La legge italiana definisce l’inquinamento acustico come “l’introduzione di rumori nell’ambiente abitativo o nell’ambiente esterno tale da provocare fastidio o disturbo al riposo e alle attività umane, pericolo per la salute umana, deterioramento degli ecosistemi, dei beni materiali, dei monumenti, dell’ambiente abitativo o dell’ambiente esterno o tale da interferire con le legittime fruizioni degli ambienti stessi” (DL 477 del 26/10/1995).
Esistono fondamentalmente due forme di inquinamento acustico alle quali sono esposti i nostri figli e che dobbiamo conoscere per evitare possibili danni: le fonti di rumore ambientale (il traffico stradale, il rumore degli aerei in prossimità degli aeroporti, il traffico ferroviario) e le fonti di rumore volontarie, alle quali ci si espone per scelta (giocattoli rumorosi, musica ascoltata ad alto volume o in cuffia, ambienti molto rumorosi come sale cinematografiche o discoteche).
È dimostrato scientificamente che l’esposizione al rumore determina danni all’orecchio interno, che possono manifestarsi inizialmente con la comparsa di tinniti (l’impressione di sentire rumori tipo campanelle o fischi), per poi trasformarsi in una reale riduzione dell’udito, dapprima reversibile, poi permanente.
La soglia di rumore sopra la quale è considerato reale il rischio di danni all’udito (e che quindi rende obbligatoria la protezione, in caso di esposizione sul lavoro) è fissata a 80 decibel: riflettiamo sul fatto che i livelli medi di energia sonora che si raggiungono in una discoteca sono compresi fra i 90 e i 110 decibel, mentre nelle cuffie di un lettore MP3 si possono raggiungere i 120 decibel! È stato inoltre dimostrato che i danni all’orecchio causati da una esposizione acuta a un rumore molto intenso (come un’esplosione) possono ugualmente insorgere con l’esposizione cronica a rumori meno intensi (come l’ascolto della musica in cuffia).
I danni causati dall’inquinamento acustico non si limitano però alla riduzione dell’udito in chi si ostina ad ascoltare musica “a palla”, come direbbero molti adolescenti (ma anche ragazzini di 8-10 anni): si è visto come anche in chi non ha subìto danni all’udito l’inquinamento acustico possa essere responsabile di una riduzione delle capacità cognitive, in particolare riguardo alla lettura e alle capacità mnemoniche a breve e a lungo termine; in pratica alcune difficoltà scolastiche possono essere correlate al “disturbo” creato nelle aule da rumori esterni o interni (per la cattiva acustica degli edifici). Il classico esempio di una situazione simile è la presenza, in prossimità della scuola, di una strada molto trafficata: in questi casi può capitare che i danni si ripercuotano su intere classi e non sempre la causa viene scoperta facilmente.
Anche in situazioni di “normalità”, però, si è ipotizzato che il rumore di fondo tipico delle nostre città vada a interferire con la salute mentale dei nostri bambini: uno studio effettuato in Tirolo ha dimostrato che i bambini che abitano in una valle alpina, dove il rumore ambientale è molto più basso rispetto a quello di una città, presentano una riduzione di sintomi psicologici e un aumento relativo dello stato di benessere valutato delle insegnanti rispetto ai “cugini di città”.
Una corretta informazione e la conoscenza di queste problematiche ci permette di intervenire nella nostra vita quotidiana, a partire dalla famiglia:
pediatra, lavora presso l’ospedale S. Andrea di Vercelli e si occupa nello specifico di allergologia, allattamento e ambiente. Dal 2011 collabora come autore per Uppa.