Oggi, a differenza di quanto avveniva fino a pochi decenni fa (la pillola anticoncezionale è diventata legale in Italia nel 1971!), diventare mamma è quasi sempre una scelta. E come ogni scelta è preceduta da riflessioni, valutazioni, confronti tra vantaggi e svantaggi di qualcosa che avverrà, se avverrà, nel futuro. È così che prendiamo tutte le decisioni: con un “viaggio” nel futuro che comprende, inevitabilmente, l’incertezza.
La decisione di diventare mamma mette in scena il futuro più imprevedibile in assoluto. Un futuro in cui è coinvolto il corpo della donna, che non sarà più quello che è nel momento in cui la maternità è solo un progetto: cambierà, sarà attraversato da sensazioni ignote, sperimenterà la condivisione intima e profonda di una vita dentro di sé, affronterà l’impegno del parto, e poi il contatto con il neonato, con la sua fragilità e la sua totale dipendenza dalle cure della mamma. Tutto ciò può produrre emozioni in passato sconosciute, o comunque mai provate con quella stessa intensità, comprese la paura e l’ansia di diventare mamma.
Cosa si prova a diventare mamma? Una delle emozioni è certamente l’ansia, o comunque quello stato di preoccupazione che uno psicoanalista, Donald Winnicott, ha definito «preoccupazione materna primaria»: l’attenzione acuita, fino a diventare quasi sofferenza, ai segnali del proprio corpo e a quelli del suo “contenuto”, attenzione che si sposterà poi, dopo il parto, sui segnali inviati dal piccolo, e che ha una sua funzione: attivare la relazione di accudimento, indispensabile alla sopravvivenza del bambino.
Questo per dire che i dubbi, le insicurezze, le paure delle future mamme hanno un senso, e liquidarle in modo sbrigativo («Sono solo ansie eccessive…») è semplicistico e poco utile.
Certo, ci sono anche delle future mamme meno ansiose, o comunque non del tutto ansiose, ma anche per loro c’è, bell’e pronta, una connotazione negativa: incoscienti, superficiali, disattente…
Proviamo invece a vedere in che modo evitare che l’ansia comprometta la qualità della vita della futura mamma e della sua famiglia. Ad esempio, informarsi di più può aiutare nell’affrontare ansie e paure del diventare mamma?
La parola infodemia è entrata nel linguaggio comune nel periodo della pandemia di Covid-19. Indica la diffusione di una quantità eccessiva di informazioni, non sempre attendibili, che rendono difficile orientarsi su un determinato argomento. Il tentativo di ridurre l’ansia cercando informazioni attraverso tutti i canali che oggi sono disponibili può portare ad accumularne troppe, e a non riuscire più a distinguere quelle che si possono considerare affidabili.
Le lettrici e i lettori di questo articolo hanno scelto questa fonte di informazione – Uppa – per motivi diversi, ma sicuramente uno è la trasparenza: le informazioni provengono da persone riconoscibili, che le firmano e la cui competenza professionale è facilmente verificabile. Ma ci sono altri canali di informazione che non hanno queste caratteristiche, e diffondono indicazioni, consigli, pareri su temi delicati come questo.
Quando i comportamenti da tenere sono così importanti non solo per la salute del bambino ma anche per il benessere emotivo della mamma, è importante difendersi dalla tentazione di vagare fra blog, gruppi social, influencer… Qualche linea di orientamento?
Un altro elemento di ansia nato in tempi recenti è la convinzione che sia possibile ridurre l’incertezza, e soprattutto i rischi futuri, con un intervento massiccio della medicina: esami e controlli, accertamenti sempre più approfonditi al minimo sospetto rilevato dagli esami. È un circolo vizioso, più esami si fanno più aumenta la probabilità che emerga qualcosa che è un po’ fuori dai parametri normali, e allora meglio approfondire, meglio fare altri esami… Non sto dicendo di passare all’estremo opposto, al “lasciamo fare alla natura”. Ma una maggiore fiducia nella normalità dell’evento gravidanza, nella capacità meravigliosa del corpo femminile di svolgere quel compito al meglio, andrebbe recuperata.
Il consiglio, anche in questo caso, è rivolgersi a un/una professionista capace di limitare controlli, esami, accertamenti allo stretto indispensabile, di condividere con voi la decisione su cosa e quanto fare, e anche di accogliere le vostre ansie, le vostre preoccupazioni senza ridicolizzarle, ma anche senza cercare di ridurle con accertamenti ed esami che finirebbero per non bastare mai.
La maternità è un’esperienza che si completa e si arricchisce nella relazione di coppia. La partecipazione del compagno o della compagna della futura mamma al percorso nascita è indispensabile per fronteggiare le inevitabili ansie della donna, ma anche per costruire fin da subito la relazione con la “diade” mamma-bambino, che perdurerà, in quanto diade, ancora per qualche tempo dopo la nascita.
Se parliamo dei papà, quella partecipazione, oggi assai più abituale di un tempo, va incoraggiata e valorizzata. Esiste la tentazione di creare una “bolla” tutta al femminile (future nonne, sorelle, amiche), in cui circolano esperienze e consigli, ricordi e raccomandazioni di “chi sa” di cosa parla. Ma lo sguardo dei papà, che è stato definito “sguardo laterale”, al fianco della mamma, anche se non può vivere pienamente la sua stessa esperienza, si rivela di grande importanza in tutta l’esperienza di maternità della donna, ed è la premessa per una genitorialità attiva e condivisa.
Coltivare la qualità della relazione di coppia significa anche condividere con il proprio compagno o la propria compagna ansie, dubbi e momenti di crisi. Forse è la prima volta che succede, forse fino a quel momento si sono condivisi soprattutto entusiasmi e progetti, felicità e passione. La genitorialità è un momento di svolta, che fa maturare la relazione di coppia se si permette al proprio partner di imparare a stare accanto alla futura mamma quando è preoccupata, spaventata, piena di incertezze. Anche se prova le stesse incertezze, le stesse preoccupazioni.
Succederà ancora, in tutta la vita da genitori, di esserlo. Meglio imparare subito a parlarsi, a condividere, a trovare il modo per sostenersi a vicenda. Il viaggio è cominciato, ed è un viaggio che si fa in due, insieme al bimbo che sta arrivando a bordo. Un po’ di ansia è comprensibile.
E la mamma single, per scelta o per situazione di vita? Il consiglio è di scegliere la vicinanza di persone solidamente fidate. Non troppe. C’è il rischio di essere travolte da offerte di aiuto, consigli, indicazioni a fin di bene, che possono disorientare in quel momento così intimo, così personale che è la maternità.
Insomma, il tempo della maternità deve essere un tempo di relazioni calde e calme. Una sorta di incubatrice emotiva che accoglie anche l’ansia, senza negarla.
psicologa, psicoterapeuta della famiglia e docente di counselling alla Scuola di specializzazione in Pediatria dell’Università di Torino, ha elaborato il metodo del counselling sistemico narrativo, che utilizza nella formazione dei professionisti e negli interventi per lo sviluppo delle competenze genitoriali. Ha fondato la scuola di comunicazione e counselling CHANGE di Torino.