L’asilo nido è il primo ingresso in società per i nostri bambini.
Riportiamo di seguito l’intervista a Maura Farris, insegnante e ideatrice insieme a Claudia Loglisci e Mattia Ravetti dell’asilo “Il bosco dei piccoli” a Veglio, in provincia di Biella.
Il progetto “Il bosco dei piccoli” prende ispirazione da alcuni princìpi pedagogici formulati da autori che sentiamo molto vicini al nostro sentire educativo: Montessori, Rousseau, Steiner, Neil, Pizzigoni, le sorelle Agazzi; ma soprattutto ci ispiriamo ai filoni pedagogici nord-europei basati sul progetto “asilo nel bosco”.
Punto di forza di questo approccio educativo è la possibilità di essere pionieri, di poter scrivere un nuovo capitolo. Ogni asilo del bosco che nascerà in Italia, infatti, non sarà una fotocopia degli altri ma vivrà di vita propria, e adatterà il proprio progetto educativo ai talenti e al sentire dei maestri che lo “abiteranno”. Noi educatori, così come i nostri bambini, ci sentiamo liberi di poter attingere alle teorie dei più grandi illuminati della storia, liberi di spaziare, di poter scegliere il meglio di ogni approccio pedagogico invece di essere imbrigliati in metodi che lasciano poco spazio alla sperimentazione.
La pedagogia del bosco è una pedagogia viva: la differenza sostanziale rispetto all’approccio classico è proprio questa. Il contesto naturale è la chiave di volta, il ritorno ai ritmi armonici e l’imparare attraverso l’esperienza diretta completano il quadro. Anche il ruolo del maestro è innovativo, un maestro che non interferisce nei ritmi di apprendimento e crescita del bambino, ma ne osserva da lontano il fluire e interviene come mediatore nei casi in cui la sua presenza sia necessaria. Non si impone e poco propone. Il bambino si organizza da solo, crea, costruisce e inventa di sua spontanea volontà.
“Il bosco dei piccoli” (qui la pagina Facebook del progetto) vuole divenire un luogo in cui i bambini si sentano liberi di interagire con le attività, i laboratori, i percorsi sensoriali e di movimento, oppure possano essere liberi di sedersi, di ascoltare la natura e il proprio pensiero interiore. Si creeranno luoghi d’incontro dove educatori e bambini possano condividere idee e pensieri sul funzionamento del percorso. Momenti della giornata in cui i bambini stessi diventeranno nostri maestri e ci insegneranno quali sono i tempi per vivere.
Noi crediamo che questa pedagogia e il suo metodo educativo si fondano sull’amore per il bambino, agendo sul rispetto dei tempi individuali, sulla sollecitazione delle predisposizioni specifiche di ogni bambino e sullo sviluppo autonomo.
La nostra ispirazione pedagogica nasce dalla volontà di aiutare il bambino nel suo percorso di crescita, incentivando la sua autonomia “al far da solo”, la quale lo porterà ad accrescere autostima e consapevolezza delle proprie capacità, ma anche dei propri limiti. Si tratta di concedere ai bambini di vivere il momento, di poter esplorare le proprie curiosità fino a conoscerne ogni angolino, e di decidere i propri tempi di apprendimento.
L’associazione, infatti, intende garantire e preservare il diritto dei più piccoli a una crescita sana e istintiva, aiutandoli a realizzare quelli che sono i loro talenti innati e aiutandoli nel percorso di crescita e sviluppo.
Nell’estate del 2014 tre educatori, alla ricerca di un sistema formativo più rispettoso dell’animo e delle capacità dei bambini, si sono incontrati dopo anni di lavoro all’interno di realtà didattiche differenti. Da questo incontro è nata la comune voglia di far nascere un progetto di educazione alternativa e si è deciso di partire alla volta di Ostia Antica, dove alcuni maestri e educatori avevano fatto nascere un asilo nel bosco.
Qui abbiamo scoperto un modo nuovo di gestire il servizio educativo, dove bambini e educatori condividevano il loro tempo in modo allegro, rilassato e soddisfacente per tutti, grandi e piccoli. Abbiamo inoltre realizzato come la pedagogia del bosco e la pedagogia del buon senso fossero già parte di noi. Tornati a casa abbiamo messo in funzione le nostre menti e siamo andati a cercare la possibilità di realizzare, anche a casa nostra, questo sogno possibile. Abbiamo quindi deciso di fondare un’associazione che potesse far vivere e rivivere il contatto con la natura, non solo ai bambini, ma anche alle loro famiglie.
I nostri bambini reagiscono seguendo il proprio spirito e per ognuno il periodo di “adattamento” ha tempi e modalità differenti, modalità che verranno condivise con i genitori e saranno dettate dalle necessità intrinseche di ogni bambino. Dopo questo periodo di adattamento i bambini imparano a conoscere tutti i volontari che interagiscono con il progetto, creano legami con gli altri bambini, e soprattutto si immergono nel contesto naturale.
