Scuola a parte, tra i sacrifici più importanti imposti ai bambini in questo lungo periodo di pandemia troviamo sicuramente la sospensione totale o parziale per diversi mesi delle attività sportive.
Cominciamo col dire che il movimento è molto importante per i bambini di tutte le età, perché permette loro di esplorare il proprio corpo e l’ambiente che li circonda. Frasi come «Non sta fermo un attimo!» o «Ha sempre voglia di correre e giocare» fanno capire bene quanto grande e costante sia il desiderio di movimento che spesso caratterizza i piccoli. A un certo punto questa energia può essere canalizzata in un contesto fatto di condivisione con i coetanei, rispetto delle regole e sana competizione: lo sport.
Educare i bambini a praticare un’attività sportiva fin da piccoli offre numerosi vantaggi. Scopriamo quali e come orientarci nella scelta dello sport per i bambini.
Diversi studi hanno dimostrato che un’attività fisica costante e bilanciata favorisce una crescita adeguata e armonica.
Per prima cosa, il bambino che fa regolarmente attività fisica, sia essa ricreativa o sportiva, ridurrà le ore giornaliere di sedentarietà e l’utilizzo di schermi e device; aspetto, questo, molto importante, se consideriamo anche ciò che ci indicano le statistiche: nella fascia d’età 6-10 anni è da considerarsi sedentario un bambino su tre.
Grazie allo sport, inoltre, il bambino prende dimestichezza con un “alfabeto motorio” (correre, saltare, arrampicarsi, fare capriole…) che gli consentirà di conoscere e usare meglio il proprio corpo; altro aspetto fondamentale, soprattutto alla luce di ciò che hanno registrato gli studi scientifici negli ultimi anni, ovvero una riduzione delle competenze motorie di base nei bambini di ogni età.
Non va dimenticato poi l’aspetto “sociale”: lo sport e le attività motorie in generale offrono ai bambini diverse possibilità di esprimersi e di lavorare sull’autostima, di interazione e integrazione, e altre competenze e abilità utili per la vita futura.
Ma come si fa a scegliere lo sport giusto per il bambino? Meglio orientarsi a seconda dell’età? È preferibile uno sport di squadra o individuale? Il temperamento del bambino deve essere tenuto in considerazione nella scelta? Se il piccolo presenta una patologia cronica, è opportuno permettergli di praticare sport? Proviamo a rispondere a queste e ad altre domande.
Le competenze motorie del bambino cambiano a seconda dell’età, e la scelta dell’attività fisica deve tenere conto di questo aspetto.
A 4 anni, ad esempio, attraverso il movimento, il piccolo esprime i propri stati d’animo e si rapporta con il mondo circostante. In questa fase sarà quindi opportuno scegliere attività sportive che consentano l’utilizzo di tutto il corpo, non occorrerà introdurre troppe regole e sarà importante lasciare al bambino la possibilità di muoversi in libertà e autonomia, così che possa rafforzare le competenze motorie indispensabili per le attività future.
Visto il periodo “propedeutico”, non è detto che sia necessario individuare uno sport specifico: basterà offrire al piccolo uno spazio per imparare a muovere in maniera coordinata e consapevole il proprio corpo. Se proprio si vuole scegliere uno sport valido per questa età, di certo possiamo indicare il nuoto, che oltre al vantaggio di far utilizzare tutti i principali gruppi muscolari, offre la possibilità di prendere dimestichezza con l’ambiente acquatico, riducendo così il rischio di fobie o incertezze future in tale contesto.
A 5 anni il bambino acquisisce gradualmente la capacità di associare il movimento a una precisa finalità: ad esempio, correre per vincere una gara. Uno sport consigliato a questa età è sicuramente l’atletica leggera, che permette di sperimentare la corsa e il salto – che sono alla base del movimento – in un’ottica di allenamento o competizione. Adeguata a questa fascia d’età è anche la ginnastica ritmica o artistica, che affina ed esalta la coordinazione, l’equilibrio e l’interazione neuro-muscolare.
Il momento giusto per iniziare i grandi sport di squadra (calcio, basket, pallavolo, rugby) è invece intorno ai 6 anni, età in cui il bambino affina la capacità di collaborare con i coetanei per raggiungere un obiettivo. In questa fase, inoltre, è più facile che il piccolo possa comprendere e memorizzare regole di gioco anche più articolate e complesse. Anche le arti marziali sono un’ottima scelta per questa età, vere e proprie discipline che permettono anche di canalizzare positivamente l’esuberanza motoria tipica di questa fase.
A 7 anni si possono intraprendere gli sport che prevedono l’utilizzo di uno strumento (tennis, scherma, ciclismo). Dato che queste attività, solitamente, prevedono l’utilizzo esclusivo di alcuni gruppi muscolari, sarà opportuno accompagnarli a sport più completi (come il già citato nuoto), o comunque garantire un’adeguata ginnastica compensativa.
A partire dagli 8-9 anni, è opportuno assecondare le preferenze e le inclinazioni sportive del bambino, lasciarlo libero di scegliere (anche di cambiare sport ogni anno se lo desidera). Diversi studi dimostrano che dedicarsi a un unico sport da piccoli è dannoso, perché comporta la sollecitazione costante degli stessi gruppi muscolari (dunque un rischio maggiore di infortuni in quelle zone) e non consente al bambino di apprendere schemi motori differenti.
