Autismo, spettro autistico… Sono termini che ormai sentiamo pronunciare spesso e che appartengono al campo delle neuroscienze, utilizzati per descrivere un disturbo di cui si è cominciato a parlare in epoche relativamente recenti. È infatti nel 1943 che compare per la prima volta la parola “autismo”, a contendersi la paternità furono il pediatra tedesco americano Leo Kanner e il pediatra austriaco Hans Asperger (da cui prese il nome l’omonima sindrome). Ma esattamente, cos’è l’autismo? In questo articolo cercheremo di capirne le caratteristiche, come avviene la diagnosi, quali sono i trattamenti e le terapie di supporto, oltre a comprendere le possibili cause o le condizioni predisponenti.
Cos’è l’autismo? Si tratta di una condizione del neurosviluppo riconoscibile in un soggetto per le modalità peculiari di percepire e pensare, principalmente riguardo le competenze socio-comunicative, comportamentali e sensoriali. Si manifesta sin dai primi anni di vita, con sintomi che possono includere difficoltà nella comunicazione sociale, comportamenti ripetitivi e interessi assorbenti e talvolta ristretti; tali caratteristiche sono spesso differenti per entità e modo in cui si manifestano e possono variare notevolmente nel tempo. È per questo che negli anni si è giunti a una più accurata definizione dell’autismo, ovvero quella di “spettro autistico”.
La parola “spettro” sottolinea l’eterogeneità di questo disturbo: tutte le persone con autismo condividono certe caratteristiche o difficoltà, ma il modo e l’intensità variano enormemente da soggetto a soggetto, così come le caratteristiche del disturbo possono variare notevolmente nell’arco della vita, al punto che i più frequenti segni clinici di autismo nei bambini possono cambiare completamente nelle persone adulte.
Quando parliamo di autismo dobbiamo sempre tenere presente che non esistono elementi o pratiche educative che possono provocarne l’insorgenza. È importante sottolineare questo aspetto perché in passato l’attenzione è stata posta spesso su associazioni causali in seguito ampiamente esaminate ed escluse, come ad esempio la possibile relazione tra autismo e vaccinazioni, o tra il disturbo e determinati comportamenti genitoriali, ossia uno stile educativo distaccato e poco affettuoso.
Inoltre, quando si parla di spettro autistico bisogna specificare che non ci si riferisce a una malattia, ma piuttosto a caratteristiche peculiari di funzionamento di un individuo, diverse da quelle tipiche ma non necessariamente sfavorevoli. Come approfondiremo più avanti, possiamo quindi considerare questa condizione come il risultato della complessa interazione tra robusti fattori predisponenti genetici e neurobiologici – ovvero tutto ciò che riguarda la formazione, lo sviluppo, l’organizzazione e il funzionamento neuronale del sistema nervoso centrale – e possibili fattori ambientali.
Le principali caratteristiche dell’autismo riguardano la sfera socio-comunicativa, la sfera comportamentale e quella sensoriale.
La percezione sensoriale, ovvero il modo di percepire il mondo attorno a sé, spesso è differente rispetto ai bambini con sviluppo tipico. Ad esempio, il bambino che rientra nello spettro autistico potrebbe presentare una ipersensibilità ai suoni, ai gusti, agli odori o al tatto. Nello specifico verso:
Al contrario, il bambino potrebbe manifestare comportamenti di ricerca attiva di determinate sensazioni o stimolazioni sensoriali che gli risultano piacevoli, come ad esempio:
Molti bambini o ragazzi che rientrano nello spettro autistico mostrano interessi più o meno insoliti verso i quali prestano un’elevata attenzione e dedicano molto tempo.
Inoltre, i bambini e gli adulti autistici possono presentare spesso comportamenti stereotipati, ovvero ripetitivi. Le stereotipie, o stimming, rappresentano una modalità di auto-stimolazione sia sensoriale che cognitiva, attraverso cui ridurre i livelli di tensione o di noia, aumentare la concentrazione o gestire e regolare le proprie emozioni. Alcuni esempi comuni di stimming includono:
Quelli appena descritti sono comportamenti che, ovviamente, si possono riscontrare in una certa misura in tutte le persone, ma che i bambini e gli adulti autistici ripropongono appunto in modo ripetitivo.
A questi si aggiungono alcuni sintomi di autismo nei bambini, ovvero segnali che i genitori possono cogliere già durante la prima infanzia:
La minore tendenza all’imitazione degli altri, o la capacità di comunicare i propri bisogni attraverso espressioni del volto, gesti o movimenti del corpo sono altri possibili segnali di autismo.
Anche un linguaggio troppo forbito per l’età, la difficoltà nel rispettare i turni di conversazione con tendenza alla prolissità dei discorsi, un’interazione che coinvolga in maniera meno attiva l’interlocutore e la difficoltà a mettersi nei panni di una persona “tipica” rientrano tra le caratteristiche dell’autismo. Come orientarsi allora?
