«È proprio difficile da gestire»; «Non ci si può discutere, la vuole sempre vinta lei»; «È un bambino troppo vivace, non sta mai fermo». Chissà quanti genitori hanno pensato o verbalizzato frasi come queste a proposito dei loro figli.
Cominciamo col dire che alcuni bambini hanno caratteristiche temperamentali di difficile gestione, ma ciò non vuol dire che abbiano compromissioni neurobiologiche: risultano più esplorativi, poco inclini al rispetto delle direttive dell’adulto, ma possiedono buone o sufficienti capacità di autoregolazione. Altri invece sono affetti da ADHD, sindrome da Deficit di Attenzione/Iperattività, uno dei più comuni disturbi dello sviluppo neuropsichico del bambino e dell’adolescente, che si caratterizza per la presenza di disattenzione, iperattività e impulsività.
Specifichiamo subito che per “iperattività” in psicologia si intende un comportamento particolarmente irrequieto, soprattutto in riferimento ai bambini. È un termine che però spesso oggi viene usato a sproposito. Cerchiamo di capire perché e chi sono, nel dettaglio, i bambini iperattivi.
I bambini iperattivi portano con sé disturbi del neurosviluppo che compromettono in maniera importante la loro capacità di autoregolazione. Si stima che il 4-5% della popolazione infantile nasca con un Disturbo da Deficit di Attenzione e Iperattività. Si potrebbe dunque affermare che, mediamente, in ogni classe di 25 alunni c’è un bambino con sindrome ADHD. Eppure, troppo spesso il problema rimane completamente ignorato, la diagnosi di iperattività nei bambini viene effettuata tardivamente e ancor più tardivi o inadeguati e non coordinati sono gli interventi.
Talvolta i sintomi dell’ADHD vengono sottovalutati o ignorati dagli stessi adulti che si prendono cura del bambino. In particolare, sono i fattori culturali che, più degli altri, sembrano condurre a interpretazioni errate rispetto alla sintomatologia del disturbo stesso. Comunemente, intatti, si ritiene che quasi tutti i bambini presentino comportamenti iperattivi e vivaci, e dunque quando è presente il disturbo si fa fatica a riconoscerlo. Si può ipotizzare, ad esempio, che le cause del comportamento iperattivo derivino da particolari stili alimentari o mancanze di zuccheri o amminoacidi, da un’eccessiva esposizione a videogiochi e televisione, che possono far calare l’attenzione o la motivazione, oppure si può ipotizzare che il bambino stia reagendo attraverso quel comportamento a certi disagi, o ancora che genitori, nonni o zii lo vizino troppo. Tutto ciò porta a non comprendere appieno la gravità del disturbo neurobiologico e induce genitori, educatori, medici e professionisti a perdere del tempo prezioso per garantire un migliore adattamento di vita del bambino o del ragazzo.
Ma quali sono esattamente i sintomi mostrati dai bambini iperattivi? Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders – DSM5 devono essere presenti pattern di comportamento di disattenzione, iperattività e impulsività persistenti e pervasivi in più contesti. L’insorgenza di tali sintomi deve essere presente prima dei 12 anni di età e gli stessi sintomi devono compromettere o interferire con la qualità del funzionamento sociale, scolastico o lavorativo.
L’iperattività e l’impulsività si manifestano in questi soggetti attraverso una serie di comportamenti, tra cui:
La disattenzione si manifesta invece nella difficoltà a mantenere l’attenzione su compiti che richiedono uno sforzo prolungato (conversazioni, esercitazioni, attenzione durante le lezioni, lettura di testi lunghi). Spesso, infatti, il soggetto con ADHD non riesce a prestare attenzione ai particolari, sembra non ascoltare ciò che gli viene chiesto o detto e ha difficoltà a svolgere i compiti.
Tra i sintomi dei bambini iperattivi c’è anche una grave difficoltà nella pianificazione e organizzazione: spesso il bambino con ADHD non riesce a completare le attività intraprese.
In base alla combinazione dei sintomi si possono manifestare profili di tipo combinato (disattenzione e iperattività/impulsività), oppure con prevalenza di sintomi legati alla disattenzione e pochi o nessun sintomo di iperattività, o con predominanza di manifestazione di iperattività/impulsività e pochi sintomi di disattenzione. A queste caratteristiche possono associarsi altri disturbi, quali i Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), il Disturbo di Coordinazione Motoria (DMC), il Disturbo Oppositivo Provocatorio (DOP), il Disturbo della Condotta (DC), i disturbi d’ansia o dell’umore e il disturbo da tic.
