Partiamo raccontando una breve storiella. C’erano una volta una piccola tartaruga e una lepre che avevano deciso di camminare insieme, una accanto all’altra sulla strada della vita. La passeggiata però si rivelò presto difficoltosa: «Ti vuoi muovere?!», diceva la lepre.
«Aspetta! Hai visto che bel fiore? Ma perché è rosa? A cosa servono i petali?», rispondeva la tartaruga.
Ogni cinque passi la tartaruga si fermava ad ammirare la natura che richiamava la sua attenzione. La lepre scalpitava perché non riusciva a mantenere quel ritmo lento: «Se solo provassi a correre un po’… non sai quanto sia meraviglioso il vento sul muso».
La tartaruga, amando la lepre, provava a correre con le sue zampette inesperte, ma inciampava su ogni radice e ruzzolava. Sbuffando la lepre avanzava, mentre la tartaruga, qualche passo indietro, procedeva scavalcando, triturando, assaggiando, sollevando, spostando, incastrando, infilando rametti, fiori, pietre, foglie…
La lepre, esausta, un giorno decise di rallentare, lasciando che fosse la tartaruga a dettare il ritmo. La lepre iniziò a scoprire cosa piaceva alla tartaruga, cosa la spaventava, dove era brava e dove inesperta.
Un giorno il passo della tartaruga cambiò: le sue zampe andavano più veloci e sicure, era diventata più abile e il suo bisogno di allenarsi stava diminuendo, voleva correre come la lepre e insieme a lei. Quella corsa fu sorprendente: la lepre mostrò alla tartaruga tutto ciò che conosceva; strade, scorci mozzafiato, nascondigli perfetti, simpatici amici, acrobazie, capriole… Condivisero la strada per molto tempo, felici e complici, prima di iniziare una nuova fase della vita in cui avrebbero camminato lontane, portando con sé, per sempre, una parte dell’altra.
Ciò che spinge un bambino all’azione è una motivazione profonda di crescita e sviluppo personale: vuole il tempo che gli serve, non si accontenta di quello che ha a disposizione. Il suo egoismo è sano perché non sa rinunciare a sé per gli altri, fino al momento dello sviluppo in cui saprà comprendere, accettare ed equiparare i propri bisogni a quelli altrui.
Nei primi tre anni di vita (circa) il bambino vive un periodo di costruzione attiva di sé: conquista continue competenze, allenandosi con costanza e con caparbietà in varie abilità (manuali, motorie, linguistiche, relazionali) per svilupparle al meglio. Tutto ciò agendo spontaneamente e direttamente sull’ambiente che lo circonda.
Dai 3 ai 6 anni perfeziona le competenze conquistate: desidera parlare meglio, saltare su un piede solo, comprendere le emozioni proprie e altrui e usare con precisione le sue mani; e tra i 6 e i 9 anni è ormai competente e rivolge il suo interesse agli altri, al mondo che lo circonda, alla natura e alla cultura: è il tempo per arricchirsi e approfondire il perché di ogni cosa.
Il bambino sa condursi su tale percorso in perfetta autonomia, guidato da quello che Montessori definiva il “maestro interiore”, ovvero una guida profonda che lo conduce verso esperienze costruttive, intelligenti e educative. L’adulto può facilitare tale avanzamento predisponendo un ambiente adatto, sicuro e interessante, dimostrandosi umile e paziente e offrendo al bambino tutto il tempo necessario per manifestarsi, comprendersi ed esercitarsi. «I genitori hanno fretta, sempre, i bambini mai», ho scritto in Qui abita un bambino, e non c’è cosa più vera. Il bambino infatti agisce con calma e cura per sé stesso, l’adulto, invece, cerca il miglior risultato nel minor tempo possibile. I grandi mettono la giacca per uscire, i bambini per imparare a indossarla, tanto che, se potessero, la toglierebbero per ripetere l’operazione ancora una volta.
Maria Montessori scoprì che, nei primi anni di vita, ogni bambino fa e ripete le cose per molte volte per consolidare una procedura e affinare una competenza. La ripetizione dell’esercizio è una costante e viene applicata in ogni ambito: cura personale, attività di motricità fine (infilare, sfilare, aprire, chiudere…), cura dell’ambiente, vita pratica (pulire, setacciare, spremere, tagliare). Quando Maria Montessori costruì i telai delle allacciature (uno strumento per esercitarsi in questa attività), scelse il cinque: ogni movimento viene ripetuto cinque volte, consecutivamente, prima di avanzare al passaggio successivo. Quando un bambino di un paio d’anni si lava le mani, spesso lo vuole rifare: a lui non importa che le sue manine siano pulite, è interessato all’esercizio e alla soddisfazione provata nel lavare.
A cosa lavorano i bambini con tanta dedizione, concentrazione, cura e passione? A ciò che nell’ambiente attrae e cattura il loro interesse. È questo il principio fondante del concetto di periodo sensitivo.
Il periodo sensitivo è una sensibilità speciale e passeggera che spinge il bambino a dirigere inconsciamente l’attenzione su determinati aspetti del proprio sviluppo nell’ambiente. Sono vocazioni, descrivibili come un fascio di luce, acceso a illuminare un’area precisa di interesse. Come il piccolo del bruco non vede altro che i germogli sulla cima della pianta in quanto miglior nutrimento (come scoprì lo scienziato olandese Hugo de Vries), il bambino cerca ed è attratto da ciò che nell’ambiente può offrirgli un nutrimento importante per il suo sviluppo. Quando si sente sazio del cibo psichico ottenuto, vi diventa indifferente. Ecco allora un bimbo di 6 mesi incantato, a bocca semiaperta, di fronte a un adulto che parla: è nel periodo sensitivo del linguaggio e la lingua materna lo affascina come nessun altro suono. Così un bambino di 2 anni che vive il periodo sensitivo dell’ordine vorrà ogni cosa al proprio posto, comprese routine e procedure; tra i 3 e i 5 anni manifesterà il naturale desiderio per i simboli e i suoni e a quel punto la scrittura e la lettura diventeranno magicamente fonte di interesse.
Cogliere e nutrire la fame psichica all’interno del periodo sensitivo significa permettere al bambino una conquista naturale e spontanea, non faticosa o forzata. Quella stessa competenza, acquisita al di fuori del periodo sensitivo, non verrà introiettata con la stessa leggerezza, gioia e spontaneità. «Ma quando una di queste passioni psichiche si è spenta, altre fiamme si accendono e così l’infanzia passa di conquista in conquista, in una continua vibrazione vitale, che tutti abbiamo riconosciuto chiamandola gioia e felicità infantile», ci dice Maria Montessori.
formatrice, pedagogista e autrice, progetta e coordina servizi per la prima infanzia e svolge corsi di formazione per insegnanti e genitori sulla pedagogia montessoriana. Autrice del libro Qui abita un bambino edito da Uppa Edizioni, cura la rubrica "Tra il dire e il fare" su Uppa.