Negli ultimi anni si sente parlare molto di “asilo parentale” e di “scuola parentale”. In un periodo storico in cui le famiglie si interrogano sempre più sulle scelte educative migliori per i propri figli, la nascita di queste peculiari realtà ha visto una forte crescita nel nostro Paese. Ma in cosa consistono esattamente? E quali sono i principi pedagogici alla loro base?
In questo articolo faremo un po’ di chiarezza in merito alle modalità di funzionamento, all’organizzazione e ai valori che sono alla base di queste realtà.
Cos’è la scuola parentale? Potremmo definirla una scelta alternativa al sistema scolastico tradizionale. A livello organizzativo, nella maggioranza dei casi si tratta di associazioni costituite da gruppi di genitori che, mossi da interessi e valori comuni, decidono di creare una realtà e selezionare educatori, insegnanti e professionisti qualificati (musicoterapisti, atelieristi…) a cui affidare il compito educativo.
In un certo senso, asilo e scuola parentale si collocano in un punto intermedio tra il noto homeschooling o home education (in cui è il nucleo familiare stesso a occuparsi direttamente dell’istruzione dei figli) e la scuola pubblica tradizionale.
Nella maggioranza dei casi si tratta di progetti educativi che coinvolgono bambini e bambine di età compresa tra i 3 e i 6 anni, nel caso degli asili parentali, e tra i 6 e i 10 anni, nel caso delle scuole parentali.
A rendere possibile la nascita di queste realtà sono in particolare gli articoli 30, 33 e 34 della Costituzione italiana. La normativa infatti sancisce il diritto all’istruzione di bambini e ragazzi fino al compimento dell’obbligo scolastico, ma chiarisce che non esiste alcun obbligo di frequenza della scuola pubblica; tale obbligo, in poche parole, può essere assolto perfettamente attraverso la frequenza di una scuola privata o per mezzo dell’istruzione parentale.
Attenzione però: mentre per i bambini fino ai 6 anni non è necessaria alcuna particolare pratica burocratica, dai 6 anni in su è necessario, ogni anno, che il dirigente scolastico dell’istituto di riferimento e il sindaco del Comune di residenza siano avvertiti mediante compilazione e invio di un modulo in merito alla scelta della famiglia di ricorrere all’istruzione parentale.
Alla base, come abbiamo detto, vi è un gruppo più o meno folto di genitori che condividono valori, stili educativi e idee pedagogiche. Una volta stabilita la forma giuridica che si intende adottare (associazione, cooperativa sociale…) e individuato il luogo in cui far sorgere la nuova realtà educativa (ne va accertata l’idoneità sul piano della sicurezza e assicurativo), è necessario pensare alla selezione del personale educativo, decidendo, ad esempio, se saranno alcuni dei genitori a svolgere questo compito o se verranno assunti educatori esterni.
Risolte le questioni organizzative e logistiche, le famiglie dovranno, eventualmente in collaborazione con un’équipe pedagogica, lavorare agli aspetti didattici.
Generalmente gli asili e le scuole parentali si rifanno a un preciso orientamento pedagogico. Nel nostro Paese nascono sempre più realtà ispirate alla pedagogia steineriana, a quella montessoriana, all’educazione libertaria e democratica e alla pedagogia del bosco.
A prescindere dalla pedagogia alla base dello specifico asilo parentale, un punto in comune tra le diverse realtà sembra essere l’attenzione non solo al bagaglio culturale dei bambini e delle bambine, ma soprattutto alla crescita globale della persona.
Analizzando i differenti progetti si nota generalmente una grande attenzione ai bisogni dei bambini, al contatto con la natura, all’educazione emotiva e relazionale e all’esperienza diretta come veicolo dell’apprendimento. I valori della scuola parentale sono dunque improntati al rispetto del bambino, dei suoi tempi, dei suoi interessi e delle sue capacità.
Anche le modalità con cui vengono trasmessi gli insegnamenti sono, nell’asilo e nella scuola parentale, davvero peculiari. Viene generalmente prediletta una didattica che si basa sulle esperienze (imparare partendo dall’azione) e su progetti volti a tale scopo. In queste realtà i bambini e le bambine hanno a disposizione diversi strumenti per trovare risposte alle loro domande e viene data loro l’opportunità di uscire frequentemente dall’aula e realizzare esperienze nel mondo esterno; non solo nella natura, ma anche al supermercato, in fattoria, a teatro e in tutti quei contesti che possono offrire arricchimento.
Tra i più famosi esempi di scuola parentale italiana figurano “Piccola Polis”, il progetto di istruzione parentale proposto dall’associazione L’asilo nel bosco, a Ostia antica, e il progetto educativo “CampoVolo”, nella Provincia di Ravenna, che si contraddistingue per l’approccio zooantropologico e offre percorsi ai bambini e alle bambine dai 3 ai 14 anni.
