Molti processi degenerativi delle cellule del corpo umano – come l’invecchiamento, l’arteriosclerosi (cioè l’indurimento delle arterie, che porta a infarti e ictus), lo sviluppo di cellule cancerose – avvengono attraverso un meccanismo chimico di ossidazione di alcune strutture della cellula. L’ossidazione delle lipoproteine, cioè delle molecole destinate a trasportare i grassi fuori dal sangue, è una delle cause principali dell’arteriosclerosi; quindi, ridurre questo processo può arrestare il progresso dell’indurimento delle arterie e prevenire infarti e ictus, che sono la prima causa di morte nella nostra società.
Nel plasma umano, licopene e carotene sono sostanze destinate a proteggere le cellule contro i pericolosi processi di ossidazione. Il licopene è quello che ha la maggiore attività: è contenuto nei pomodori e protegge, in misura doppia rispetto al carotene, i linfociti umani (cellule contenute nel sangue che fanno parte del sistema immunitario), quando questi vengono a contatto con alcune sostanze (radicali da protossido d’azoto, ad esempio) che sono potenti ossidanti.
Il licopene dei pomodori si mantiene attivo anche dopo la cottura e dopo la produzione di estratti e conserve. Gli estratti in olio di pomodoro (proprio come il sugo per gli spaghetti) hanno anzi un’efficacia anti-ossidante maggiore del licopene isolato, perché hanno la capacità di sommare la loro azione a quella di altre sostanze.
Assumere ogni giorno con il cibo una piccola quantità di licopene (50-100 mg per almeno 30 giorni) protegge le lipoproteine dall’ossidazione, purché l’organismo disponga di quantità normali di vitamina E. L’aggiunta di flavonoidi (sostanze contenute ad esempio nell’olio d’oliva e nel vino rosso) potenzia l’attività anti-ossidante del licopene. 100 g di pomodoro contengono una buona quantità di licopene e di vitamina E.
Ma quanto pomodoro ci vuole perché abbia un effetto protettivo? Una porzione normale di insalata di pomodori o di salsa di pomodoro contiene circa 16 mg di licopene. Se si mangia ogni giorno una porzione normale di pomodoro, il licopene si accumula nell’organismo, proteggendolo anche durante i giorni in cui non si mangiano pomodori (a patto di non farne a meno per troppe settimane!).
Cercare di prevenire l’ossidazione fin da piccoli è utile per diverse ragioni.
In primo luogo il processo di accumulo nelle cellule dei composti chimici che portano all’ossidazione e all’invecchiamento cellulare comincia fin dalla nascita (senza contare che alcuni tipi di cellule – quelle muscolari ad esempio – non si rinnovano nel corso dell’esistenza). In secondo luogo la grande maggioranza dei cancerogeni (cioè delle sostanze che possono causare la formazione di tumori) si accumulano in giovane età: l’adulto porta con sé il bagaglio di questa esposizione. Infine le abitudini alimentari che si acquisiscono nell’infanzia, e si consolidano durante l’adolescenza, tendono a rimanere permanenti nella vita adulta: se avete mangiato pane e pomodoro da bambini, mangerete con piacere il pomodoro da adulti.
Il pomodoro, sotto forma di salsa, può essere aggiunto alle prime pappine, già dall’età di 6-7 mesi. La possibilità di reazioni allergiche quasi non esiste, ed è comunque un fenomeno transitorio. Il piccolo divezzo, di 7-12 mesi, ama mangiare saporito e… colorato! Le polpette e le prime carni possono bene essere cotte in salsa di pomodoro (a Napoli si dice “carne alla pizzaiola”), con un pizzico di origano. E non condanniamo il ketchup, per favore! Meglio le patatine fritte con ketchup che patatine fritte da sole (magari preparate in un pessimo olio industriale di palma).
Come variare una dieta “al pomodoro”? Preparando: pasta al pomodoro; pane, olio e pomodoro; bruschette al pomodoro; uova affogate in salsa di pomodoro; risotto al pomodoro; carne alla pizzaiola; polpette al ragù; pollo alla diavola in salsa di pomodoro; pesce “all’acqua pazza”, cioè con i pomodorini; mozzarella e provola filante in salsa di pomodoro. Al posto delle merendine perché non preparare delle merende al pomodoro? Un bel panino pomodoro e tonno; succo di pomodoro; pomodorini da mangiare interi. Attenzione però: il pomodoro deve essere ben rosso e maturo, altrimenti non contiene licopene, che è proprio il pigmento che dona il bel colore rosso!
Insomma: salute e piacere. Una volta tanto!
Primo esperimento: licopene e ossidazione
Sono state messe a contatto lipoproteine umane con forti ossidanti, di natura chimica, biochimica e biologica. È stato poi aggiunto alle miscele licopene o carotene, ed è stata misurata la quantità di lipoproteine ossidate. Il licopene si è rivelato il fattore protettivo contro l’ossidazione più efficace.
Secondo esperimento: licopene e leucemie
Il licopene inibisce la crescita e la proliferazione di cellule di tumore del seno, tumore del polmone e tumore dell’utero. Si è dunque sperato che il licopene potesse anche impedire la crescita delle cellule leucemiche. Sono stati quindi aggiunti a vari flaconi di coltura di cellule della leucemia promielocitica dosi crescenti di licopene.
Il licopene ha arrestato la crescita delle cellule leucemiche e ne ha limitato la progressione maligna. Inoltre il licopene aiuta le cellule sane a differenziarsi e a maturare.
Terzo esperimento: licopene e cancro alla prostata
A Chicago è stata misurata la quantità di licopene e altri carotenoidi nel sangue di 578 uomini con cancro della prostata, e i dati sono stati confrontati con quelli ricavati dall’analisi di 1.294 individui sani. Mentre gli altri carotenoidi erano ugualmente presenti negli individui ammalati e in quelli senza cancro, il licopene era molto basso nei pazienti con cancro alla prostata. Più grave era il cancro, più basso era il livello di licopene nel sangue; cioè, si ammalano più facilmente e più gravemente gli individui che non assumono sufficienti quantità di licopene. Si è concluso che la somministrazione giornaliera di estratti di pomodoro (ricchi in licopene) riduce significativamente il rischio di avere un cancro alla prostata.
nato a Napoli nel 1947, è laureato in Medicina e Chirurgia e specializzato in Neurologia e Pediatria. È professore ordinario di Pediatria alla facoltà di Medicina dell’Università di Napoli Federico II, autore di oltre 300 pubblicazioni scientifiche e uno dei massimi esperti di ricerca in genomica e post-genomica della malattia celiaca, ed è impegnato nella ricerca di nuove terapie per malattie croniche e invalidanti del bambino.