La comunicazione della nostra intenzione di separarci va fatta, per quanto possibile, insieme, usando parole semplici, adeguate all’età dei figli, quando ci sentiremo sicuri della nostra decisione e pronti a parlarne con sufficiente serenità e senza menzogne. È con questa comunicazione che iniziamo a rassicurare nel concreto i figli del fatto che con la separazione non stanno perdendo i genitori. Sta comunque ai fatti, non alle parole, dar loro la certezza.
Diamo la possibilità ai figli di esprimere la loro sofferenza e aiutiamoli più con i fatti che con le parole. Dimostriamoci disponibili a parlare con loro ogni volta che lo richiederanno. Se parlano poco o non fanno domande o non reagiscono, non illudiamoci che chi tace acconsente. Prepariamoci dunque a rispondere ai loro eventuali perché in ogni momento e non sentiamoci sollevati se i figli non ci hanno posto domande.
Non umiliamo i figli ignorando o non tenendo nella dovuta considerazione le loro ragioni, come se la giovane età impedisse loro di essere nel giusto. E anche se nel giusto non fossero, abituiamoli alla libertà di pensiero e di parola, sia pure nel rispetto delle dovute forme (che anche noi dovremo usare nei loro confronti).
Manteniamo sempre la nostra comune responsabilità genitoriale a partire dal momento della decisione di separarci, nella comunicazione con i figli, le nostre famiglie d’origine e chiunque altro. Non perdiamoci di vista dietro le carte bollate e non lasciamo che altri prendano decisioni che spettano a noi due, insieme. Se siamo certi di non star mentendo, facciamo in modo che i nostri figli sappiano che ogni sforzo è stato fatto per tenere in piedi la nostra unione. Sottolineiamo che la separazione è interamente frutto della nostra decisione e che loro non ne hanno alcuna responsabilità.
Non inibiamo nei figli i ricordi positivi del loro passato con l’uno, l’altro o entrambi i genitori. Accettiamo che riemergano anche i loro ricordi negativi aiutandoli a collocarli in una storia in evoluzione e a individuare prospettive di cambiamento e di miglioramento.
Non usiamo i figli come giudici o arbitri dei nostri comportamenti sollecitando da loro un’opinione su chi di noi abbia ragione o torto. Non screditiamo né denigriamo l’altro genitore agli occhi dei figli anche, e soprattutto, se assente.
Non impediamo loro di comunicare con il genitore non affidatario, anche segnalando più o meno apertamente la nostra disapprovazione quando i figli cercano di farlo. Non svalutiamo sistematicamente le idee e la pratica educativa dell’altro genitore. Teniamo a mente che non è sempre vero che il passato determina meccanicamente il futuro e che dunque l’altro genitore “non cambierà mai”.
Bambini e ragazzi non amano sentir denigrare un genitore, tanto più quando a farlo è l’altro genitore. Apprezzano, invece, il comportamento franco e leale degli adulti perché, anche se mostra una differenza di opinioni, è molto più rassicurante di una critica fatta dietro le spalle.
Non cerchiamo l’alleanza o la complicità dei figli contro l’altro genitore, né istighiamoli contro di lui o lei atteggiandoci a vittime. Non fingiamo di accettare le decisioni dell’altro genitore mentre in realtà le boicottiamo. Non critichiamo per partito preso né ridicolizziamo i risultati delle decisioni e delle azioni dell’altro genitore.
Ogni volta che esistono ragioni valide è meglio che padre e madre si parlino direttamente senza usare in alcun modo i figli per trasmettersi messaggi ostili in forma indiretta. Non sballottiamo i figli come pacchi postali né parcheggiamoli davanti alla porta di casa o presso vicini e parenti per evitare di incontrare il genitore che li prenderà in consegna.
Il momento del passaggio delle consegne da un genitore all’altro è tra i più delicati della vicenda della separazione e per i figli è una cartina di tornasole per capire se possono contare sulla collaborazione di padre e madre o se invece hanno due genitori in lotta tra loro.
Non è la differenza di opinioni tra noi che può danneggiare i figli. Le differenze sono fonte di fertilità, al contrario delle fittizie unanimità o delle volontà imposte con la violenza o con l’inganno. Bambini e ragazzi osservano come noi riusciamo a convivere con le nostre diversità, e imparano. Se, evitando compromessi ingiusti, saremo riusciti a non trasformare i conflitti in guerre, avremo dato ai nostri figli un buon esempio.
Evitiamo dunque manifestazioni di esasperata aggressività, soprattutto in presenza dei figli. Questo non è un invito all’ipocrisia, ma piuttosto al rispetto dei limiti di sopportazione e di comprensione consentiti dall’età dei bambini e dei ragazzi. Evitiamo inoltre di usare i figli come ostaggi, messaggeri, spie o testimoni contro un genitore. Non sottoponiamoli a interrogatori su ciò che ha fatto l’altro genitore. Non minacciamo apertamente o implicitamente ritorsioni se non si schiereranno dalla nostra parte.
Impediamo che, salvo casi di eccezionale gravità e comunque in condizioni di massima protezione del loro equilibrio psicologico, i figli siano portati in tribunale a testimoniare contro un genitore.
Non utilizziamoli per dire ciò che noi non vogliamo o possiamo dire all’altro genitore. Asteniamoci da ogni ricatto affettivo. Il periodo trascorso con i genitori dovrebbe essere ricordato come uno dei rarissimi esempi di affetto gratuito incontrati nella vita.
Non prendiamo decisioni importanti di interesse comune senza consultarci e, se possibile, accordarci con l’altro genitore. Entrambi i genitori devono sempre reciprocamente informarsi in tempo utile, e non essere informati da altri, circa le questioni che più interessano la crescita dei figli: salute, scuola, tempo libero, relazioni significative, cambiamenti importanti nella vita degli stessi genitori (lavoro, residenza, abitudini, nuovi partner).
È inopportuno presentare ai figli eventuali nostri nuovi partner senza aver prima concordato tra noi le modalità e i tempi più adatti ai bambini e ai ragazzi. Non presentiamoli come futuri genitori. Non mettiamo in competizione genitori e nuovi partner ma adoperiamoci perché stabiliscano buoni e affettuosi rapporti con i nostri figli.
Festeggiamo insieme, ogni volta che è possibile, compleanni e feste e cerchiamo di essere presenti agli eventi importanti che vedono i figli in qualche modo protagonisti. Andiamo insieme a parlare con gli insegnanti, con i medici, con gli allenatori sportivi e con tutte le figure significative nella vita dei figli.
Essere affettuosi non implica l’incapacità di dire «no» se la situazione lo esige.
Non risarciamo i figli con comportamenti controproducenti (regali, concessioni, eccessiva indulgenza). Evitiamo di diventare “genitori della domenica” concedendo ai figli ciò che in altre condizioni non concederemmo.
Manteniamo la disciplina e le abitudini della nostra cultura. Non usiamo i figli come confidenti per sfogare su di loro le nostre ansie, tensioni e sofferenze. Non lasciamo che siano i figli a prendere da soli decisioni che spetterebbero a noi genitori. Manteniamo le promesse.