bambino, anzi costituisce una limitazione della sua esplorazione. Adottando qualche accorgimento per rendere l’ambiente domestico adatto alle esigenze del piccolo, se ne può tranquillamente fare a meno.
Interagire con i genitori e con gli altri bambini, manipolare oggetti, leggere e immaginare storie, esplorare l’ambiente e tentare di coordinarsi per svolgere giochi e attività di movimento, aiutare mamma e papà in cucina, imparare parole nuove e cominciare a usarle, osservare con curiosità fiori, alberi, insetti, giocare con gli animali domestici, provare a strimpellare una canzoncina sulla pianola: si tratta solo di pochi esempi delle molteplici attività che favoriscono lo sviluppo cognitivo di bambine e bambini senza i rischi connessi con l’uso precoce o errato di strumenti elettronici, di cui si è detto prima. Non c’è, quindi, alcuna ragione per proporre ai nostri figli app o giochi elettronici che si autoproclamano educativi e che favorirebbero lo sviluppo cerebrale, tanto più che le cosiddette “prove scientifiche” presentate da alcuni produttori sono tutt’altro che solide.
Il pensiero di un bambino tenuto al guinzaglio è di per sé disturbante, per cui stupisce che si debba rimarcare quello che sembra ovvio: bambini e bambine non dovrebbero essere costretti con strumenti che ne limitano le possibilità di movimento, peraltro per ragioni di sicurezza di per sé piuttosto dubbie. C’è, per esempio, chi fa notare che un guinzaglio, proprio nelle situazioni in cui si tende a usarlo ‒ ovvero quando c’è ressa e possibilità di spostamenti inconsulti della folla e del piccolo ‒ possa essere più un ostacolo che altro. Il gesto rassicurante del tenere per mano il bambino e di lasciargli opportuni e valutati spazi di esplorazione libera e sotto l’occhio dei genitori appare una scelta più rispettosa del suo sviluppo psicologico e motorio.
Recentemente la scelta del guinzaglio è stata difesa contro la colpevolizzazione dei genitori che, negli spazi di vita attuali, spesso non a misura di bambino, si affidano a questo strumento per sentirsi più sicuri di non perdere i figli di vista. Ma se è giustissimo manifestare solidarietà e sostegno ai genitori per il difficile ruolo che svolgono, non sembra esserlo la conclusione del discorso. Non sono i bambini a doversi forzosamente adattare, anche tramite strumenti di costrizione, a spazi che non tengono conto dei loro bisogni. Se davvero non fosse possibile muoversi in un certo posto con i propri figli senza l’aiuto di un guinzaglio (ma si tratta di casi limite), forse sarebbe meglio ripensare all’idea di andarci con i bambini, e magari sarebbe anche il caso di farlo notare.
Il marketing alimentare rivolto all’infanzia è davvero pressante e può far nascere l’idea, priva di basi, che i prodotti che si proclamano specificatamente formulati per i bambini siano per loro la scelta più sana e raccomandabile. Un’importante premessa: la scelta di un prodotto industriale in parte o del tutto pronto che aiuti i genitori nella preparazione dei pasti di bambine e bambini non va demonizzata o stigmatizza in alcun modo. Ma il battage pubblicitario potrebbe indurre molti genitori a compiere scelte che non farebbero se in possesso di informazioni corrette.
L’idea che le formulazioni per l’infanzia siano più sane, complete e nutrienti non ha fondamento, così come non ce l’ha l’idea che siano più sicure degli altri alimenti destinati al consumo umano. In molti casi ci troviamo solo di fronte a prodotti più costosi senza effettivi benefici (tra gli esempi più noti, quello del famigerato “latte di proseguimento”). Non sono mancati neppure i casi riportati di alimenti per l’infanzia rivelatisi poco sicuri e, in generale, sono numerosi i prodotti destinati ai piccoli troppo ricchi di zuccheri. Anche del baby food, pertanto, si può fare a meno, mentre è importante sottolineare l’importanza di un’alimentazione sana, varia e completa in tutte le età della vita.
Croce e delizia dei genitori alle prese con i primi mesi di vita del loro bambino, la bilancia pesa-neonati è fonte di stress soprattutto per mamme e papà alle prime armi, non guidati nel suo uso. Il meccanismo della doppia pesata (prima e dopo la poppata) per comprendere se il neonato si sia nutrito a sufficienza – con relative preoccupazioni nel caso così non sembrasse – è un motivo di tensione senza dubbio evitabile. Il buon procedere dell’allattamento a richiesta (almeno 8 poppate nell’arco di 24 ore) e le caratteristiche di urine e feci saranno in genere indicatori sufficienti. Quello della bilancia domestica è un acquisto superfluo: sarà il pediatra a adoperare, nel corso dei controlli di crescita, la bilancia, inserendo la valutazione all’interno dei molti parametri che concorrono a definire lo stato di salute del piccolo. Ma nella quotidianità i genitori possono tranquillamente e vantaggiosamente farne a meno.
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.