La storia del parto nelle varie epoche e culture ci insegna che le donne hanno sempre preferito partorire i loro bambini in piedi e in movimento. Sono pochi i documenti storici che descrivono parti avvenuti a letto e in posizione supina, mentre in molte raffigurazioni antiche le dee che partoriscono (emblemi della potenza generatrice) sono rappresentate in posizione verticale.
Nel corso del diciottesimo secolo, quando l’assistenza alla nascita diventa parte della disciplina medica, viene introdotta una serie di supporti volta a rendere più “comodo” il lavoro per gli operatori. La diffusione della posizione litotomica (vale a dire supina, con i piedi sollevati sopra il livello delle anche) è collegata all’utilizzo di strumenti come il forcipe e di pratiche come l’episiotomia che hanno contribuito a rendere la nascita più sicura. I dati della letteratura scientifica e una riflessione critica sull’introduzione di questa posizione, però, hanno dimostrato come essa costituisca uno dei principali fattori iatrogeni nella storia della medicina.
Prima di vedere le diverse posizioni che si possono assumere durante il travaglio e il parto, è bene sottolineare come non esista a priori una posizione migliore di un’altra: la posizione migliore è sempre quella che sceglie la mamma. Ma per poter scegliere è importante avere una buona consapevolezza di sé e del proprio corpo, che andrà maturata nel corso della gravidanza (lo spieghiamo anche nel nostro corso preparto online): prendendo confidenza con le proprie sensazioni e con il bambino sarà possibile capire qual è l’esperienza più adeguata.
Anche il ruolo delle ostetriche che sostengono le donne in sala parto è fondamentale: esse hanno come primo strumento l’osservazione dell’atteggiamento spontaneo, che non va mai sottovalutata. Successivamente, se il caso lo richiede, potranno intervenire consigliando delle posizioni che funzioneranno da “terapia”, per correggere alcune viziature del travaglio causate da un posizionamento non ottimale del bambino o da un problema legato all’attività contrattile.
Le evidenze scientifiche [1] ci dicono che l’adozione di alcune posizioni rispetto ad altre in momenti diversi del travaglio ne aiuta la progressione sia nella fase dilatante sia in quella espulsiva.
La donna sa utilizzare il movimento spontaneamente, soprattutto per alleviare la sensazione dolorosa legata alle contrazioni uterine. Questa è proprio la funzione principale del dolore durante il travaglio: guida la donna nel movimento, alla ricerca di posizioni diverse che aiutino la progressione della dilatazione uterina e quella del bimbo nel canale del parto.
Durante i prodromi del travaglio, caratterizzati da contrazioni di breve durata e irregolari nella frequenza, la cosa migliore sarebbe restare a casa, se la mamma è tranquilla. Avere a portata di mano una vasca, una doccia, o comunque trovarsi in un ambiente conosciuto dove ci si può muovere con confidenza, consente di vivere questo momento con la calma necessaria e con le dovute attenzioni per sé stesse. Muoversi, riposarsi ‒ magari sul fianco ‒, mangiare qualcosa che ci piace, farsi massaggiare dal proprio compagno, aiuterà ad affrontare il travaglio con la giusta carica e permetterà all’utero di accordarsi con il resto del corpo e di attivarsi con contrazioni più efficaci e regolari.
Durante il periodo dilatante, quindi a travaglio attivo, se ci si lascia guidare dagli ormoni che entrano in circolo fisiologicamente, ci si accorgerà di come sia importante cambiare spesso posizione.
Le posizioni erette, magari accompagnate da movimenti circolari del bacino, aiutano il bambino a incanalarsi nella pelvi materna. Affrontare tutto un travaglio in piedi, però, può essere molto faticoso, e il riposo è importante. Si può riposare sedute su una palla, sempre muovendo il bacino, oppure a letto, sdraiate sul fianco. Quando il dolore si concentra nella zona lombare, può essere utile adottare la posizione a carponi direttamente sul letto, ma anche per terra, su un materassino, se si preferisce (nella fase finale del periodo dilatante succede spesso di volersi sistemare a terra). La posizione a carponi e quella seduta con la schiena in avanti sono molto utili anche per ricevere un massaggio da chi ci accompagna in questa avventura… Non importa essere esperti, il calore del tatto e della vicinanza di chi si prende cura di noi sono già due ottimi analgesici.
La situazione cambia quando la mamma avverte le prime contrazioni espulsive: arriva nuova energia inaspettata, e con lei la forza per essere più attiva.
Durante la prima fase del periodo espulsivo vanno ancora benissimo le posizioni utilizzate nel travaglio: sul fianco sinistro (perché rispetto al fianco destro si aumenta di preziosi millimetri lo spazio a disposizione per il passaggio del bambino e si migliora l’ossigenazione facilitando la circolazione placentare) o a carponi. Quando il bambino è già progredito nella pelvi materna e inizia ad attraversare la parte più stretta del bacino, possono essere utili tutte le posizioni erette che ne permettono una maggiore apertura: la posizione accovacciata (coi piedi ben piantati a terra) e quella seduta su uno “sgabello olandese” (un particolare tipo di sgabello ergonomico creato proprio per rendere più comoda la posizione seduta).
Anche in queste fasi è molto importante il ruolo del partner, che può sostenere fisicamente la mamma e aiutarla a mantenere la posizione.
Quando si avvicina la fuoriuscita della testa del bambino si può decidere di restare nella stessa posizione, tenendo conto che le posizioni erette sono associate a un leggero aumento delle lacerazioni vaginali, senza però particolari complicazioni [2] .
La cosa più importante rimane comunque fidarsi della propria percezione, e affidarsi al professionista che sostiene la donna durante il travaglio.
Se si affronta il travaglio con determinazione, consapevolezza e gioia sarà facile mettersi in ascolto dei suggerimenti che arrivano dal proprio corpo e dal proprio bambino, e in questo modo si avvierà con fiducia l’avventura della maternità.
Ostetrica, si è occupata a lungo di cooperazione internazionale e di progetti sostegno alle salute delle donne migranti. Dal 2007 al 2009 fa parte del pool di ostetriche che danno vita al Centro nascita “Margherita” dell’Azienda Universitaria di Firenze che si occupa del travaglio e del parto fisiologici a esclusiva conduzione ostetrica. Dal 2014 lavora nell’Ospedale Santa Maria Annunziata nel reparto di Ostetricia e in sala parto.