«Dottoressa, sono distrutta, non avevo idea di quello che poteva succedere alla mia Valentina. Possibile che bere qualche goccio di alcol durante la gravidanza possa aver causato danni così seri?». La domanda della mamma di Valentina è più che legittima, perché di alcol ne basta poco per provocare danni anche gravi. Nonostante si senta parlare spesso di abuso di alcolici negli adulti o nei ragazzi, è meno frequente che ciò accada per quanto riguarda i danni che l’alcol può provocare durante la gravidanza o il concepimento. Ma cosa è successo a Valentina?
Valentina è la prima figlia di una giovane coppia. La sua mamma, Norma, ha trent’anni e ha cercato a lungo di rimanere incinta. Spesso nei fine settimana i genitori della piccola uscivano per cena o per un aperitivo, e a Norma capitava di bere qualche bicchiere di vino bianco, di birra, a volte anche un amaro. Quando, a distanza di 40 giorni dal concepimento, con grande gioia ha scoperto di essere incinta, ha prestato maggiore attenzione all’alimentazione e ha ridotto le bevande alcoliche: a cena si limitava a un bicchiere di birra o a un goccio di vino.
Alla nascita Valentina non presentava problemi particolari, solo peso e statura un po’ al di sotto della norma; anche la testolina, piena di capelli scuri, era leggermente più piccola, ma tutto sembrava proporzionato. Durante una visita il pediatra ha notato una crescita ridotta e lenta della testa, con un aspetto un po’ «strano del volto», un nasino schiacciato, gli occhi ravvicinati. Su indicazione del pediatra Valentina è stata ricoverata per approfondimenti diagnostici, e dopo una serie di valutazioni la diagnosi è stata di FAS (dall’inglese Fetal Alcohol Syndrome, ovvero sindrome alcolico fetale). Possibile che qualche bicchiere di alcol possa causare tutto questo?
Più in generale, si parla di “spettro dei disordini feto-alcolici”(FASD), per includere una serie di anomalie e disabilità del feto provocate dall’uso di bevande alcoliche durante la gravidanza. I segni e i sintomi possono essere molto diversi, da forme lievi a più serie, perché l’alcol assunto in gravidanza può interferire sullo sviluppo del cervello e di altri organi del feto. Nessuno può garantire al 100% che un bambino nasca e cresca in salute, tuttavia è garantito al 100% che se una donna in gravidanza o durante il concepimento si astiene dal bere alcolici, il bambino non potrà incorrere nella sindrome alcolico fetale.
Nonostante tutti i miti e le leggende metropolitane, non esiste una quantità sicura di alcol da consumare durante la gravidanza o il concepimento. L’alcol, infatti, attraversa la placenta e passa nel sangue del feto, nella fase di crescita dei suoi organi, mentre si completa lo sviluppo dell’udito e crescono i suoi circuiti cerebrali, dunque mentre tutto è in “costruzione” e c’è una grande sensibilità e vulnerabilità. L’alcol ingerito dalla mamma si trasforma in una sostanza chiamata acetaldeide, che arriva direttamente al bambino; non essendo quest’ultimo in grado di metabolizzare l’alcol come un adulto, esso rimane in circolazione provocando danni.
Anche nel periodo dell’allattamento, dato che il latte entra nel flusso sanguigno della mamma e nel suo latte, è bene fare attenzione al consumo di alcolici.
La diagnosi dello “spettro dei disordini feto-alcolici” non è semplice perché non esiste un esame specifico che confermi questa condizione. I sintomi possono essere diversi e comparire in momenti differenti della vita di un bambino; si potrebbero presentare problemi di comportamento o di apprendimento, sia quando lo sviluppo cognitivo è nella norma sia quando non lo è. Proprio per questa ragione non esiste un trattamento uguale per tutti. I sintomi riconducibili a questa problematica durano tutta la vita e spesso necessitano di un approccio su più fronti – neuropsichiatrico, pediatrico, educativo – e di un monitoraggio attento dello sviluppo.
La ricerca ha evidenziato l’importanza di una diagnosi precoce per avviare un trattamento altrettanto precoce. In questi casi, lo sviluppo del bambino e il suo futuro da adulto possono migliorare in maniera significativa. La prevenzione consiste nell’evitare di bere alcolici in gravidanza o durante il concepimento, e nell’usare una contraccezione efficace se si fa uso di alcol. Non tutti i bambini esposti all’alcol sviluppano un sintomo dello spettro dei disordini feto-alcolici e non è ancora chiaro perché alcuni siano maggiormente suscettibili di altri e possano andare incontro a maggiori danni. Si conoscono invece alcuni fattori che aumentano i rischi:
Durante la gestazione, un assaggio per una ricorrenza, se saltuario e in quantità ridotta, è concesso. Negli altri casi, considerando che una buona percentuale di gravidanze non è programmata, si può fare un uso moderato di alcolici, a patto di usare un sistema sicuro di contraccezione. È bene poi fare chiarezza su cosa si intende con “goccio” di alcol: una lattina di birra contiene 330 ml di liquido, un bicchiere di vino 125 ml, un aperitivo alcolico 60 ml, un bicchierino di grappa o whisky 30 ml, ma in tutti c’è all’incirca la stessa quantità di alcol puro, cioè 15 ml, che corrispondono a una “unità alcolica”. La vera prevenzione, come abbiamo detto, consiste nel non assumere alcol sia durante la gravidanza sia durante il concepimento, perché non è possibile fissare una dose minima di alcol da considerare pericolosa.
Nel 2017, sull’autorevole rivista scientifica «Jama» sono comparsi i risultati di uno studio che ha preso in esame diverse ricerche relative allo “spettro dei disordini feto-alcolici” (FASD). Sono stati raccolti dati in 187 paesi, osservando un campione di bambini dalla nascita fino a 16 anni di età. È emerso che circa otto bambini su mille hanno un disturbo legato a questo spettro e si stima che una donna su tredici che ha fatto uso di alcol durante la gravidanza possa partorire un figlio con queste problematiche. Lo stesso studio ha sottolineato che, rispetto ad altri paesi (Stati Uniti, Canada…), in Europa si registra il maggior numero di casi di FASD.