Quale bambino prima o poi non ha passato una o più notti nel lettone con i suoi genitori? Se potessero scegliere, quasi tutti i piccoli lo farebbero. Co-sleeping è proprio il termine col quale viene definito, nella comunità scientifica, il dormire insieme, pratica che viene svolta utilizzando un unico letto – quello dei genitori – oppure aggiungendo la cosiddetta “culla co-sleeping”, ovvero una culletta attaccata al letto che permette di praticare il co-sleeping sicuro.
Ma quindi cos’è il co-sleeping di cui tanto si sente parlare? Si tratta di una semplicissima abitudine che ci accomuna ai primati non umani, le scimmie, geneticamente molto vicine a noi e che prevede di dormire insieme al bambino. Il co-sleeping è una consuetudine molto diffusa presso tutti popoli del mondo, mentre nella società occidentale è caduta in disuso solo da qualche decennio. Potremmo dunque affermare che, per i nostri cuccioli, il fatto di dormire da soli è una novità. Ma il co-sleeping porta dei benefici? È una novità utile o non viene più praticato per questioni di sicurezza?
Il cucciolo di essere umano nasce immaturo; devono trascorrere molti anni prima che divenga adulto, e in tutto il suo sviluppo, soprattutto quando è più piccolo, è estremamente vulnerabile ai pericoli ambientali (predatori, freddo, fame…). Quello di tenersi vicini alla propria madre è dunque da sempre, per i piccoli, un istinto di sopravvivenza.
Il co-sleeping rientra nel “Sistema comportamentale dell’attaccamento”, strategia di cui ciascun bambino, fin dalla nascita, si serve per tutelare la propria sopravvivenza e che possiamo suddividere per punti:
Quando il bambino si accorge che la madre è assente o distante prova una sensazione di ansia che può farlo piangere. Non tollera facilmente di essere separato da lei, e se fino a poco tempo prima andava tranquillamente in braccio a chiunque, ora piange non appena un estraneo prova a tirarlo su. È un periodo in cui anche i bambini che dormivano molte ore consecutivamente iniziano a svegliarsi e a richiamare la madre col pianto cercando di ricongiungersi a lei.
Anche di giorno, mentre gioca, il bambino non supera una certa distanza da sua madre e ne controlla di tanto in tanto la vicinanza con lo sguardo, cerca di avvicinarsi a lei se si è troppo allontanato. La madre fa altrettanto con un comportamento complementare e reciproco, che si manifesta intensamente fino alla fine del terzo anno ma che rimane attivo per tutta l’età dello sviluppo e poi per tutta la vita, in forme sempre più blande.
Ovviamente, poiché questo comportamento nasce e si struttura per la difesa del piccolo dai pericoli ambientali, verrà espresso dalla mamma soprattutto in determinate circostanze: se il bambino è malato o distante da lei, se si trova in un ambiente sconosciuto o con estranei, se c’è un rumore forte o c’è buio… È dunque facile intuire perché, nel momento in cui si sveglia di notte, al buio, nella propria culla, il piccolo avverte l’ansia della separazione e cerca di ricongiungersi alla madre.
Ma come mai a un certo punto i bambini – chi prima chi dopo – diventano capaci di tollerare la separazione, di calmarsi anche senza un contatto fisico e, infine, di dormire da soli senza ansie?
Ogni madre risponde a modo proprio alle richieste di vicinanza e di rassicurazione del figlio (anche in base al proprio carattere e al ricordo delle cure e dell’accudimento da lei stessa ricevuti quando era piccola). La maggior parte delle donne lo fa in maniera costante, coerente e sensibile. Così, nel tempo, il bambino arriva a comprendere che la mamma, anche se non c’è, è pronta ad accorrere, e che il suo modo di richiamarla è assolutamente efficace e gli sarà utile ogni volta che avrà bisogno di lei.
Ma cosa c’entra il co-sleeping con tutto ciò? Paradossalmente, più al bambino piccolo verrà data la possibilità di dormire accanto alla madre nel lettone, più sarà capace in seguito di stare da solo. «Ma è meglio aggiungere una culletta attaccata al letto? Il co-sleeping non è più sicuro con un’estensione del letto?». La decisione spetta ai genitori. Culletta co-sleeping o meno, quel che è più importante sapere è che più verrà accolto il desiderio di dipendenza del bambino fin da piccolo, più facilmente il bambino diventerà, in seguito, autonomo.
Trascurare sistematicamente le richieste di vicinanza del bambino o rispondere in maniera incostante rallenta o ostacola questo processo di formazione della sicurezza interiore. Pertanto, ogni madre dovrebbe dare al proprio bambino la possibilità di chiederle di starle accanto di notte – soprattutto se il piccolo ha paura, o è malato, o è ansioso per un motivo qualsiasi – e che un co-sleeping “a richiesta” è probabilmente la strategia più giusta.
Il co-sleeping è sicuro per la crescita del bambino? Gli studi di epidemiologia mostrano che a 9 mesi l’84% dei bambini si sveglia almeno una volta, con un picco di risvegli a 2 anni, e che fino ai 3 anni (soprattutto verso i 18 mesi) molti dormono nel lettone con i genitori per tutta la notte o per una parte della notte, abitudine che diminuisce nel tempo, al punto che tra i 5 e i 10 anni praticamente tutti imparano a dormire tranquillamente da soli.
medico pediatra dell’ISDE (Associazione Medici per l’Ambiente), presidente della Commissione Ambiente dell’Ordine dei Medici di Taranto e responsabile dell’Associazione Culturale Pediatri di Puglia e Basilicata per le malattie dei bambini legate all’inquinamento.