Quando è nato il mio primo figlio il rientro a casa era carico di molte aspettative e anche di qualche incognita: come sarebbe stata la vita a tre? Avrebbe dormito? L’allattamento si sarebbe avviato bene? Sarei stata abbastanza brava da capire le sue esigenze e soddisfare le sue necessità? Ero piena di entusiasmo, piena di amore, e piena di paure, le più varie, rispetto al nuovo ruolo di madre e a tutte le novità che mi aspettavano. Oscillavo tra un senso di profondo incanto e meraviglia e la responsabilità di proteggerlo da tutto e tutti, di accudirlo al meglio, di farlo crescere in serenità e sicurezza. I primi tempi me ne andavo in giro con un quadernino in cui segnavo il numero delle poppate, il numero dei cambi, i tipi di pianto e quanto ci mettevo per consolarlo.
Fare la mamma mi sembrava il lavoro più serio e impegnativo che avessi mai fatto fino a quel momento e volevo farlo al meglio. «Per quegli occhi spalancati su di me questo e altro», pensavo, mentre il caratterino pepato del mio bambino si manifestava con chiarezza, notte insonne dopo notte insonne.
Quando nasce un bambino nasce anche una mamma, si dice: la maternità è un’avventura trasformativa e corale, perché riguarda mamma e bambino, riguarda il partner e quindi la coppia di genitori, riguarda le rispettive famiglie di origine e la cerchia sociale. Insomma “un bambino coinvolge un villaggio”, in cui idealmente ciascuno è chiamato a dare il suo contributo in termini pratici, ma anche relazionali e affettivi.
Il rientro a casa con il piccolo segna l’inizio ufficiale della nuova avventura di una famiglia, che passa da due a tre membri, o da tre a quattro e così via. Ogni nuovo arrivato porta una trasformazione in famiglia e impegna tutti a un adattamento dinamico alla ricerca di nuovi equilibri.
La maternità è una bella sfida, fatta di molteplici perdite di equilibrio e altrettante riconquiste. Ci sono numerosi aspetti pratici da gestire, ci sono nuovi ritmi da imparare, ci sono nuove convivenze da avviare. Bisogna poi tenere in considerazione tutto il lavoro psichico della mamma, ma anche del papà, che è costante e faticoso. È un lavoro che impegna la mente delle madri per molte settimane dopo il parto: quelle settimane rappresentano il periodo di maggiore vulnerabilità emotiva, di cui è importante tenere conto, soprattutto quando le condizioni del “villaggio” non sono ottimali.
In questo momento il villaggio è sospeso, a causa delle normative per contrastare la pandemia di Coronavirus che ha colpito anche il nostro paese; tornare a casa con un nuovo bambino in questi strani giorni richiede qualche accortezza e strategia in più rispetto a prima, per individuare e promuovere comunque un equilibrio salutare per tutti: mamme, papà, neonati e fratellini.
L’essere umano ha una straordinaria capacità di adattamento, anche alle situazioni inedite e mai affrontate in precedenza: ogni volta che qualcosa altera una condizione preesistente, tentiamo di arrivare a un nuovo equilibrio, il più funzionale possibile, nel tempo più breve possibile.
Nella realtà che stiamo vivendo, lo sforzo maggiore che siamo chiamati a fare è trovare il giusto bilanciamento tra le angosce e le paure che proviamo e il qui e ora della vita quotidiana. Questo adattamento non si fa in un giorno, occorre avere pazienza ed essere lungimiranti. Tuttavia, ci sono piccole accortezze che possono venirci in aiuto per evitare che l’ansia prenda il sopravvento.
L’emergenza Coronavirus ha purtroppo scombinato tutti gli equilibri, non solo quelli psichici, ma anche quelli pratici e ci ha costretto a rivedere le nostre priorità, a riorganizzare le nostre abitudini e i nostri stili di vita.
Soprattutto, ci ha posto di fronte a un carico di angoscia e paura per il futuro e per la nostra salute o quella dei nostri cari che rischia di assorbirci totalmente, mettendo come un vetro tra noi e la nostra vita, tra noi e i nostri desideri, tra noi e i nostri cari.
Sta capitando che alcune mamme non riescano a godersi a pieno i loro bambini, perché molto preoccupate per la situazione e le possibili conseguenze: questo stato d’animo amplifica le loro insicurezze e genera sensi di colpa che vanno accolti e gestiti con attenzione.
Ci stiamo adattando con grande impegno psichico e pratico a nuovi ritmi di vita, in una situazione di emergenza sanitaria che magari non riguarda noi direttamente, ma i nostri amici, vicini, la nostra città. Siamo bombardati da cattive notizie e tutti sono molti preoccupati, al punto che sembra quasi di essere fuori luogo se si prova a parlare di altro o se si cerca di focalizzare l’attenzione sulle cose belle.
Eppure, occorre mantenere il timone dritto, occorre richiamare la nostra attenzione, che è catturata dalla pandemia e da tutto ciò che non possiamo controllare, direttamente su noi stesse e sul nostro bambino. Occorre mantenere un piede nel qui e ora, spostare lo sguardo verso il futuro, e poi riportarlo di nuovo al qui e ora. I giorni sembrano passare più lenti, in questo periodo insensato: questa lentezza possiamo usarla per costruire la nostra resilienza, per vivere i nostri affetti e le nostre relazioni più significative.
