Mal di testa, mal di pancia, dolori vari che compaiono improvvisamente: a tanti genitori sarà capitato almeno una volta di avere a che fare con malesseri fisici dei piccoli che non hanno una causa organica e sembrano, così, apparentemente “inspiegabili”. Spesso questi disturbi hanno più a che fare con le emozioni che con le malattie; i bambini infatti “parlano” attraverso il proprio corpo, sia quando provano emozioni positive sia quando sono dolorose, manifestando i propri stati d’animo ed esprimendo richieste di aiuto, attenzione e sostegno.
Come si fa a capire cosa esprime un particolare “sintomo”? Come aiutare il bambino in difficoltà?
Nel gruppo parla Adele, mamma di Mattia, 3 anni. Racconta che suo figlio ha difficoltà ad alzarsi dal letto la mattina, mentre prima «saltava su come un grillo», pieno di energie. Adesso è sempre stanco e ripete che gli fanno male e gli tremano le gambe. Adele, inizialmente, pensava che il malessere fosse dovuto alla recente influenza che aveva indebolito il bambino ma, dopo l’ennesimo controllo dal pediatra, si è convinta che quello delle gambe sia un capriccio: «Lo fa solo per il gusto di farmi impazzire!».
Il papà di Mattia ha da poco cambiato lavoro e si assenta più spesso da casa, mentre il bambino ha iniziato a frequentare la scuola dell’infanzia.
L’esperienza degli altri genitori presenti ci viene in aiuto: un papà ipotizza che Mattia possa aver risentito di questi cambiamenti; un altro genitore racconta di un episodio simile riferito a suo figlio. Forse il mal di gambe è un modo per comunicare una paura nella separazione dai genitori e una richiesta di rassicurazione? Si propongono delle strategie: papà costruirà insieme a Mattia uno speciale calendario illustrato, dove segnare quando va e quando torna dal lavoro. Adele, invece di rimproverarlo perché non cammina, proverà a prenderlo in braccio per un tratto, nel tragitto tra casa e scuola. «Le coccole della mamma sono il miglior rimedio per questo genere di dolore», afferma sicura la mattina successiva guardando negli occhi Mattia.
Come per magia, dopo qualche settimana il dolore scompare e Mattia torna il grillo di sempre.
I genitori di Mattia sono riusciti a sintonizzarsi sul particolare linguaggio del corpo del bambino, comprendendo il bisogno nascosto dietro il mal di gambe e trovando una corretta chiave di osservazione e intervento. È bene ricordarsi, soprattutto se parliamo di un bimbo piccolo, che uno stato di disagio emotivo, ad esempio una “paura”, viene vissuto senza avere piena consapevolezza di ciò che accade, e spesso il piccolo non riesce a esprimerlo a parole. Ci possiamo accorgere di quanto sia complesso il rapporto tra psiche e corpo anche facendo riferimento alla nostra esperienza di adulti: anche a noi capita di “risentire” fisicamente di un periodo di stress emotivo, pur essendo più competenti di un bambino nell’esprimere le nostre emozioni tramite il linguaggio verbale.
Capire le cause profonde del malessere di un bambino non è sempre facile; a volte sembra che “nulla funzioni” e si teme che la sintomatologia possa cronicizzarsi in un disturbo più grave. Il disagio espresso tramite il dolore del corpo, poi, potrebbe essere legato a eventi “difficili” che hanno interessato l’ambiente familiare del bambino, ad esempio lutti, malattie, separazioni. Per i genitori, parlare di alcuni temi, condividere e accogliere emotivamente la sofferenza che anche i piccoli provano può essere complicato, ma è fondamentale non lasciare il bambino solo proprio nei momenti in cui ha più bisogno di una guida che lo aiuti a elaborare realtà complesse, a dare risposte a domande, a sentirsi rassicurato.
Una volta esclusa la causa organica, la tentazione degli adulti è spesso quella di sminuire quanto accade, pensando che il bambino finga consapevolmente una determinata sintomatologia. È bene sapere che questi disturbi non vengono simulati intenzionalmente; piuttosto, il corpo si fa portavoce di un disagio emotivo che il bambino non riesce a interpretare e a comunicare con le parole.
Altro caso è quello in cui i bambini “fanno finta” con consapevolezza, ad esempio mimando un mal di pancia per evitare un giorno noioso di scuola (chi non ci ha mai provato!?). In situazioni simili, da genitori, possiamo anche chiudere un occhio e, ogni tanto, stare al gioco…
È importante che i genitori si prendano cura non solo dei sintomi fisici, ma soprattutto del disagio emotivo del bambino, cercando, con delicatezza e senza forzature, di aiutarlo a verbalizzare ciò che accade. Un buon metodo è l’esempio personale: condividere le proprie emozioni attraverso il linguaggio del corpo aiuterà il bambino a fare lo stesso. Riferendosi a episodi vissuti nel quotidiano, ad esempio, i genitori potrebbero dire: «Oggi ho un gran mal di testa, forse perché stavo pensando a una cosa un po’ triste», oppure, «Ho sentito il cuore battere fortissimo, che paura mi hai fatto!».
Spiegare come “funzionano” le nostre emozioni, raccontare che il nostro corpo ci parla e giocare ad ascoltarlo rassicura il bambino (spesso spaventatissimo da quanto gli accade) e lo rende protagonista, stimolandolo nell’attivare le sue stesse risorse per stare meglio.
Il “problema” non è mai solo del bambino, ma deve essere sempre inquadrato all’interno del sistema relazionale in cui vive, in primo luogo la famiglia. È essenziale che i genitori ne siano consapevoli e accettino di mettersi in gioco, osservando e riflettendo anche sui propri comportamenti e confrontandosi con chi, al di fuori della famiglia, segue e/o conosce il vissuto del bambino (maestri, pediatra…), senza tuttavia mai delegare il proprio ruolo genitoriale.
Nella nostra società, spesso concentrata sulle prestazioni “mentali” dei bambini, recuperare la dimensione della corporeità diventa essenziale. Giocare con il corpo sin da piccoli aiuta i bambini a crescere in armonia psichica e corporea. Qualche suggerimento? Può sembrare banale, ma basta potersi muovere liberamente, esplorare la natura, fare e ricevere coccole, giocare a nascondersi, a far finta, recitare, fare musica con il corpo… e tutte quelle attività spontanee con cui il piccolo ha la possibilità di esprimersi.
pedagogista, svolge attività privata di consulenza pedagogica nel sostegno alla genitorialità e al percorso di crescita di bambini e adolescenti. Coordina progetti di educazione e accompagnamento alla morte e all’esperienza della perdita, si occupa di famiglie adottive e lavora come formatrice per gli operatori di nidi e scuole dell’infanzia nella provincia di Messina. È stata vicedirettrice di Uppa magazine dal 2018 e dal 2022 ne è diventata direttrice.