Si può prendere l’antibiotico in gravidanza? Durante la gestazione, quando necessario, è possibile non solo assumere farmaci, ma anche ricorrere appunto agli antibiotici, essenziali per il trattamento delle infezioni batteriche, ma da utilizzare solo ed esclusivamente su prescrizione medica, per il tempo necessario e seguendo le dosi prescritte.
Si stima che il numero di gestanti con almeno una prescrizione di antibiotici raggiunga il 32% (una su tre). Ma vediamo insieme quali antibiotici si possono prendere in gravidanza e le indicazioni principali da seguire.
Per gli antibiotici più comunemente utilizzati l’uso in gravidanza è considerato sicuro. Quelli con la sicurezza di impiego maggiormente documentata sono i medicinali appartenenti alla classe delle penicilline, che sono anche il trattamento di prima scelta delle infezioni più frequenti.
«Ma si può usare l’antibiotico in gravidanza già dalle prime settimane?». Bisogna sempre ricordare che tutti i farmaci attraversano la placenta, e che dunque usarli in modo inappropriato può avere conseguenze sul feto. Nel caso degli antibiotici, molto dipende dal periodo della gravidanza in cui ci troviamo e dal principio attivo. Gli antibiotici che, nelle prime settimane di gravidanza possono avere un effetto teratogeno, ovvero associarsi ad anomalie congenite nel neonato, rappresentano un’eccezione.
L’unico farmaco antibatterico con un rischio documentato sul feto è un antibiotico risultato dell’associazione di due principi attivi, Sulfametoxazolo e Trimetoprim, commercializzato come Bactrim o Septra, utilizzato principalmente nel trattamento delle infezioni respiratorie.
Il primo trimestre è, in ogni caso, un momento particolarmente delicato perché in questa fase iniziale dello sviluppo embrionale si formano tessuti e organi definitivi, mentre nel secondo e nel terzo trimestre il rischio si riduce poiché la maggior parte degli organi è già differenziata. Ecco perché prima di prendere l’antibiotico in gravidanza occorre sempre rivolgersi al proprio ginecologo e mai affidarsi al “fai da te”.
Oltre all’associazione tra sulfamidici e trimetoprim, tra gli antibiotici da evitare in gravidanza, in particolare nel II e III trimestre, per un dimostrato effetto teratogeno, troviamo la classe delle tetracicline, utilizzate per il trattamento di infezioni da candida, micoplasma e sifilide. Questi antibiotici, a partire dalla 12° settimana di gravidanza, attraversano la placenta e si accumulano, influenzando lo sviluppo delle ossa e dei denti.
Anche la classe degli aminoglicosidi (gentamicina, neomicina, streptomicina), utilizzati nel trattamento delle infezioni urinarie, va evitata in gravidanza a causa del rischio di tossicità per il feto, preferendo altre tipologie di antibiotici.
Quando prendere l’antibiotico in gravidanza? Le infezioni più comunemente riscontrate durante la gestazione sono:
Tutte prevedono una terapia antibiotica mirata, a dosaggio pieno e per un periodo adeguato, anche quando ci si trova in dolce attesa, poiché il mancato trattamento può avere delle conseguenze sul bambino.
Le infezioni genito-urinarie sono comuni in gravidanza ma, se non trattate adeguatamente, possono aumentare il rischio di aborto spontaneo, di parto pretermine e di un neonato con basso peso alla nascita.
Ma quali antibiotici si possono prendere in gravidanza? In caso di infezione genito-urinaria, l’antibiotico prescritto sarà specifico per l’infezione in corso, selezionato tra quelli di prima scelta in gravidanza, quindi più sicuri, così da garantire la salute di mamma e bambino. Tra gli antibiotici amoxicillina, amoxicillina), metrondazolo e fosfomicina sono considerati sicuri ed efficaci. Nel caso di positività al tampone vagino-rettale per la ricerca dello Streptococco effettuato a termine di gravidanza, l’antibiotico più utilizzato è l’ampicillina, per evitare la trasmissione al bambino durante il parto.
La febbre in gravidanza superiore ai 38°C è spesso correlata a raffreddore, tosse e sintomi a carico della gola e delle orecchie. Nella maggior parte dei casi ha origine virale (80%), pertanto bisogna evitare l’uso di antibiotici, in quanto non servirebbe a migliorare lo stato di salute, né a guarire dal comune raffreddore o dall’influenza.
Molte malattie invernali che coinvolgono le vie respiratorie hanno sintomi simili ma possono richiedere trattamenti diversi (influenza stagionale, infezione batterica, infezione da Covid…). Qualora l’origine fosse batterica l’amoxicillina, una penicillina, è il farmaco di prima scelta in gravidanza, insieme al trattamento della febbre con antipiretici (come il paracetamolo). L’ampicillina è l’altro antibiotico utilizzato per le infezioni respiratorie in gravidanza, ma viene utilizzato prevalentemente a livello ospedaliero e qui somministrato per via endovenosa.
I più comuni effetti collaterali dell’antibiotico in gravidanza riguardano l’apparato digerente. L’assunzione di questo farmaco può infatti causare nausea e vomito, diarrea, gonfiore e dolore addominale; sintomi che generalmente si risolvono al termine del trattamento.
A cosa fare attenzione durante l’assunzione della terapia antibiotica? È importante assumere questi farmaci sempre secondo le modalità e i tempi indicati dal medico – senza interrompere il trattamento o ridurre le dosi solo perché ci si sente meglio – al fine di prevenire lo sviluppo di antibiotico-resistenza. Se ci si accorge di aver dimenticato una dose poco prima dell’orario in cui è prevista quella successiva, non va presa una dose doppia, perché così facendo potrebbe aumentare il rischio di comparsa di effetti indesiderati.
Come anticipato l’esposizione ad alcune tipologie di antibiotici nel corso della gravidanza è stata associata a effetti a breve termine, come ad esempio anomalie congenite nel caso di molecole a rischio teratogeno. Ma l’assunzione di antibiotici in gravidanza può determinare anche problemi a lungo termine, come ad esempio dei cambiamenti nel microbiota intestinale nel neonato. Per questo motivo, la terapia antibiotica va limitata alle situazioni in cui è necessaria, sempre su indicazione medica e mai su consiglio di amici, familiari o di personale non qualificato.
Lavora come ostetrica negli ospedali bolognesi dal 2018 e conduce corsi di accompagnamento alla nascita. Dal 2020 è professoressa a contratto presso l’Università di Bologna, per il corso di Laurea in Ostetricia. Ha elaborato e coordinato un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna, di protezione e promozione dell’allattamento al seno, sostenendo a domicilio le mamme con difficoltà nell’avvio dell’allattamento.