«Gli abbiamo regalato un sacco di libri, ma non glieli vedo mai sfogliare!»; «Peccato che non legga un po’ di più: è sempre attaccato ai videogiochi!»; «Se leggesse più spesso, a scuola avrebbe meno problemi in italiano!». Lamentele di questo tipo sono molto comuni tra i genitori, che di frequente sottolineano la scarsa attitudine alla lettura mostrata dai loro figli e dalle loro figlie, e sono riprese con poche variazioni da tutte le figure educative. Ogni anno, il 23 aprile l’Unesco promuove la “Giornata mondiale del libro e del diritto d’autore”, che ha tra i suoi scopi proprio la promozione e diffusione della lettura. Con l’occasione, facciamo il punto sulla situazione dei piccoli potenziali lettori nel nostro Paese e tentiamo di fornire qualche spunto a chi desidera far nascere in loro la passione per i libri.
Il problema dello scarso interesse per la lettura è diffuso su tutto il territorio nazionale: lo dimostrano i dati raccolti da Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea, secondo cui la situazione italiana presenta diffuse criticità. Gli italiani leggono, in media, solo per 5 minuti al giorno e nel nostro Paese i lettori abituali sono appena l’8,5%. I dati Eurostat, resi noti nel 2018, sono gli ultimi disponibili, e anche se non aggiornati (fanno riferimento a una ricerca condotta tra il 2008 e il 2015), sono comunque utili per avere un’idea della situazione nazionale in rapporto al resto d’Europa. Più recenti sono, invece, le rilevazioni nazionali Istat, che nell’ultimo report pubblicato danno conto dei dati relativi al 2019. Leggendoli scopriamo che, probabilmente, gli adulti che rimproverano ai giovani la scarsa attitudine alla lettura non tengono conto del fatto che, nel nostro Paese, sono proprio loro a leggere di più («Da che pulpito!», verrebbe quindi da dire): la quota più alta di lettori, infatti, è distribuita nelle fasce d’età tra i 15 e i 17 anni (legge il 54,1%) e tra gli 11 e i 14 anni (il 56,6%). La percentuale più alta si registra tra bambine e ragazze dagli 11 ai 19 anni: oltre il 60% ha letto almeno un libro nell’anno.
I dati Istat pongono inoltre l’accento su alcuni fattori che sembrano legati allo sviluppo dell’attitudine alla lettura. Per esempio, si nota come leggere sia un’abitudine appresa in famiglia: sotto i 18 anni legge il 77,4% di chi ha entrambi i genitori lettori e solo il 35,4% di chi li ha entrambi non lettori. Anche l’istruzione pare essere determinante per il consolidarsi, fino all’età adulta, di questa abitudine: legge libri il 71,9% dei laureati, contro il 46,1% dei diplomati e il 25,9% di chi ha al massimo la licenza elementare.
Accanto all’impegno per garantire a tutte le persone un buon livello di istruzione, che spetta alla società nel suo complesso, cosa possono fare le figure adulte di riferimento (genitori, nonni, insegnanti, educatori…) per favorire l’amore per la lettura in bambini e adolescenti? I dati Istat suggeriscono innanzitutto di puntare sul buon esempio: se i figli di lettori tendono a diventare lettori a loro volta, sarà tanto più probabile che un bambino sviluppi interesse per la lettura quanto più spesso vedrà i propri genitori e familiari rilassarsi con il naso tra le pagine di un libro. Il fatto che i genitori considerino la lettura un modo piacevole di trascorrere il tempo libero comunica indirettamente, ma chiaramente, ai piccoli l’idea che si tratti di qualcosa cui è bello dedicarsi, senza imposizioni o forzature.