Nei ragazzi e negli adulti con ADHD la sintomatologia descritta cambia forma. A una riduzione dell’iperattività, che si trasforma in irrequietezza, si associano in diversa misura:
Per il bambino con possibile ADHD una diagnosi tempestiva e corretta è fondamentale. Professionisti esperti nell’individuazione del disturbo (psicologi, neuropsichiatri infantili e altre figure professionali sanitarie), attraverso specifici test per bambini iperattivi, osservazioni e colloqui, possono comprendere il significato dei sintomi rilevati dai genitori. La diagnosi di ADHD è essenzialmente di tipo clinico, quindi si effettua attraverso l’osservazione diretta del soggetto, che viene sottoposto a una serie di test sulle cosiddette funzioni esecutive (pianificazione, attenzione, memoria, impulsività), al fine di quantificare in maniera obiettiva il rendimento in tali ambiti rispetto all’età cronologica. Si quantifica anche il livello intellettivo, le abilità di lettura, scrittura e calcolo, gli eventuali aspetti motori o visuo-spaziali e gli aspetti emotivi.
Quando si parla di bambini iperattivi, le cause da individuare possono essere o di natura ereditaria, quindi su base genetica, o pre o perinatali, ovvero grave prematurità o basso peso alla nascita, ipossia (carenza dell’ossigeno a livello dei tessuti dell’organismo), fattori ambientali inquinanti, uso di sostanze o alcol in gravidanza, eccetera.
L’ADHD è un disturbo con importanti componenti biologiche ma il contesto ambientale può favorire o al contrario contenere quelli che sono i suoi sintomi nucleari. Da qui la necessità di un lavoro integrato, allo scopo di ottenere un maggior successo rispetto alla remissione dei sintomi ADHD, chiamato “trattamento multimodale”. Questo trattamento consiste nel prendere in carico contestualmente il bambino, con terapie psicologiche e talvolta mediche e farmacologiche, la sua famiglia e la scuola. Nel lavoro con il bambino, partendo dal suo profilo di funzionamento, il professionista esperto in ADHD individua un percorso riabilitativo e terapeutico basandosi sul modello cognitivo-comportamentale e sul potenziamento delle singole funzioni neuropsicologiche deficitarie (pianificazione, attenzione, memoria, impulsività), oppure favorisce l’attuazione di strategie adeguate all’autonomia e organizzazione scolastica, o ancora lavora sul miglioramento delle abilità sociali piuttosto che sulla gestione delle emozioni.
Non è semplice, per i genitori, sapere come comportarsi e cosa fare con i bambini iperattivi, soprattutto perché, va sottolineato, ogni bambino rappresenta un caso a sé, e andrà dunque trattato in maniera diversa, unica.
Il professionista che si occupa di ADHD offrirà ai genitori una consulenza sistematica chiamata Parent Training con lo scopo di fornire informazioni corrette sulle caratteristiche del disturbo e sull’uso di strategie adeguate nella gestione domestica e quotidiana.
Vediamo ora quali sono le strategie da attuare quando si parla di bambini iperattivi a scuola. Viene offerto anzitutto supporto ai docenti (denominato teacher training) sulla conoscenza delle caratteristiche dell’alunno con ADHD e sulle strategie didattiche da utilizzare a scuola sia sugli “antecedenti”, ovvero sugli eventi o sulle situazioni che hanno innescato il comportamento, sia sui “conseguenti”, cioè su tutto ciò che è accaduto in seguito al comportamento (come il bambino e gli insegnanti hanno reagito).
Con eventi o situazioni antecedenti intendiamo ad esempio la sistemazione dei banchi, la necessità dell’alunno con ADHD di catturare l’attenzione in classe, determinate routine, eccetera. Per conseguenti, invece, si intendono tutti quegli interventi volti a promuovere e incoraggiare, magari attraverso lodi o premi, determinati comportamenti ritenuti accettabili e a disincentivare invece la frequenza di altri attraverso, ad esempio, la perdita di privilegi.Questi strumenti servono a ridurre l’effetto negativo che determinate caratteristiche comportamentali possono avere sia a livello didattico sia nella gestione del singolo e dell’intera classe. Per approfondire l’argomento ADHD e scuola, rimandiamo comunque alla lettura dell’articolo ADHD: un bambino vivace non è malato.
Psicologo specializzato in valutazione e intervento dei Disturbi dell’Apprendimento e del Comportamento. Dal 2007 si occupa di età evolutiva, di bambini con Disturbi del Neurosviluppo e delle loro famiglie presso il CEDAP. Si occupa inoltre di formazione e di portare pratiche didattiche e educative inclusive e innovative nelle scuole.
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