Una tonnellata di rifiuti tossici, un pezzetto di bosco in fumo, 34.000 litri di acqua consumata, 500 chili di anidride carbonica in più nell’atmosfera e quasi 100 litri di petrolio.
Chi è che provoca tanti danni all’ambiente? Una fabbrica fuori norma? Un vecchio Tir senza bollino verde? Uno speculatore spregiudicato? Niente di tutto questo. Per consumare tante risorse e produrre tanti rifiuti basta un bambino di tre anni. O, meglio, i suoi pannolini. Dalla nascita al traguardo del vasino, ogni bambino consuma circa 6.000 pannolini, più o meno cinque ogni giorno. Che, moltiplicato per il numero dei bambini sotto i tre anni presenti nel nostro Paese, fa circa sei milioni di pannolini al giorno, due miliardi e duecentomila ogni anno.
Per smaltire ciascuno di essi sono necessari almeno cinquecento anni, cioè una ventina di generazioni. E, visto che siamo in un periodo di dibattito sull’impatto ambientale del nostro stile di vita, sui cambiamenti climatici e sul possibile esaurimento delle risorse del pianeta, non dobbiamo dimenticarci che il mondo sarà loro: dei bambini che non hanno ancora raggiunto il vasino e delle generazioni future. Chissà se, potendo farlo, non ci pregherebbero di inquinare di meno, almeno per smaltire la cacca e la pipì dei loro primi anni di vita.
Se lo devono essere chiesti anche gli amministratori di alcuni Comuni particolarmente sensibili ai temi ambientali, che da qualche tempo a questa parte hanno cominciato a incentivare l’uso dei pannolini lavabili. Per loro, c’è anche un ovvio risparmio immediato, quello sullo smaltimento dei rifiuti urbani, di cui i pannolini usa e getta costituiscono in media il 4% del volume: con i pannolini lavabili di ultima generazione, infatti, si producono otto chili di rifiuti in tre anni, cioè meno del dieci per cento di quelli dei pannolini usa e getta. E un risparmio immediato, sostengono, c’è anche per i genitori, che passano da una spesa compresa tra i 1.200 euro e i 1.800 euro l’anno (a seconda della marca) per gli usa e getta, ai circa 500 euro dei lavabili. Senza contare gli incentivi e i secondogeniti, che sono praticamente gratis.
Uno che se ne intende è Luciano Lanfredi, sindaco di Acquanegra Cremonese, 1.200 abitanti in provincia di Cremona, che prima di proporre la cosa ai suoi concittadini ha voluto provare di persona: «Ho sei figli e l’ultima arrivata ha i suoi pannolini lavabili. In questo modo abbiamo verificato che non c’è molto di più da lavorare, rispetto ai pannolini usa e getta». I pannolini lavabili, come suggerisce il nome stesso, devono essere lavati circa ogni tre giorni. Nel frattempo stazionano in un bidoncino, a mollo con acqua e bicarbonato. E comportano, ovviamente, un maggior impegno in termini di attenzione igienica e di impegno domestico. «Ma non moltissimo, visto che possono essere lavati in lavatrice con gli altri panni a 50-60 °C», prosegue Lanfredi. Quanto al ritmo delle lavatrici, «ho calcolato che ne faremo circa 200 in più, che con una lavatrice di quelle moderne (di classe A) peseranno sulla bolletta soltanto nei termini di cinquanta euro nei tre anni». In più, ad Acquanegra Cremonese il Comune rimborsa il 50% dei costi, che sono effettivamente cospicui all’inizio (quando si devono comprare i 20-25 pannolini che costituiscono il corredo del neonato): quindi per i primi tre anni di vita di un neonato i cittadini spendono circa 300 euro, con un risparmio medio superiore ai mille euro. Un’iniziativa di questo tipo parrebbe proprio una di quelle cose destinate al successo. E invece no: ad Acquanegra Cremonese le famiglie che hanno beneficiato del bonus sono solamente due, compresa quella del sindaco, «probabilmente perché si pensa che i pannolini usa e getta siano molto più comodi da usare», spiega Lanfredi, «ma questi pannolini sono ben diversi da quelli di stoffa di una volta». Non i vecchi Ciripà, dunque, decisamente complicati da indossare e ancor più seccanti da togliere e lavare. «Questi hanno il velcro e si mettono come gli altri. In più, hanno un velo speciale di materiale biodegradabile che si posiziona tra il sederino del neonato e il panno e che serve a raccogliere le feci. Quando si cambia il bambino, il velo si raccoglie, con tutto il suo contenuto, e si butta nel water». L’unica scomodità vera, se vogliamo, è quella di dover fare un paio di cambi in più al giorno, perché la tenuta del pannolino di stoffa è inferiore a quella dei pannolini normali.
Come sta un bambino con un pannolino lavabile? «Benissimo. Non sono affatto più scomodi o irritanti di quelli normali. Anzi, so di genitori interessati all’uso di questi prodotti proprio per limitare gli arrossamenti e le irritazioni nei bambini predisposti», prosegue Lanfredi. I produttori sostengono anche che i pannolini di stoffa permettono alla pelle di respirare meglio, evitano il surriscaldamento dei genitali (possibile causa di sterilità nei neonati maschi) e che il fatto di non avere la pelle a continuo contatto con i gel ultrassorbenti dei pannolini usa e getta eviti lo sviluppo di dermatiti. C’è anche qualcuno che sostiene che questi ultimi pannolini, proprio per il fatto di essere ultrassorbenti, inibiscano il fastidio per lo sporco e il bagnato e quindi ritardino il passaggio al vasino. E allora, signor sindaco, perché non cominciare a usare i pannolini lavabili negli asili nido comunali? «Ad Acquanegra non abbiamo asili nido. Ma sono stato contattato personalmente dal sindaco di un Comune qui vicino che stava proprio pensando di sperimentare la cosa. In quel caso, i bambini uscirebbero dall’asilo ciascuno con il proprio sacchettino di pannolini da lavare». E le famiglie dovranno adeguarsi.