Pensiamo, al contrario, al messaggio che arriva quando la lettura viene imposta, o consigliata usando espressioni come “dovresti” oppure, addirittura, “devi”. Daniel Pennac, nel celebre incipit del suo libro Come un romanzo, dedicato proprio alla passione per la lettura, scrive: «Il verbo leggere non sopporta l’imperativo, avversione che condivide con alcuni altri verbi: il verbo “amare”… il verbo “sognare”…» [1] . Se, da una parte, l’insegnamento può, anzi deve, entro certi limiti, prevedere la lettura e l’analisi di qualche testo “imposto” (ma sarebbe meglio dire “proposto”), non è comunque pensabile che la passione per i libri passi attraverso la coercizione. Pennac sottolinea l’importanza di svincolare la lettura dall’obbligo ‒ sia a casa sia, il più possibile, a scuola ‒, senza ridurre il rapporto con la letteratura alla sola analisi del testo e ai “compiti”, e prestando invece la dovuta attenzione al piacere di lasciarsi rapire dalle avventure dei personaggi di cui si segue la storia.
Tra gli errori più comuni e deleteri, mettono in guardia Pennac, ma anche Gianni Rodari e tanti altri, vi è quello di contrapporre la lettura agli altri interessi dei bambini e dei ragazzi (prima si parlava soprattutto di fumetti e TV, oggi si insiste sul web e sui videogiochi), magari aggiungendo una paternalistica rampogna su presunti e non meglio specificati “bei tempi andati”, in cui l’amore per la lettura sarebbe stato ben più diffuso.
Etichettare le attività che piacciono a ragazze e ragazzi come futili o “stupide” solo perché si fa fatica, da adulti, a comprenderle e condividerle, non è certo il modo migliore per costruire un rapporto di fiducia e stimolare i giovani ad avvicinarsi al libro e alla lettura. Anche presentare la lettura come passatempo alternativo e quindi, indirettamente, come un sostituto di attività piacevoli è, di fatto, un autogol: nessun interesse o nessuna passione comporta la necessaria rinuncia ad altre e diverse attività.
Cosa fare, allora? Tra le strategie più efficaci, come raccomandano tanti pedagogisti del passato e di oggi, vi è quella della lettura ad alta voce, che genitori, nonni, insegnanti possono proporre anche a chi sa già leggere in autonomia, come momento rilassante da condividere in famiglia o in classe. Ma la scelta del libro va fatta insieme, rispettando il più possibile gli interessi di bambini e ragazzi (naturalmente nei limiti delle letture adatte a loro), senza far avvertire il peso del giudizio nei riguardi dei gusti letterari in costruzione. Un errore che spesso gli educatori fanno, naturalmente in buona fede, è quello di bollare come “sciocche”, poco rilevanti o troppo poco educative le letture scelte da bambine e bambini. Il messaggio denigratorio che lancia questo giudizio non può non scoraggiare il potenziale lettore, perché sottintende che non ci si possa divertire con un libro che educatori e genitori approverebbero.
In realtà, il timore delle letture “troppo leggere” o banali ha poco senso: i gusti letterari evolvono nel tempo e saranno gli stessi ragazzi, dopo un po’, ad aver voglia di altro, se non verranno mortificati da giudizi che li colpevolizzano. Senza dimenticare, poi, che un contributo importante può venire dagli acquisti e dalle letture che vedono fare ai genitori. Anche il rito di andare insieme in libreria o, quando le misure di sicurezza dovute alla pandemia non lo permettono, di scegliere insieme un libro sul web, può diventare un momento prezioso da condividere.
Il piacere di sentir leggere un libro si può coltivare anche attraverso gli audiolibri: un buon modo per avvicinarsi, a tutte le età, ai classici, guardati con ingiustificato timore solo perché il loro inserimento in canoni letterari consolidati li fa percepire come noiosi o “difficili” a priori. Accanto alla variegata offerta di audiolibri a pagamento ci sono anche servizi gratuiti, dai quali si possono scaricare i testi più famosi della letteratura. Gli audiolibri, inoltre, sono uno strumento utilissimo per coltivare l’amore per i libri e per le storie anche in presenza di un disturbo specifico dell’apprendimento che coinvolga la lettura, come la dislessia.
Divulgatrice scientifica, è socia effettiva e presidente della sezione pugliese del CICAP (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sulle Pseudoscienze) e membro del direttivo dell’associazione professionale di comunicatori della scienza SWIM. Scrive per diverse riviste cartacee e online, tra le quali Le Scienze, Mind, Uppa, Focus Scuola, Wired.it, Wonder Why, Scientificast.