Prima di valutare se aderire o meno ad un progetto di educazione parentale sarebbe opportuno riflettere innanzitutto sulle caratteristiche e sui bisogni del bambino e della famiglia in questione e su ciò che il territorio possiede in termini di offerta. È fondamentale, infatti, che alla base della scelta operata vi sia una sensibilità educativa consapevole.
Le realtà parentali presentano senza dubbio alcuni vantaggi importanti. Ad esempio, tra i punti di forza dell’asilo parentale c’è sicuramente il coinvolgimento attivo delle famiglie, nucleo fondante dei progetti di educazione parentale, che richiedono ai genitori di incontrarsi regolarmente, prendere parte alle decisioni e offrire il proprio contributo in maniera anche concreta (dalla manutenzione delle strutture alla realizzazione del materiale didattico). Da non sottovalutare anche il fatto che tendenzialmente i gruppi sono formati da un numero limitato di bambini, il che permette a educatori e insegnanti di seguire meglio interessi e ritmi di apprendimento individuali, e ai bambini e alle bambine di apprendere attraverso le molte e diverse esperienze.
I progetti di educazione parentale inoltre sono caratterizzati da un forte legame con il territorio, possibile grazie alla collaborazione con altre realtà e alla formazione di reti. Questo permette alle famiglie e soprattutto ai bambini e alle bambine che frequentano scuole e asili parentali di confrontarsi con molteplici contesti e realtà, costruendo così un bagaglio esperienziale solitamente più diversificato rispetto l’offerta della scuola tradizionale
Allo stesso modo, queste realtà presentano anche elementi di “debolezza”. Uno dei maggiori è probabilmente il rischio per le realtà parentali di divenire dei “contesti bolla”. Nascendo dalla cooperazione di famiglie aventi gli stessi ideali e valori, verrebbe più facilmente a mancare quella pluralità di orientamenti, appartenenze e visioni tipicamente presenti nella scuola pubblica che tanta importanza rivestono anche per lo sviluppo cognitivo e socio-emotivo dei bambini.
Un altro elemento da non trascurare è lo scarso controllo operabile su queste realtà, come emerso da fatti di cronaca piuttosto recenti. Per molte famiglie, gli asili e le scuole parentali sono diventati un’opzione, con l’avvento della pandemia da COVID-19 e le misure di contenimento stabilite. Il fenomeno ha raggiunto estremi anche preoccupanti quando diverse famiglie nel Nord Italia, contrarie al Green Pass e/o alla vaccinazione contro il COVID-19, hanno deciso di optare per la creazione di realtà parentali non del tutto in regola dove fosse più semplice aggirare le normative per il contenimento della pandemia [1] . Si tratta di scelte gravi, assunte non per il valore pedagogico attribuito alle realtà parentali per sé ma come strategia per eludere le misure sanitarie.
È davvero fondamentale, quindi, che la scelta di creare o di aderire a un progetto di istruzione parentale sia fondato su una riflessione e una ricerca consapevole da parte delle famiglie.
Da non trascurare sono poi le difficoltà organizzative e gestionali, come anche i costi sul lungo termine che queste realtà comportano. Dovendo auto-finanziarsi le realtà parentali prevedono il pagamento di rette mensili o annuali di entità variabile, il che chiama in causa anche la questione del diritto all’istruzione.
Anche la gestione delle relazioni tra le famiglie è un tema centrale. Come abbiamo visto la nascita di queste realtà è possibile quando sussiste una condivisione di ideali e vedute pedagogiche ed educative. Allo stesso modo, dissidi e discordie possono comportare una rapida implosione di questi progetti.
Quella dell’asilo o della scuola parentale può essere dunque un’importante opportunità tanto per i bambini e le bambine quanto per le loro famiglie. Si tratta, comunque, di una scelta da ponderare e da compiere in maniera informata. Se da un lato il sistema pubblico presenta non poche debolezze, è altrettanto vero, infatti, che esso rappresenta un diritto fondamentale e da non svalutare.
Dopo la laurea in Scienze dell’educazione si specializza nel Metodo Montessori per la prima infanzia presso l’Opera Nazionale Montessori e successivamente con il Centro Nascita Montessori. Nel 2016 fonda “Aiutami a fare da me”, sito che ha lo scopo di divulgare il pensiero di Maria Montessori, e nel 2019 si trasferisce in Germania continuando il suo lavoro di educatrice presso un asilo nido di ispirazione Reggio Children. Collabora con numerose riviste specializzate e sostiene i genitori con percorsi individuali di parent coaching.