In sostanza, sembrerebbe esistere una stretta connessione tra l’insorgenza di questa malattia nei bambini e una esposizione prolungata agli ambienti clorati tipici delle piscine. Più precisamente, respirare a lungo aria contenente derivati del cloro altererebbe la permeabilità dei bronchi, favorendo in tal modo sensibilizzazioni di tipo allergico e predisponendo i soggetti esposti all’asma.
Sì, se si esagera. Una frequentazione troppo assidua delle piscine, soprattutto in tenerissima età, potrebbe infatti aumentare il rischio di sviluppare l’asma. È questa la conclusione di una review – ovvero di una revisione di tutto quanto esiste in letteratura scientifica – coordinata dal professor Eugenio Baraldi del Dipartimento di Pediatria dell’Università di Padova e pubblicata sulla prestigiosa rivista americana Pediatric Pulmonology.
“Il problema – ha spiegato il professor Eugenio Baraldi – non è una novità: studi condotti in Belgio avevano già sollevato la questione, soprattutto rispetto a categorie particolari di frequentatori. Mi riferisco agli atleti che praticano nuoto a livello agonistico e che di conseguenza si recano in piscina quasi quotidianamente. Mettendo insieme i vari lavori, abbiamo però visto che anche la frequentazione non assidua delle piscine può creare problemi, soprattutto nei più piccoli, le cui vie aeree sono ovviamente più delicate”.
Sotto accusa dunque il cloro, in particolare alcuni suoi derivati noti con il nome di cloroammine, prodotti dalla reazione chimica tra il cloro attivo libero e alcune sostanze organiche normalmente presenti nell’acqua delle piscine (pelle, urina, sudore). Proprio questi derivati – noti come cloro attivo combinato – sono responsabili dei ben noti fenomeni di irritazione agli occhi e alle mucose di chi frequenta le piscine. Il più irritante è la tricloroammina: un composto volatile che si disperde facilmente nell’aria concentrandosi nei primi 15-20 centimetri sopra il livello dell’acqua, dove viene inalato dai nuotatori.
“Innanzitutto – prosegue Baraldi – è bene precisare che i bambini che frequentano la piscina una o due volte la settimana non corrono particolari rischi. Diverso è il discorso se la frequenza sale a 4 o 5 volte: in questo caso si potrebbe effettivamente alterare l’equilibrio biologico delle vie aeree dei bambini e favorire la comparsa di sintomi simili all’asma. Una particolare attenzione deve essere riservata ai più piccoli: meglio evitare la cosiddetta moda del baby swimming, evitando di portare in piscina bambini di età inferiore ai 2-3 anni”. E prosegue: “Molto dipende comunque dai livelli di cloro presenti: in Germania, ad esempio, non si è riscontrata alcuna corrispondenza tra frequentazioni di piscine e sviluppo di asma, in virtù del fatto che il cloro presente nell’acqua è in percentuale minore rispetto ad altri Paesi, Italia compresa”.
Ha girato il mondo a piedi, in bici e sul pedalò, fino a quando ha scoperto l’editoria e il marketing: dopo aver ricoperto i ruoli di redattore prima e di responsabile marketing poi, è diventato CEO di Uppa nel 2017.