Molte mamme e papà, alle prese con il passaggio dei propri bambini dall’allattamento ai cibi solidi, si rivolgono al pediatra chiedendo, come primo aiuto, un menù per lo svezzamento. Questo perché nel nostro Paese l’alimentazione complementare a richiesta (termine più corretto da usare) è ancora fonte di insicurezza e paura per la maggior parte dei genitori.
Ma non è necessario un menù settimanale per lo svezzamento, uno schemino da seguire alla lettera magari: ai genitori serve piuttosto un supporto da parte del pediatra per capire come adottare un’alimentazione sana che sarà uguale per tutti.
Eccoci arrivati al momento in cui il lattante comincia a reggersi seduto da solo e osserva il mondo da una nuova prospettiva. Questa è l’età che segna anche il passaggio dall’alimentazione esclusivamente a base di latte materno o formulato alle prime esperienze con il cibo solido. Con il trascorrere dei mesi il piccolo diventerà sempre più autonomo dal punto di vista nutrizionale e i suoi fabbisogni non dipenderanno più solo dal latte; il tutto avverrà gradualmente, non da un giorno all’altro, aggiungendo man mano gli alimenti in parallelo all’allattamento. È in questa fase che molti genitori, oltre a imparare come tagliare i cibi in modo sicuro, vanno alla ricerca di ricette e menù da proporre settimanalmente al bambino.
Ma serve davvero un menù per l’autosvezzamento? Adottare una dieta sana ed equilibrata è certamente importante a ogni età – non solo durante il periodo dell’alimentazione complementare – ma seguirne una rigida non ha molto senso per chi gode di un buono stato di salute.
E le ricette per l’autosvezzamento, sono utili? Anche in questo caso, seguire delle istruzioni per preparare al meglio un piatto è sempre molto utile, ma è bene sapere che non ci sono ricette esclusive per l’autosvezzamento o a seconda dell’età anagrafica; volerle cercare a tutti i costi sarebbe un po’ come tornare indietro, a una decina di anni fa, quando esistevano schemi di pappe e pappine che comprendevano quantità fisse e rigide.
Pensiamoci bene: se gli adulti in buona salute non hanno la necessità di seguire un menù fisso, perché mai la cosa andrebbe invece imposta ai bambini?
I pediatri possono piuttosto guidare i genitori nella conoscenza di come comporre pasti completi e come variare l’offerta in tavola in modo che siano sempre presenti tutti i nutrienti importanti per la crescita, dare consigli su come bilanciare la dieta giornaliera quando il bambino o la bambina pranza in una mensa scolastica, insegnare i pochi divieti in svezzamento e il giusto limite tra l’essere salutisti e l’essere rigidi. L’elasticità, infatti, non è lassismo, ma una conquista dettata da buone conoscenze di base. Vediamo quali.
Perché molti genitori si mettono alla ricerca di un menù settimanale per lo svezzamento? Non c’è dubbio, per essere sicuri («Così non sbaglio…»). Il problema è che, con il tempo, dovranno prima o poi fare i conti con giornate diverse, che prevedono cioè pranzi fuori (da familiari o amici, al ristorante…), vacanze, feste… Ed ecco che ogni schema si inceppa.
Per funzionare, un menù per l’autosvezzamento dovrebbe contenere una raccolta di almeno 14 ricette da offrire nell’arco di una settimana, intercambiabili tra loro, senza rigidità. Ma, ancora una volta, si tratterebbe più di un mini-ricettario a cui ispirarsi anziché di un menù da seguire alla lettera. Dobbiamo imparare a non pensare per schemi, a comprendere che lo svezzamento è una fase fisiologica e non patologica dell’infanzia, e come tale dovrebbe procedere.
Per organizzare i pasti bisogna innanzitutto imparare a gestire una dieta sana per tutta la famiglia partendo dagli adulti. Solo in questo modo i piccoli acquisiranno man mano, per imitazione, le stesse abitudini alimentari. Questo vuol dire che è inutile preparare con cura e con ingredienti di prima qualità i pasti del bambino in svezzamento se poi, accanto a lui, la mamma e il papà mangiano di fretta cibi precotti: molto presto, quel bambino, vorrà mangiare come loro.