Organizzare la nostra vita con un neonato mantenendo gli obblighi di distanziamento sociale, di stare a casa, di evitare assembramenti all’esterno, di ricevere o fare visite ai domicili altrui può essere fonte di ulteriore stress. Queste norme, con le quali probabilmente dovremo convivere ancora per alcune settimane, colpiscono le fasce di popolazione più sensibili ed esposte all’isolamento, tra cui spiccano proprio le neomadri che fino a qualche mese fa potevano contare su una rete familiare e amicale di scambio, di incontro e di confronto per affrontare il puerperio e i primi mesi di vita del bambino. Ognuno a casa propria, insomma, a debita distanza dall’esterno.
Le coccole in famiglia, però, sono fortunatamente permesse per tutti: con le dovute cautele igieniche, le mamme possono ugualmente allattare e tenere in braccio il neonato anche in caso di positività al Coronavirus.
Il contatto fisico in famiglia non è precluso, è sufficiente lavarsi accuratamente le mani e seguire le norme diffuse dal Ministero della Salute. La vicinanza fisica con le persone accanto a noi può essere molto importante in questo momento di generale isolamento.
È importante anche la vicinanza con noi stesse. Che detta così sembra un paradosso, ma il nostro corpo, la nostra pelle, hanno bisogno di stimoli positivi in questo momento ansiogeno. Ad esempio, fare delle docce un po’ più lunghe, approfittandone per massaggiare e per coccolare il nostro corpo, oppure evitare di stare tutto il giorno in pigiama e spettinate, e quindi prendersi cura di sé stesse e non solo della casa o del bambino, può aiutare a non risentire troppo dell’isolamento. Anche fare movimento qualche ora a settimana, grazie alle app e ai video dedicati allo yoga dopo il parto, alla ginnastica dolce, alla danza, può contribuire a entrare nuovamente in contatto con il nostro corpo e a diminuire l’ansia.
Dedicarsi alla meditazione mindfulness dieci minuti al giorno, preferibilmente al mattino o quando ci è più comodo, può essere un esercizio che in questi tempi complessi fa la differenza. Potete trovare qualche suggerimento qui.
Essere isolati fisicamente non implica evitare le relazioni con parenti e amici: ci viene semplicemente chiesto di trovare altri modi per nutrire queste relazioni a distanza. In queste settimane i contatti con l’esterno sono possibili per telefono, per messaggi o in videochiamata.
Stabilire una piccola routine quotidiana per entrare in contatto con i nostri cari è molto salutare. Individuare un momento della giornata per vedere in videochiamata sorelle, amiche, genitori ci serve a mantenere un contatto e uno scambio attivo. Talvolta, soprattutto dopo il parto, abbiamo più bisogno di ascolto e di sostegno emotivo, di fare una risata e di essere rassicurate, che di cose pratiche. Il sostegno emotivo, con un po’ di pazienza, si può trovare anche in un messaggio o in una videochiamata. Possiamo adattarci. Funziona.
Una specifica routine con un neonato è abbastanza difficile da mantenere, e ogni famiglia costruisce la sua a partire dal rientro a casa e dal temperamento del bambino. Nel puerperio sono in fase di collaudo nuove abitudini familiari e spesso aspettative e realtà non combaciano.
Anche prima del Coronavirus bisognava avere pazienza, un giorno dopo l’altro, per trovare gli equilibri più adatti a ogni famiglia. Adesso saper aspettare e avere fiducia nelle nostre capacità e in quelle del bambino diviene quasi essenziale per mantenere la nostra salute fisica e mentale. Vediamo qualche consiglio utile:
Attività domestiche: è importante dividersi i compiti in casa con il partner o con i figli più grandi e occorre rivedere con un po’ di buon senso l’elenco delle faccende domestiche, stilando un elenco delle cose che si possono realisticamente fare. Non so voi, ma con un neonato in casa e poi con due bambini piccoli io non riuscivo a fare quasi niente, con buona pace della Marie Kondo che è in me.
A volte, nonostante tutta la buona volontà che ci mettiamo e tutti gli sforzi che facciamo, l’ansia e la preoccupazione prevalgono sul resto e incidono sulla nostra qualità di vita.
Non c’è nulla di male ad avere bisogno di parlare con qualcuno di queste sensazioni. Molti consultori territoriali sono aperti e continuano a ricevere su appuntamento, anche on line; molte associazioni di psicologi offrono consulenze gratuite on line e molti gruppi di madri peer si stanno organizzando allo stesso modo.
Non siete sole, non siamo soli. Per capire meglio come stiamo affrontando la pandemia e quali sono i bisogni primari che hanno le madri in questo momento complicato abbiamo da poco avviato una ricerca per valutare gli effetti del Coronavirus sul nostro equilibrio e per strutturare un sostegno mirato per le famiglie. Potete partecipare attraverso questo link.
Medico psichiatra e psicoterapeuta cognitivo comportamentale. Si è perfezionata in psicologia clinica perinatale e in linguaggi narrativi e letteratura per l'infanzia e l'adolescenza. Ha un Master Universitario in Disturbi alimentari in età evolutiva e un Master Interuniversitario europeo in Neuroscienze dell'umore. Attualmente è dottoranda di ricerca in Neuroscienze con un progetto sulla salute mentale in epoca perinatale.