La scelta di mandare la propria figlia o il proprio figlio al nido può talvolta essere percepita, dalle famiglie che non hanno a disposizione l’aiuto dei nonni o di altre figure affettive di riferimento, come una necessità pratica, ma sono ormai molte le evidenze scientifiche del fatto che questa sia anche un’opportunità educativa importante per bambine e bambini, soprattutto quando gli spazi e le attività sono pensati in modo da offrire ai piccoli una pluralità di stimoli. Alcune analisi socio-economiche vi vedono inoltre un importante strumento per promuovere l’uguaglianza e ridurre la povertà.
Anche per queste ragioni sarebbe importante agire in modo da rendere gli asili nido accessibili a tutte le famiglie che desiderano usufruire dei loro servizi. Purtroppo la situazione italiana appare ancora molto problematica.
Nel giugno del 2020, l’Istat ha pubblicato gli esiti di una ricerca, condotta insieme al Dipartimento per le politiche della famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri e all’Università Ca’ Foscari Venezia, che riguarda proprio i servizi educativi per l’infanzia sul territorio nazionale.
Gli esiti della ricerca mettono in evidenza le profonde carenze di questo sistema di servizi e la loro distribuzione fortemente disomogenea nelle diverse zone d’Italia (i dati si riferiscono al 2017-2018).
In tutta Italia, i posti disponibili negli asili nido coprono solo il 24,7% dei potenziali utenti del servizio e le carenze al Sud (12,3%) e nelle isole (13,5%) sono decisamente più marcate e problematiche. In generale, l’Istat nota come si sia ancora lontani dalla soglia del 33%, fissata dal Consiglio europeo di Barcellona nel 2002 e prevista per il 2010. Questa percentuale appariva adeguata per consentire di conciliare le esigenze lavorative e professionali con quelle delle famiglie, favorendo anche la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Al di là delle esigenze pratiche, una maggiore disponibilità di posti potrebbe favorire la scelta del nido anche in base alle opportunità educative che offre.
Una situazione decisamente migliore presenta il Nord-est, con una percentuale di posti disponibili del 32,5%, e il Centro Italia, con il 32,4%; segue, infine, il Nord-ovest, con il 29,2%.
Una realtà a macchia di leopardo, quindi, che ha come conseguenza un accesso poco equo a diritti e servizi da parte delle famiglie del nostro Paese. L’Istat mette anche in evidenza un dato tristemente prevedibile: i posti si concentrano nelle aree economicamente più sviluppate e nei comuni più grandi, mentre le carenze più gravi nei servizi per l’infanzia riguardano le aree più piccole, periferiche e disagiate. Questo chiaramente è un ulteriore elemento di aggravamento delle ingiustizie sociali.
Ma chiaramente a pesare è anche il costo non indifferente dei servizi, che l’Istat quantifica in una media di 2000 euro all’anno per le famiglie che ne usufruiscono, sia in ambito pubblico sia in quello privato. Il costo eccessivo costituisce, tristemente, un elemento di selezione alla base: il reddito medio delle famiglie che possono permettersi il nido, infatti, risulta più alto rispetto a quello di chi non accede al servizio (una media di 40.092 euro annui contro 34.572). In Italia quella del nido è ancora un’opportunità di cui non tutti possono usufruire e da cui alcuni sono esclusi per ragioni meramente economiche, con un’evidente limitazione dell’accesso a diritti.
Un importante aiuto può provenire dai bonus nido, il cui ammontare raggiunge oggi un massimo di 3000 euro sulla base dell’ISEE riferito al minore per cui si richiede il contributo (il rinnovo del quale per il 2021 è già stato confermato). Però, come giustamente viene evidenziato dall’indagine Istat, la possibilità di accedere a questi contributi e quindi ai servizi è collegata direttamente con la disponibilità dei posti, che, come si è visto, in alcune zone è piuttosto scarsa.
La strada verso un equo accesso a questa importante risorsa appare, quindi, ancora lunga.
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.