Il primo consiglio ai genitori è di non saltare i pasti. Può sembrare un invito banale, ma molti papà e molte mamme – soprattutto quelle in allattamento – spesso hanno poco tempo da dedicare alla cucina e finiscono per saltare la colazione o mangiare un panino al volo per pranzo. Se possibile, sedersi a tavola con il piccolo e consumare i pasti giornalieri (colazione, spuntino di metà mattina, pranzo, merenda e cena) è il primo passo da fare. Questo perché se un bimbo salta un pasto – per esempio la merenda – o una poppata, il suo fisico non gestirà l’ipoglicemia altrettanto bene come l’adulto. I bambini “in riserva” di energia hanno la spia che lampeggia e sono nervosi, irritabili, poco collaborativi. Scandire la giornata con i pasti, come fanno nei nidi e alla scuola dell’infanzia, permette invece ai piccoli di mantenere adeguati ritmi circadiani ed essere sempre al meglio (anche di umore!).
Per quanto riguarda il pranzo e la cena, ciò che non deve mai mancare in tavola sono i cereali (o in loro assenza le patate o altri tuberi ricchi di amidi) per offrire energia da spendere. Oltre a questo, un alimento ricco in proteine (da scegliere tra legumi, pesce, carne, formaggi e uova), verdure e frutta.
A colazione, per lo spuntino di metà mattina e a merenda, possono essere offerti cereali, frutta e frutta a guscio (in creme o polverizzata), yogurt senza zuccheri aggiunti.
Gli alimenti grassi – come gli olii vegetali – non vanno affatto demonizzati: ce ne sono di ottima qualità, come l’olio extravergine di oliva o l’olio di semi di lino, ricco di Omega3.
La frutta può far parte dei due pasti principali oppure riservata agli spuntini.
Ma adulti e bambini possono mangiare davvero le stesse cose? La risposta è sì, fatta eccezione per alcuni alimenti, ovvero:
E il sale e lo zucchero? L’aggiunta di queste sostanze durante lo svezzamento è sconsigliata. Anche qui, però, senza rigidità. Si può, ad esempio, evitare di mettere il sale durante la preparazione e aggiungerne un pizzico quando il piatto viene servito in tavola. Così come non bloccheremo il bambino che, al ristorante, allunga la mano per assaggiare una pietanza già salata o una torta casereccia fatta dalla nonna con ingredienti sani e pochissimo zucchero. Il buon senso deve prevalere.
Bisogna essere consapevoli che il consumo eccessivo di sale è dannoso a tutte le età, non solo per i bambini e gli zuccheri provocano picchi glicemici; i genitori dovrebbero quindi usare poco sale per la preparazione dei piatti, oltre che per abituare i piccoli a sapori poco salati ed evitare i dolciumi; un trucco per i genitori: le papille gustative si adatteranno in poche settimane al ridotto apporto di sale e in alternativa si possono utilizzare aromi vegetali. Per assaggiare alimenti zuccherati ci sarà tutto il tempo più avanti perché verranno offerti fin troppo spesso al bambino da parenti e conoscenti durante la sua infanzia.
Anche fritti e soffritti possono essere evitati per il momento (del resto, anche per gli adulti questi piatti sono delle eccezioni!). Il piccolo avrà certamente tempo in futuro di assaggiare i cibi cucinati in questo modo. A tal proposito, però, ricordiamo che il soffritto produce sostanze poco salubri solo se l’olio arriva a friggere (per intenderci, quando schizza non appena viene aggiunta una goccia d’acqua nella padella). Se però l’olio è mescolato con altri liquidi, come l’acqua, non raggiunge mai la frittura, ma semplicemente si riscalda. Ciò avviene anche quando il soffritto è preparato con molte verdure, che durante la cottura rilasciano liquidi.
E il latte vaccino? È vero che non si può dare in svezzamento? Questo alimento è sconsigliato prima dei 12 mesi di vita. Ricordiamo infatti che non si tratta, come molti erroneamente pensano, di latte in formula, reso abbastanza simile al latte umano nella sua composizione.
