L’articolo 3 della nostra Costituzione recita: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua [Art. 6], di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». E poi continua: «È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese«». L’articolo 6, al quale si rimanda, è in realtà molto scarno. Dice solo che «la Repubblica tutela con apposite norme le minoranze linguistiche». Mancano altre indicazioni perché, a differenza di quanto succede in altri Paesi, la nostra Costituzione non contiene uno specifico riferimento all’italiano come lingua ufficiale dell’Italia. Poiché questa assenza fa sì che sia più difficile proporre delle politiche linguistiche definite a livello nazionale, il linguista Tullio De Mauro, nella tesi numero 4 contenuta all’interno del testo Dieci tesi per l’educazione linguistica democratica, si sofferma specificamente sul ruolo della pedagogia linguistica dal punto di vista del rafforzamento della democrazia.
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