Dover affrontare un parto podalico è un’eventualità non troppo frequente (la maggior parte dei bambini che durante la gravidanza si trovano in posizione podalica “si sistema” o viene sistemata, come vedremo, prima del parto), ma quando accade è bene sapere quali sono le procedure da seguire e gli eventuali rischi. Che cos’è, innanzitutto, il parto podalico?
Si parla di parto podalico quando il nascituro si presenta in posizione podalica, cioè è posto nell’utero con la testa rivolta verso l’alto (presentazione podalica) e non verso il basso (presentazione cefalica).
Nello specifico, un feto podalico può essere posizionato in tre modi diversi:
• posizione podalica franca: è la più frequente (50-70% dei casi), il feto è seduto nell’utero con le gambe alzate e i piedini in alto, vicino alla testa;
• posizione podalica incompleta: 10-40% dei casi, una o entrambe le gambe puntano verso il basso;
• posizione podalica completa: 5-10% dei casi, il feto è seduto a gambe incrociate.
La gravidanza podalica è una situazione abbastanza comune nei primi mesi di gestazione (fino al 25% delle gravidanze nelle prime 28 settimane), ma la maggior parte dei feti podalici si sistema nella posizione più corretta, quella cefalica, entro il termine; solo il 3-4% delle gravidanze è podalica a termine.
Come accorgersi se il feto è in posizione podalica? A volte le future mamme sentono scalciare verso il basso, quando la posizione podalica non è franca, ma spesso la condizione podalica viene accertata tramite la palpazione addominale. Anche un operatore esperto, però, può avere difficoltà a diagnosticare una presentazione podalica (ad esempio in donne affette da obesità, o in gravidanze con eccesso di liquido amniotico o placenta anteriore); nei casi dubbi, l’ecografia permette di confermare il 100% dei feti podalici.
Nella maggior parte delle gravidanze, la presentazione podalica è semplicemente un caso. Ci sono però dei fattori che aumentano la probabilità di avere una gravidanza podalica; i più frequenti sono il parto pretermine, l’avere già avuto un figlio in presentazione podalica (o se uno dei genitori è nato podalico), e alterazioni dell’utero o della placenta.
Prima di arrivare al termine della gravidanza, si può tentare di cambiare la posizione di un feto podalico. Spesso vengono utilizzate tecniche posturali, agopuntura e “moxibustione” (cioè applicazione di calore sui punti dell’agopuntura); queste metodiche, usate anche in combinazione tra loro, possono essere utili e non sono pericolose, ma non hanno un riconoscimento scientifico [1] [2] .
L’unica procedura che ha un’efficacia dimostrata è la Versione Cefalica Esterna, chiamata anche “manovra di rivolgimento”. Tale manovra viene effettuata prima del travaglio, intorno alla 36°-37° settimana. Prima di procedere deve essere eseguita un’ecografia, per confermare la posizione fetale, il benessere del bambino, e per escludere condizioni che non permetterebbero di eseguire la manovra (placenta previa, anomalie del liquido amniotico, anomalie uterine, macrosomia fetale, gravidanze gemellari, restrizioni di crescita fetale, anomalie di sviluppo, patologia neurologica o muscolare congenita…).
Per favorire il successo della manovra viene somministrato un “tocolitico”, cioè un farmaco che rilassa la muscolatura dell’utero; dopodiché un ginecologo, con l’aiuto di un ecografo, esegue la manovra. Questa può risultare fastidiosa e talvolta dolorosa, ma è consigliata perché efficace (nel 58% dei casi) e sicura: c’è infatti una bassissima probabilità di effetti collaterali gravi (0.24%), motivo per cui si esegue comunque in ospedale [3] .
Se il feto si è girato in posizione cefalica da solo o è stata effettuata con successo la manovra di rivolgimento, una gravidanza inizialmente podalica potrà risolversi in un parto naturale senza ulteriori problemi. Se invece la gravidanza arriva a termine podalica, c’è comunque la possibilità di scegliere un parto naturale.
Ovviamente non devono esserci controindicazioni al parto spontaneo, come ad esempio la placenta previa; non devono essere stati effettuati precedenti tagli cesarei; il feto dev’essere di almeno 36 settimane, e la presentazione podalica non dev’essere incompleta, cioè il feto non deve avere uno o due piedi puntati verso il basso. Se tutte queste (e altre) condizioni sono rispettate, la futura mamma può scegliere di provare un parto spontaneo.
Nel caso di presentazione podalica al termine, il parto cesareo è il più indicato e il più frequentemente praticato (90% dei casi) [4] . Si può ricorrere al parto podalico cesareo anche senza aver tentato la manovra di rivolgimento, sebbene, laddove possibile, questa sia sempre consigliata. Il giorno del parto, comunque, viene effettuata un’ecografia di controllo: può sempre accadere che il feto si posizioni correttamente negli ultimi giorni! Quale parto scegliere, quindi, in caso di presentazione podalica?
Ogni parto, anche quello che conclude una gravidanza del tutto fisiologica, ha i suoi rischi. Tuttavia, rispetto al parto naturale cefalico, il parto naturale podalico ha maggior rischio di asfissia neonatale e di lesioni traumatiche [5] . Abitualmente, in caso di presentazione podalica al termine della gravidanza, è prassi programmare il parto cesareo, il quale, secondo diversi studi, sembra presentare meno rischi rispetto al parto podalico naturale [6] .
Ultimamente, però, visto anche il desiderio di tante donne di tentare un parto naturale, si è cercato di capire quali gravidanze fossero meno a rischio per un eventuale parto podalico naturale. Il risultato? Se si rispettano dei criteri di selezione precisi, il parto podalico naturale è un’opzione sicura, per la mamma e per il bimbo [7] .