Un vecchio pediatra trova difficoltà a dare una risposta. I farmaci salvavita? Sì, certo. Ma di cosa può muorire oggi un bambino in Italia? Solo di tumore. Quindi mettiamo tra i farmaci essenziali gli antitumorali, anche se potrebbero essere usati solo per 2 bambini ogni 1000.
Si potrebbe morire anche di infezione da batteri? Sì, certo, ma non succede praticamente mai perché le malattie di origine batterica si sono straordinariamente ridotte di gravità e di frequenza (la meningite, e non per merito delle vaccinazioni, è diventata meno frequente del tumore: circa 1 caso ogni 1000 nati). Le infezioni batteriche si curano con gli antibiotici, e perciò mettiamoli tra i farmaci essenziali. Ma non dimenticando che solo una infezione ogni 10 ha veramente bisogno di antibiotici: le altre, virali o comunque benigne, guariscono da sole. E quanti e quali antibiotici? Diciamo che tre basterebbero per il 95% dei casi; alcuni, più sofisticati e di raro uso, potrebbero essere riservati a malattie speciali, o a gravi infezioni che colpiscono bambini con tumore o con difetto dell’immunità.
C’è un altro importante gruppo di malattie di cui si può morire o da cui si può restare gravemente debilitati: le malattie da autoaggressione, o autoimmuni, in cui il sistema immunitario si rivolta contro il proprio organismo, danneggiandolo. Si curano con il cortisone, coi farmaci antinfiammatori (del tipo dell’aspirina) e con altri farmaci che deprimono l’immunità, alcuni di questi sono gli stessi che combattono i tumori. Quanti saranno i bambini con malattie autoimmuni? Alla larga 2 o 3 casi ogni 1000, più o meno come i tumori. Una di queste malattie autoimmuni è il diabete. Per quella c’è bisogno dell’insulina.
E l’asma? E le malattie allergiche? Sono malattie frequenti quasi come le infezioni; anche se è molto molto difficile morire d’asma o di eczema, curiamole, è più che logico. I farmaci essenziali? Ancora il cortisone (per bocca o per aerosol nell’asma, per pomata nell’eczema). In più, occorrerà un broncodilatatore. E le vitamine? Sono essenziali, ma sono comprese nella dieta. Non ci mancano. E il ferro? Anche quello è compreso nella dieta (un po’ di carne). Non vogliamo mangiare la carne? Ok, mettiamo anche il ferro.
E la febbre e il mal di testa? Curiamoli pure, ma non possiamo considerare i farmaci della febbre e quelli del mal di testa come “essenziali”, perché febbre e mal di testa vanno via da soli. Comunque, via, mettiamoci il paracetamolo.
L’epilessia, dimenticavo. Circa 1 bambino ogni 100. Non si muore, ma si sta male. Mettiamoci 3 farmaci antiepilettici, perché l’epilessia non è una malattia unica. Le emorragie digestive: malattia da reflusso, ulcera, diverticolo di Meckel. Un bambino ogni 500 nati, poco più, poco meno. Dobbiamo dargli un antiacido.
Dunque: 3 antibiotici, il cortisone, un anti-infiammatorio a scelta, il paracetamolo per i piccoli disturbi della vita, un broncodilatatore per gli asmatici, 3 antiepilettici, il ferro, e un po’ di medicine di raro o rarissimo impiego per malattie rare o rarissime. Ho esagerato? Non credo.
È una sciocchezza pensarlo, così come è una sciocchezza credere che gli antibiotici per iniezione siano più efficaci degli antibiotici per bocca. L’antibiotico è per sua natura un veleno mortale per i batteri: non esiste nessun antibiotico che ne uccida tutte le specie, ma ciascun antibiotico, per le specie sensibili, è micidiale.
Esistono antibiotici a spettro d’azione più o meno largo: per esempio, la penicillina è micidiale solo per tre (importanti) batteri, ovvero pneumococco, streptococco e spirocheta della sifilide; le cefalosporine, parenti strette della penicillina, sono micidiali anche contro moltissimi altri microbi, che stanno nell’intestino, nelle vie urinarie, nella carie dentaria. Allora sono migliori? Non è affatto detto, primo perché alcuni germi (per esempio quelli dell’intestino) fanno più bene che male, e secondo perché è inutile usare un cannone per sparare a una mosca. È molto meglio, quando è possibile, riconoscere la mosca e usare il farmaco più adatto.