Quindi, ricapitolando, salvo qualche eccezione, possiamo dare al bambino un po’ di tutto? Risposta: tutto ciò che è sano anche per noi adulti. I cibi processati (ossia molto lavorati e conservati in busta per molto tempo) , ad esempio, non sono sani nemmeno per noi, quindi non vanno certo offerti ai bambini.
Nella scelta tra quelli integrali e raffinati bisogna fare una distinzione: un’alimentazione molto ricca di vegetali (come quella vegetariana) potrebbe portare a un eccesso di fibre nella dieta di un lattante, ecco perché in questo caso è bene evitare gli alimenti integrali, prediligendo cereali raffinati e legumi decorticati. Ciò è vero in particolar modo nel primo anno di vita.
Nel secondo anno si possono offrire anche i cereali integrali. La scelta dipende anche dalle capacità masticatorie di vostro figlio. Bisognerebbe, in ogni caso, avere l’accortezza di offrire cibi che il bambino possa spappolare tra le gengive o con l’ausilio della forchetta, ecco perché risultano più comodi i cereali raffinati e i legumi decorticati o passati.
Tra gli alimenti proteici, l’invito della comunità scientifica è quello di prediligere i legumi – da presentare in tavola almeno quattro volte a settimana – sia perché privi di colesterolo e grassi saturi, sia per la loro sostenibilità. Qualsiasi tipo di legume è bene accetto, purché il bimbo riesca a masticarlo facilmente (all’inizio i più comodi sono i decorticati).
La carne, invece, dovrebbe essere offerta massimo tre volte a settimana, qualunque tipo va bene.
Anche il pesce andrebbe presentato di più rispetto alla carne, fino a quattro volte a settimana. Si raccomanda di optare per i pesci di grossa taglia solo sporadicamente, per via del loro accumulo di interferenti endocrini dovuti all’inquinamento.
I formaggi, tanto amati negli schemi del passato, vengono invece consigliati un paio di volte a settimana (compresa la famosa “spolverata di parmigiano”, dato il suo contenuto di sale).
Le uova, infine, si possono offrire intere, senza dividerle in parti si possono offrire una o due volte a settimana.
Si possono offrire in tutte le loro varianti: cotte in padella o al vapore, crude….
In passato, spinaci e bietole venivano sconsigliate per il rischio di una malattia rara, la metemoglobinemia, dovuta a intossicazione alimentare di nitrati. Questa malattia si verificava spesso nella società rurale, dove i contadini più poveri offrivano ai loro bambini spinaci e bietole non ben conservati e colti da diverse settimane o anche mesi. Oggi è molto improbabile che si verifichi questa situazione, poiché la conservazione degli alimenti è estremamente migliorata. Dunque, anche in questo caso, nessun divieto assoluto, solo l’accortezza di offrire verdure di stagione e di zona, ben conservate e, nei primi mesi, in piccole quantità.
Stesso discorso vale per la frutta
Un’alimentazione bilanciata in svezzamento è quella che rispetta la piramide alimentare della Società Italiana di Pediatria. [1]
Accanto al latte materno o formulato il bimbo farà assaggi dal proprio piatto o da quello del genitore, potendo scegliere tra gli alimenti sani di cui abbiamo parlato nel paragrafo precedente, ovvero frutta e/o verdura, cereali più volte al giorno, alimenti proteici secondo le quantità indicate, latticini (come lo yogurt) in piccole quantità una o due volte al giorno, frutta a guscio in formato sicuro una volta al giorno, olii di ottima qualità come quello extravergine di oliva per condire. L’assaggio di dolciumi e snack va rimandato a quando il bambino sarà più grande e comincerà ad avere una vita sociale.
Vediamo adesso alcuni consigli per pranzi e cene in svezzamento.
Pediatra, nutrizionista infantile ed esperta di benessere digitale. Svolge l’attività di pediatra di famiglia a Senigallia. Realizza quotidianamente divulgazione scientifica sui corretti stili di vita infantile attraverso i social e i suoi corsi per genitori e professionisti, nonché per bambini nelle scuole. È autrice di diversi libri sull'alimentazione infantile.