Quello che dal primo momento ci ha colpito è l’incredibile capacità organizzativa di questi bambini e la grande armonia che si crea quando si trovano insieme: si sentono come un’unica famiglia e si preoccupano gli uni degli altri.
Molto importante è anche il fattore felicità, perché i bambini sono contenti di venire all’asilo. L’aria fresca e pulita che respirano tutti i giorni, poi, fa sì che le assenze per malattia siano assai rare.
“Il bosco dei piccoli” è a tutti gli effetti un servizio educativo, quindi con una struttura (normata come baby parking) che, in caso di forte freddo, vento e pioggia insistente, prevede di trascorrere le giornate all’interno di una struttura/rifugio, in un ambiente caldo e accogliente che i bambini possono modificare seguendo i propri interessi. All’interno della struttura si organizzano giochi e attività in autonomia e gli educatori si muovono come osservatori attenti. In altri momenti, invece, si rielaborano i materiali raccolti in natura, si balla, e verso il fine settimana si panifica, cucinando pane e grissini da portare in dono alle proprie famiglie.
Le maggiori difficoltà le abbiamo incontrate nel cercare di capire in quale “cappello” burocratico inserirci. Gli asili nel bosco, infatti, in Italia non sono normati, quindi la scelta era ricercare all’interno delle normative stesse quella più affine alle necessità del nostro progetto. Dopo aver dialogato a lungo con le istituzioni locali e regionali abbiamo valutato la strada del baby parking, al momento quella più giusta per noi in attesa di avere un riconoscimento a livello normativo.
Lo abbiamo chiesto a una mamma che ci ha raccontato la sua esperienza:
«Ci siamo, è arrivato il giorno.
Tommaso si strofina gli occhietti ancora assonnato mentre fa colazione: non è abituato alle levatacce!
Lo osservo mentre finisce il suo latte di riso e guardo con gli occhi pieni di commozione, e il cuore che batte, la scatola che pochi giorni prima abbiamo decorato con la sua foto e le impronte colorate delle sue manine.
Avrò preso tutto quello che serve? Cambio, secondo cambio, asciugamani, spazzolino, dentifricio, tuta anti-pioggia – speriamo tenga davvero come diceva la recensione su Internet – e stivaletti.
È ora, si va. L’avrò coperto abbastanza? Troppo? Piangerà quando lo lasciamo? Piangerò io? Ma perché suo padre è così tranquillo?!
Arriviamo al grazioso prefabbricato in legno circondato dal bosco dell’azienda agricola che ci ospiterà durante questa esperienza. Tanto per iniziare ad abituarsi subito, ci accoglie un cielo grigio e una pioggia sottile. Il terreno davanti all’entrata della casetta è fangoso, e guarda caso è la prima cosa che attira i bambini: quello e le pozzanghere.
Entriamo. La zona “cambio” è semplice ed essenziale, totalmente in legno e costruita con cura da un artigiano della zona. Ci sentiamo subito a nostro agio, sereni. Il salone è arredato con mobili a misura di bimbo, anch’essi in legno; i giochi sugli scaffali sono pochi e ordinati.
Ci sediamo vicini alle altre sette famiglie pioniere del progetto, tutti ugualmente desiderosi di donare al proprio figlio il ricordo di una prima infanzia serena e incredibilmente normale.
Sì, normale. Perché per quanto ci riguarda, l’anormalità sta nel costringere dei bambini di 3/4 anni a stare seduti più del necessario o a passare il tempo colorando fogli prestampati che uccidono la creatività.
Per mio figlio ho scelto che diventi normale correre sui prati, rotolarsi da una collina, saltare nelle pozzanghere, cadere e rialzarsi, riconoscere il rumore che emette il becco di un picchio sui tronchi, distinguere le tracce che lascia il capriolo al proprio passaggio, imparare a fare il pane, colorare per il piacere di farlo e scoprire che si può usare anche la terra.
Per mio figlio ho scelto che diventi normale il rispetto per gli altri, per la natura e per gli animali. Ho scelto che diventi normale il voler bene, lo stupirsi della bellezza che ci circonda, riconoscerla e apprezzarla. Voglio che impari a usare le mani per creare e a usare la testa per ragionare, mentre è guidato nel seguire le proprie scelte perché non esiste un’età in cui sia lecito ostacolarle.
Per mio figlio ho scelto la libertà, e tre persone competenti in grado di aiutarlo a tirare fuori i talenti che lui già possiede.
A distanza di due anni da quel giorno continuo a chiedermi ogni mattina se l’abbia coperto abbastanza, ma solo il mio cuore di mamma sa quanto io sia fiera e colma di gratitudine quando Tommaso mi regala un rametto descrivendolo come il più prezioso dei tesori. Perché in quel rametto ci sono i suoi quattro anni e tutto l’amore, la fantasia, lo stupore e la bellezza delle piccole grandi cose».
Ha girato il mondo a piedi, in bici e sul pedalò, fino a quando ha scoperto l’editoria e il marketing: dopo aver ricoperto i ruoli di redattore prima e di responsabile marketing poi, è diventato CEO di Uppa nel 2017.