A margine di questo elenco citiamo l’equitazione, attività che va intrapresa non prima dei 6 anni per evitare sollecitazioni eccessive all’apparato locomotore (sistema scheletrico e sistema muscolare) del bambino più piccolo. Questo sport prevede inoltre l’interazione con un animale: il fatto che ci voglia concentrazione per interpretare i segnali del cavallo, permetterà al bambino di comprendere che se si vuole interagire con gli elementi dell’ambiente occorrerà utilizzare delicatezza e attenzione.
«Ci sono sport più adatti per i bambini timidi?», chiede la mamma di Dario, che d’istinto vorrebbe iscrivere suo figlio a uno sport di squadra, con l’obiettivo di “buttarlo nella mischia” e aiutarlo così a vincere la timidezza. Attenzione però: in questo modo potrebbe ottenere l’effetto opposto e portare Dario non solo a chiudersi ancora più in sé stesso, ma anche a vivere lo sport come un impegno gravoso o una fonte di preoccupazione.
Il consiglio, in questo caso, è di avere un approccio graduale. Scegliere cioè uno sport individuale ma praticato nell’ambito di un piccolo gruppo che si mantiene pressoché costante nei mesi. Il nuoto, ad esempio, o l’atletica, permettono al bambino di svolgere l’attività fisica singolarmente ma, allo stesso tempo, di confrontarsi con i suoi pari e, gradualmente, di stringere con loro rapporti più disinvolti.
Lo sport di squadra potrà essere scelto in un momento successivo, quando il piccolo avrà acquisito una maggiore sicurezza in sé e sarà pronto anche a collaborare con altri bambini.
«Mio figlio è distratto e ha sempre la testa fra le nuvole», osservano invece i genitori di Carlo, anche loro alle prese con la scelta tra sport di squadra o individuale. In questo caso, uno sport di squadra può aiutare il bambino a prestare maggiore attenzione a ciò che fa o a ciò che succede attorno a lui, dal momento che lo spingerà alla collaborazione: l’errore del singolo può compromettere il successo della squadra, ecco dunque che Carlo sarà stimolato ad avere una maggiore concentrazione per aiutare i suoi compagni a raggiungere l’obiettivo sportivo comune.
Per i bambini iperattivi, il movimento è una necessità costante, tanto che vivono con agitazione le circostanze in cui solitamente occorre mantenere disciplina e autocontrollo (come ad esempio a scuola).
Sport adatti ai bambini iperattivi sono sicuramente le arti marziali, che impongono un codice di comportamento preciso e adeguato. Questa tipologia di attività, infatti, è caratterizzata da rituali specifici che devono essere per forza rispettati e che portano il bambino ad acquisire maggiore autocontrollo. Karate, Judo e altre arti marziali prevedono, ad esempio, il profondo rispetto per l’autorità: si ascolta con attenzione ciò che il maestro dice, per poter eseguire con precisione ciò che viene richiesto.
Altra attività che può essere molto utile per i bambini iperattivi è la danza classica, che non si discosta molto dalle arti marziali in quanto a disciplina e rispetto dell’autorità.
Il presupposto da cui partire è che lo sport è salute, pertanto nessun bambino dovrebbe farne a meno.
Se il piccolo presenta una patologia cronica, andrà scelto uno sport adatto per lui in termini di impegno fisico. Ad esempio, per i bambini con disabilità motoria o muscolo-scheletrica, è consigliata l’attività in acqua, così da ridurre le sollecitazioni alle ossa e alle articolazioni.
Prima di scegliere, però, sarà importante coinvolgere lo specialista di riferimento, per avere indicazioni sull’entità dello sforzo fisico e sulla frequenza a cui il bambino può essere sottoposto per trarre beneficio dall’attività sportiva.
Dopo alcuni anni di pratica sportiva, è facile che l’attività si intensifichi fino a raggiungere l’agonismo.
L’attività agonistica ha numerosi risvolti positivi: garantisce un impegno costante e duraturo, stimola l’atleta a migliorare i propri risultati, educa al sacrificio e al lavoro in vista di un obiettivo. Attenzione però a non trasformare lo sport nell’ennesimo impegno gravoso che riempie la settimana dei nostri ragazzi.
Il metro di giudizio per capire se l’attività sportiva è ancora una pratica sana è il divertimento: se il bambino si allena e si diverte, allora, indipendentemente dai carichi di lavoro, vorrà dire che si trova nell’ambiente giusto. A noi genitori spetta il compito di vigilare attentamente (a volte anche su allenatori troppo pressanti o pretenziosi).
Lo sport agonistico offre al bambino anche la possibilità di gareggiare: la voglia di competizione è naturale, e in questo modo potrà non solo assaporare il gusto della vittoria, ma anche imparare ad accettare con serenità la sconfitta (sarebbe utile, a tal proposito, se noi adulti ci chiedessimo: «Abbiamo la capacità di vivere, noi per primi, tali situazioni in modo equilibrato?»)
Individuale o di squadra, in palestra o all’aperto, con la palla o con la bicicletta, agonistico o meno: l’importante è che il bambino faccia sport e che lo faccia divertendosi, ricordandoci, al contempo, anche dell’importanza dell’attività motoria libera e ricreativa, che può e deve affiancare l’attività sportiva con l’obiettivo di “rosicchiare” quanto più tempo possibile a videogiochi e TV.