E quella faccenda della via di somministrazione? Anche qui ci sono delle regole di buon senso. Esistono malattie gravi (la meningite, l’osteomielite, la setticemia), per le quali non ci si possono permettere errori: bisogna essere certi che il bambino prenda l’antibiotico e questo resti a lungo nel sangue a un livello elevato. Perciò si fa (in ospedale) endovena. Negli altri casi è dimostrato che non c’è differenza di efficacia tra le punture e lo sciroppo o le compresse (in questo articolo vediamo come e quando utilizzare l’antibiotico nei casi di otite).
La risposta potrebbe essere nessuno, ma diciamo, più prudentemente, quasi nessuno, anche se la prudenza riguarda un piccolissimo numero di farmaci, in parte fuori mercato, in parte usati molto raramente, e anche in questi casi il divieto vale solo per la mamma che allatta un bambino di pochi giorni.
In pratica, per avere il cuore abbastanza tranquillo, basterà pensare a questi 4 principi base:
C’è. Ecco, nelle prudenti conclusioni della Società Italiana di Neonatologia, i farmaci controidicati nell’allattamento al seno, e il perché di tale controindicazione.
Come capite si tratta di farmaci raramente prescritti, la controindicazione è sempre ispirata a una grande prudenza e spesso riguarda solo il periodo strettamente neonatale.
Con questo nome un po’ birichino viene chiamato generalmente il foglietto illustrativo che accompagna, d’obbligo, ogni confezione di farmaco. Sarà anche bugiardo, ma è prezioso, infatti tutti i medici lo leggono attentamente, almeno una volta, prima di prescrivere ogni farmaco. Il bugiardino contiene: le indicazioni principali per cui un farmaco viene usato; le controindicazioni formali, cioè in quali condizioni non deve essere usato; tutti gli effetti collaterali che possono intervenire; le dosi indicative del farmaco.
Leggere il bugiardino aiuta a capire perché prendere un un farmaco, dice quanto prenderne (a meno che il medico non abbia spiegato che, in quel caso specifico, le dosi devono essere differenti) e cosa pensare se insorgesse questo o quel disturbo che, per esperienza, si sa può derivare da quel farmaco.
Ma allora perché lo chiamano bugiardino? Il motivo di fondo è che il foglietto illustrativo viene compilato dalle case farmaceutiche soprattutto per difendere sé stesse da eventuali, sempre possibili, richieste di risarcimento: qualunque effetto indesiderato previsto possa capitare a un paziente, la ditta produttrice potrà sempre dire: “Ve l’avevo detto, io!”.
A volte però la lettura attenta del bugiardino può disorientare un genitore. Molti farmaci non sono stati sperimentati in età molto tenera (per esempio al di sotto dei 2 anni) sicché la loro innocuità è probabile ma non garantita, non confermata dalle prove. In questi casi, il foglietto illustrativo dice addirittura che il farmaco è sconsigliato o controindicato nei bambini. Ma talvolta, quando è il caso, genitori e medico possono decidere insieme di usare un certo farmaco per un disturbo ragionevolmente importante del bambino, anche se non ne è stata fatta, e probabilmente non ne verrà mai fatta, una sperimentazione formale costosa.
Anche sulle dosi, spesso è necessario discostarsi da quello che è scritto: i bambini infatti smaltiscono i farmaci a ritmo più rapido degli adulti, perciò hanno bisogno di dosi più elevate, in proporzione al loro peso, naturalmente.
Comunque, se il bugiardino pecca in qualche modo, è nel tendere all’eccessiva prudenza. E se la sua lettura produce chiarimenti tra genitori e pediatra, meglio così: la chiarezza è la base della fiducia e esser chiari coi pazienti aiuta il pediatra a diventare più chiaro anche con sé stesso.