Un film molto poetico e molto speciale. Francese, e questo già dice abbastanza, disegnato benissimo, in uno stile un po’ antico; è tutto “antico”, piace molto ai ragazzi, piace un po’ meno ai piccoli, ai grandi può dare una malinconia struggente. Usare con cautela.
È una storia eroica e inutile, come la vita dell’uomo. Un programma televisivo anni ’50, guardato da una nonna zoppa, da un bambino orfano troppo obbediente e da un cane comperato per far compagnia al bambino.
Il cane abbaia ai treni (il trenino giocattolo girando in tondo gli era passato una volta sulla coda, e il treno vero passa ogni ora davanti alla finestra del secondo piano). Il bambino va in triciclo, sempre in tondo, nel cortile, e quando diventa grande fa il ciclista di professione, obbediente e malinconico, allenato dalla nonna, sempre eguale a se stessa, amorosamente ottusa e romantica; durante il Tour de France, assieme ad altri brocchi sfiatati viene rapito dalla mafia francese e portato in America (a Belleville, che sarebbe poi New York) per fare da schiavo in un gioco mortale a scommesse.
Mentre il tono del racconto e la qualità del disegno si fanno sempre più surreali, magici, teatrali, imprevedibili, grotteschi, la nonna traversa l’Atlantico inseguendo in pedalò la nave dei rapitori, incontra le tre protagoniste, invecchiate e bizzarre, della televisione anni ’50, col loro aiuto libera avventurosamente il nipote dalla tragica schiavitù e lo riporta a casa; a guardare, vecchio, obbediente e sempre malinconico, i programmi televisivi anni 2000.
La trama, circolare e disperata, non dovrebbe essere mai raccontata in anticipo, così come ho appena fatto; ma in questo caso la storia non è niente (!!!), e il modo con cui è raccontata è tutto. Indimenticabile.
Appuntamento a Belleville, Francia/Belgio/Canada 2003, animazione 78’, regia di Sylvain Chomet.