In generale, possiamo affermare che atipicità nelle competenze comunicative o sociali attese per l’età del bambino devono sempre indirizzare genitori e pediatri verso una valutazione neuropsichiatrica. Lo specialista e l’equipe multidisciplinare che prenderà in carico la famiglia, grazie al confronto con le figure parentali di riferimento, saprà interpretare al meglio le atipie comportamentali rilevate e porre la corretta diagnosi.
Come si fa la diagnosi di autismo? La diagnosi di autismo si basa sull’osservazione diretta del comportamento del soggetto, sia spontaneo sia in risposta a stimoli esterni, ed è supportata dai racconti riferiti dalle principali figure di accudimento (nel caso di bambini) o dagli individui stessi (nel caso di adolescenti e adulti). I dati raccolti dall’equipe multidisciplinare, con comprovata esperienza in questo ambito, permetteranno di porre una diagnosi clinica attraverso i criteri diagnostici codificati dai sistemi di classificazione internazionale (ICD e DSM). La diagnosi clinica di autismo potrà essere supportata da test neuropsicologici e indagini strumentali utili a verificare la presenza di altre condizioni del neurosviluppo.
È bene ricordare che non esistono, ad oggi, test genetici diagnostici né esami di laboratorio che possano confermare o meno la diagnosi di autismo. Esistono delle indagini strumentali, e non, che permettono di escludere la presenza di patologie mediche concomitanti.
Una diagnosi precoce è importante per poter costruire con la famiglia un percorso di consapevolezza, e permetterà al bambino, adolescente o adulto autistico di comprendere meglio sé stesso, le proprie capacità e il proprio modo di interagire col mondo.
Al contrario, la mancata diagnosi ha spesso un impatto negativo sulla salute del soggetto. La mancata presa in carico tempestiva, infatti, comporta un aumentato rischio di complicanze psichiatriche, specie in età scolare/adolescenziale. Infine, delineare il profilo neuropsicologico, vale a dire identificare i punti di debolezza ma anche i punti di forza di un individuo, può portare a un intervento mirato sulle difficoltà vissute dai bambini o ragazzi autistici e al potenziamento delle competenze di base.
Prima di approfondire quali sono le possibili terapie per l’autismo e gli interventi di supporto, occorre chiedersi, per ogni caso specifico, quali sono le reali difficoltà che impediscono a quel determinato soggetto di esprimere al meglio il proprio potenziale, raggiungere livelli di autonomia e la possibilità di partecipare alla vita sociale e comunitaria. I criteri diagnostici, infatti, suggeriscono di esaminare attentamente ogni singolo caso a sé, insieme al soggetto interessato e alla famiglia di riferimento, al fine di individuare il livello di supporto necessario, ovvero quanto il bambino/ragazzo/adulto autistico in questione abbia necessità di essere aiutato o assistito durante le attività quotidiane, tenendo conto anche del suo contesto di vita.
Ogni persona autistica, sebbene condivida con le altre alcune caratteristiche simili, ha necessità differenti, dettate sia dalle sue caratteristiche innate e delle competenze acquisite, sia dalla possibile presenza di altre condizioni o disturbi del neurosviluppo. Ad esempio, alcuni soggetti autistici sviluppano competenze linguistiche avanzate (un ampio vocabolario, ottime abilità nella lettura) ma allo stesso tempo possono avere difficoltà nell’uso del linguaggio nella sua funzione sociale e relazionale. O ancora, alcuni presentano eccellenti abilità nella coordinazione occhio-mano, con particolari capacità nel disegno, ma manifestano difficoltà nella coordinazione globale e nei movimenti complessi che riguardano tutto il corpo. Questa disomogeneità ci aiuta a evitare l’errore di considerare l’autismo come una specie di “etichetta diagnostica” in grado di definire completamente ogni persona che rientra nello spettro, e ancor più ci aiuta a non pensare che tutte le persone che presentano la stessa diagnosi siano uguali.
Alla luce di quanto esposto sinora, possiamo affermare che l’autismo rappresenta una delle molte neurodiversità che caratterizzano il genere umano. L’obiettivo dell’intervento terapeutico non sarà dunque la “normalizzazione” del profilo neuropsicologico, ma piuttosto l’acquisizione da parte dell’individuo di strategie efficaci per gestire e fronteggiare situazioni problematiche. Un altro importante campo di intervento è la progettazione di spazi, ritmi, servizi e realtà urbane più accessibili e vivibili per qualsiasi persona autistica o, meglio, per qualsiasi persona, sia essa tipica o neurodivergente, al fine di consentire a ciascuno di esprimersi al meglio delle proprie possibilità.