Parto in casa: tutto quello che c’è da sapere

Dall’antichità fino agli Anni ‘50 dello scorso secolo il parto è sempre avvenuto comunemente all’interno delle quattro mura domestiche, mentre oggi solo una piccolissima percentuale di donne ricorre a questa opzione. È una scelta sicura? In quali casi si può fare?

Francesca Finiguerra , ostetrica
Madre e bambino dopo parto in casa

Tra i diversi scenari che riguardano l’evento nascita, c’è anche la possibilità di optare per la soluzione del parto in casa. Ma questa scelta è sempre possibile? Al fine di garantire che l’evento nascita avvenga nella massima sicurezza anche tra le quattro mura domestiche, la gravidanza deve rientrare all’interno di alcuni parametri. 

Oltre a spiegare in quali casi si può ricorrere a questa opzione, in questo articolo spiegheremo anche quali sono le caratteristiche del parto in casa, i suoi rischi e le controindicazioni; il tutto per garantire la massima assistenza e il massimo benessere per la mamma e il bambino.

Come funziona il parto in casa?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità afferma che «ogni donna deve avere la possibilità di partorire in un luogo che sente sicuro». E, verrebbe da dire, quale ambiente è più sicuro della propria casa? A partire dai tempi antichi e fino ai recenti Anni ‘50, infatti, la nascita avveniva comunemente tra le quattro mura domestiche, con l’assistenza della levatrice o di altre donne “capaci” di aiutare a partorire le gestanti. In Italia questa pratica è sempre meno diffusa: nel 2020, solo lo 0,12% delle donne ha partorito in casa (dati CeDAP, Certificato di Assistenza al Parto), con una lievissima crescita nel 2021 (0,15%). 

In Italia il parto in casa viene assistito da almeno due ostetriche private ed è a pagamento, anche se in base alla regione è possibile ricevere un rimborso parziale della spesa sostenuta. Sono poche le realtà pubbliche che offrono questo servizio gratuitamente, tra queste, l’ospedale Sant’Anna di Torino e l’AUSL di Reggio Emilia e di Modena.

Ma a cosa serve per il parto in casa e come si organizza? L’idea di effettuare un parto in casa è una scelta puramente soggettiva della futura mamma (o condivisa da entrambi i futuri genitori). Le due ostetriche che offrono questo servizio incontrano la coppia interessata tendenzialmente entro la 32^ settimana di gravidanza e valutano tutte le caratteristiche che sono necessarie per un  parto a domicilio, stilando insieme un percorso di assistenza che prevede la reperibilità h24 delle due specialiste a partire dalla 37^ settimana fino alla 41^+ 6 (definizione di gravidanza a termine), oltre all’assistenza in travaglio e durante il parto e nelle ore e nei giorni immediatamente successive/i alla nascita.

Come detto, in questo percorso le ostetriche valuteranno la presenza delle condizioni necessarie, come ad esempio la distanza tra il proprio domicilio e quello della coppia, la valutazione del benessere materno-fetale e la presenza di vari accessori (garze, lenzuola, asciugamani, l’occorrente per le prime cure della mamma e del neonato…).

Le caratteristiche del parto in casa si basano sullo stato di benessere della diade mamma-bambino e sull’organizzazione della casa in previsione del parto: luci soffuse, musica rilassante e tutto quello che possa aiutare la donna e il suo partner.

Quando è possibile il parto in casa

Le linee guida internazionali, però, descrivono dei fattori di rischio che possono compromettere questa opzione e che possono essere individuati in alcuni casi già nel corso della gestazione (oppure durante il travaglio o lo stesso parto).

Quindi, quando si può partorire in casa? Innanzitutto, per avviare l’assistenza ostetrica a domicilio è necessario essere a termine, ossia nel periodo compreso tra le 37+0 e le 41+6 settimane di gravidanza. Ma il requisito fondamentale è che la gestazione sia fisiologica, ossia priva di patologie o alterazioni che riguardano il feto in utero e/o la sua mamma, come ad esempio:

  • patologie che costituiscono un ostacolo nel parto vaginale (ad esempio il distacco di retina);
  • patologie gravidiche come la preeclampsia o altre cardiopatie a rischio di scompenso;
  • problemi fetali, ovvero difetti di crescita (iposviluppo o macrosomia) o malformazioni che richiedono assistenza specialistica neonatale dopo il parto;

Altre caratteristiche della gravidanza che eliminano questa possibilità sono la gemellarità e le inserzioni anomale della placenta.

Infine, alcune condizioni richiedono una valutazione specialistica, che darà o meno il via libera alla possibilità di scegliere il parto in casa, ovvero i casi di diabete gestazionale o di tampone vagino-rettale positivo per lo streptococco di gruppo B. 

Ma quindi, chi può fare il parto in casa? Tutte le gestanti che non presentano i disturbi sopra descritti, che sono a termine di gravidanza singola e con feto in posizione cefalica.
Le caratteristiche da valutare, invece, durante il travaglio sono:

  • la presenza di liquido amniotico limpido;
  • l’assenza di alterazioni del benessere fetale attraverso la valutazione del battito cardiaco (BCF);
  • l’assenza di rialzi della temperatura corporea materna (>37,5 °C);
  • l’assenza di rialzi pressori materni (pressione arteriosa inferiore a 140/90 mmHg).

Il parto in casa è sicuro?

Generalmente, nei casi di gravidanze a basso rischio, se sussistono le caratteristiche di cui abbiamo parlato in precedenza, il parto in casa è sicuro sia per la donna sia per il suo bambino, ma sarà comunque importante che le ostetriche informino la coppia sul fatto che la scelta di questa opzione non è priva di rischi in senso assoluto.

Per le gestanti che non sono alla prima gravidanza, il rischio associato al parto in casa è simile a quello effettuato nelle unità ostetriche; anzi, il tasso di interventi (taglio cesareo, episiotomia…) è inferiore. Per le donne alla prima esperienza, invece, c’è un piccolo aumento di rischio, soprattutto per il bambino.

«E se le cose non vanno come previsto? Cosa succede se qualcosa va storto?». Nel momento in cui le ostetriche effettuano la diagnosi di travaglio, vengono allertati sia il reparto di ostetricia e di neonatologia o pediatria della struttura ospedaliera di riferimento – quella più vicina, raggiungibile al massimo in 30 minuti – sia la centrale operativa del numero unico per le emergenze. Questo per permettere, in caso di emergenza in travaglio o al parto in casa, di attivare velocemente tutta l’equipe necessaria per l’assistenza.In conclusione, il NICE (National Institute for Health and Care Excellence) raccomanda che la coppia venga informata in modo accurato dai professionisti sanitari in merito a tutte le opzioni, affinché la scelta del luogo per il parto possa essere effettuata con consapevolezza. Ciò vale anche per le gravidanze fisiologiche, quindi anche se i rischi del parto in casa sono simili a quelli del parto effettuato presso l’unità di ostetricia e ginecologia.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 20/01/2016 e aggiornato il 08/02/2024
Immagine in apertura AleMoraes244 / iStock

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