Sono Laura, mamma di Francesco. La mia esperienza è un po’ speciale perché sono una mamma adottiva. Fin dal giorno dell’arrivo di Francesco, all’età di pochi giorni, mio fratello mi ha detto di aver sentito parlare di allattamento senza gravidanza: «Sai che ho letto che alcune mamme adottive hanno allattato i propri figli neonati al seno?». Qualche giorno dopo un’amica di nuovo mi ha detto la stessa cosa, rendendosi disponibile a farmi parlare con un medico esperto, se lo desideravo. Infine, alla prima visita dalla pediatra mi sento proporre la stessa cosa supportando l’idea con la frase: «In Africa quando una mamma di un neonato muore, la nonna lo attacca al seno e riesce ad allattarlo». Subito ho risposto che non me la sentivo, già presa dalla fatica di imparare a gestire un neonato e dallo sconvolgimento che si era creato nella mia vita nell’arco di un weekend. Inoltre avevo il timore che qualcuno avrebbe potuto interpretare la mia scelta come un negare l’esistenza di un’altra mamma biologica, che lo aveva concepito e fatto nascere.
Ma quelle frasi mi rimbalzavano nella mente. In più mi era stato consigliato di avere un contatto diretto pelle a pelle col bambino per i suoi molteplici effetti benefici, per lui e per me. Così ho incominciato a mettermelo addosso e, vedendo che lui cercava con la bocca il seno, nel giro di poco ho sentito la spinta ad attaccarlo. Francesco subito non sapeva bene come attaccarsi, ma ho cercato di indirizzarlo sulla base di quanto avevo letto su una brochure sull’allattamento che mi era capitata in casa assieme a dei vestiti prestatimi da un’amica. Dopo un giorno di sofferenza e di “tirotti” sono riuscita a fargli trovare la posizione per l’allattamento che non mi causava dolore. Non so se fosse tecnicamente perfetta, ma a me andava bene perché era piacevole e vedevo che il bimbo si tranquillizzava. Però l’idillio durava poco: il piccolo si arrabbiava, non uscendo nulla dal mio seno. Io comunque mi mettevo in poltrona, una o due volte al giorno, nei rari momenti in cui ero sola in casa.
Dopo circa un mese ho notato che il bimbo rimaneva attaccato più a lungo, così ho provato a spremere il seno e ho visto uscire una perlina bianca. Miracolo! Non potevo credere ai miei occhi. Poco dopo sono arrivati i miei genitori; a quel punto ho detto loro della mia scoperta e si sono commossi. Ho detto: «Come latte non è quasi niente…». Ma mio papà mi ha risposto: «Sicuramente c’è dentro tutto il tuo amore». Mia mamma mi ha incoraggiata e mi ha dato qualche dritta per le volte successive sulla posizione, dicendomi di attaccarlo prima della poppata al biberon.
La sera stessa l’ho raccontato a mio marito che è stato contento e mi ha incoraggiata a continuare. Ci provavo, ma Francesco si innervosiva e urlava: voleva il suo latte a go-go come sempre. Allora gli ho proposto il seno dopo il biberon e lui, con mia sorpresa, non l’ha mai rifiutato. Così ho cambiato strategia e ho provato anche la notte, scoprendo che si addormentava più facilmente senza ciuccio, e così non si risvegliava cinque volte come prima, quando lo perdeva. Ho incominciato ad andare a letto prima e a riposare meglio.
Nel frattempo frequentavo altre mamme che allattavano e mi è capitato di carpire da loro qualche piccolo segreto: per esempio ho scoperto che attaccarlo al seno gli calmava il singhiozzo. Infine mi sono documentata sui siti internet che parlano di allattamento al seno nei casi come il mio.
Recentemente, alla visita del terzo mese, ho raccontato alla mia pediatra che ormai l’allattamento di Francesco non era più solo con il biberon; lei, molto contenta, mi ha proposto di assumere per qualche giorno il domperidone per aumentare la quantità di latte, e così ho fatto. Poi mi ha invitata a parlare con l’infermiera dello studio, esperta in allattamento, che mi ha seguita: il suo atteggiamento accogliente e di ascolto mi ha subito messo a mio agio. Il suo entusiasmo per questa scelta, le spiegazioni e i consigli pratici sono stati preziosi per farmi continuare con decisione anche nei momenti in cui risultava più faticoso. È capitato infatti che qualche volta Francesco avesse mal di pancia proprio nel momento del pasto e non si volesse attaccare o avesse troppa fame e poca pazienza per succhiare. Inizialmente temevo che il papà si sentisse un po’ escluso, ma non è successo perché ora la poppata si svolge prima al seno e poi con il biberon, e di questo si occupa lui, quando è a casa.
Che dire di questa esperienza? Mi sento doppiamente fortunata e sono felice che i miei sforzi e la mia determinazione siano stati premiati. Allattare al seno mi ha permesso di costruire un legame ancora più forte con Francesco, che mi segue sempre quando parlo o mi muovo e mi risponde con grandi sorrisi e gorgheggi. So anche che il benessere che lui prova in questi mesi, attraverso questo rapporto speciale con me, se lo porterà come un bagaglio positivo per tutta la vita.
La mamma di Francesco