Quando si parla di bronchiolite nei neonati o nei bambini ci si riferisce a un’infiammazione delle vie aeree innescata da virus respiratori che colpisce soprattutto i soggetti di età inferiore ai 12 mesi di vita. Tra tutti, il virus maggiormente implicato nella bronchiolite è il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), responsabile in tutto il mondo di 3,2 milioni di ricoveri ospedalieri l’anno, nonché principale causa di ricovero ospedaliero nei bambini al di sotto di un anno. Globalmente la bronchiolite è responsabile di circa 60.000 morti l’anno nei bambini di età inferiore ai 5 anni, la maggior parte dei quali nei Paesi in via di sviluppo.
Nel corso del 2020, grazie alle misure adottate per fronteggiare la pandemia da COVID-19 (lockdown, distanziamento sociale, utilizzo delle mascherine, disinfezione delle mani e sanificazione degli ambienti), i casi di bronchiolite segnalati in tutto il mondo hanno subito un calo del 70-80% rispetto agli anni antecedenti, mentre negli ultimi mesi del 2021 si è registrato un rapido aumento del numero di casi di bronchiolite in bambini e neonati.
Cerchiamo di capire perché viene la bronchiolite. Questa infiammazione si verifica per l’esattezza nelle diramazioni più sottili delle vie aeree, i bronchioli, che vengono ostruiti al punto da impedire il passaggio dell’aria dal polmone sia in entrata sia in uscita, con conseguente riduzione dell’ossigeno e aumento dell’anidride carbonica presente nel sangue.
Come si trasmette la bronchiolite? I virus respiratori che determinano la bronchiolite si trasmettono con molta facilità tramite inalazione di microparticelle di saliva/secrezioni emesse nell’aria dalla persona infetta attraverso colpi di tosse e starnuti, oppure per autoinoculazione, ovvero se si toccano con le mani oggetti infetti e, senza adeguata pulizia, ci si tocca la bocca, il naso o gli occhi. A tal proposito è bene ricordare che i virus sono in grado di sopravvivere a lungo sulle superfici, che si tratti di cellulari, tastiere dei PC, giocattoli, tavoli o maniglie delle porte.
Nei lattanti i virus respiratori vengono facilmente trasmessi dal contatto ravvicinato con un familiare affetto da raffreddore, in particolare un fratellino o una sorellina che frequenta l’asilo, dove la diffusione delle infezioni virali, si sa, è molto rapida.
Come detto, la causa più frequente di bronchiolite è il Virus Respiratorio Sinciziale (VRS), che causa raffreddore e tosse nei bambini e negli adulti. La stagione in cui il virus si diffonde più facilmente in Italia va da Novembre ad Aprile.
Altri virus riscontrati in minore percentuale sono il Rhinovirus, i virus parainfluenzali e influenzali, i Coronavirus (appartenenti alla stessa famiglia del Sars-CoV2), i Metapneumovirus; tutti questi determinano una sintomatologia caratterizzata da raffreddore, tosse e in alcuni casi febbre sia negli adulti sia nei bambini.
Vediamo ora di seguito quali sono i sintomi della bronchiolite nei neonati e nei bambini. Tutti i casi di questa infiammazione esordiscono con una condizione simile al raffreddore: il bambino comincia ad avere il naso ostruito e muco trasparente che cola, al punto che può fare fatica a poppare. Questa condizione, denominata rinorrea, può essere accompagnata da febbre non molto elevata (temperatura massima in genere inferiore a 38°C) ed è espressione dell’ingresso del virus nelle prime vie aeree, dove comincia a crearsi l’infiammazione. In questa fase è bene far visitare il piccolo dal medico curante, che potrà seguire l’evoluzione della malattia.
Con la diffusione dell’infezione lungo le vie aeree inferiori, si verificano i seguenti fenomeni:
Il bambino con difficoltà respiratoria appare più sofferente, pallido o con colorazione violacea intorno alle labbra, con gli occhi alonati, e tende a non terminare le poppate. Nei neonati è inoltre possibile osservare degli episodi di apnea (interruzione improvvisa del respiro per 10-20 secondi o anche più). In questi ultimi casi descritti, è fondamentale una valutazione pediatrica d’urgenza, poiché i meccanismi di compenso all’ostruzione delle vie aeree hanno una durata limitata nel tempo (c’è, in sostanza, il rischio di un’insufficienza respiratoria) e l’aumentata frequenza respiratoria insieme alle ridotte assunzioni di latte mettono il bambino a rischio di disidratazione. Ricordiamo che in 2/3 dei casi la bronchiolite è senza febbre nella fase in cui l’infezione si è propagata alle basse vie aeree.
Quanto dura la bronchiolite? Dal primo contatto con il soggetto infetto all’insorgenza dei primi sintomi respiratori delle alte vie aeree trascorrono circa quattro-sei giorni (tempo di incubazione). Ai sintomi delle alte vie aeree seguono l’insorgenza della tosse e i segni di difficoltà respiratoria, espressione della propagazione dell’infezione alle basse vie aeree.
Complessivamente, dall’esordio alla risoluzione dei sintomi, la bronchiolite nei bambini dura circa due settimane (nel 10-20% dei casi anche tre). Il decorso può complicarsi se si presenta una sovrainfezione batterica (otite o polmonite), che si evidenzia con febbre elevata e peggioramento delle condizioni cliniche del bambino.
In due studi su popolazioni di bambini con bronchiolite, condotti in Italia e in Spagna, è stato constatato che il rischio di bronchiolite aumenta nei bambini allattati con formula artificiale rispetto ai bambini allattati al seno in maniera esclusiva o mista, in quanto attraverso il latte materno vengono trasmessi al bambino anticorpi e numerose molecole con azione anti-infettiva.
Altri riconosciuti fattori di rischio per la bronchiolite (e le infezioni respiratorie in genere) sono il fumo di sigaretta e lo smog, in grado di danneggiare le cellule delle mucose respiratorie e favorire l’ingresso dei virus.
Abbiamo già accennato che la fascia di età più colpita dalla bronchiolite è solitamente quella dei lattanti tra i 3-6 mesi, tuttavia sono a rischio di forme particolarmente gravi i neonati (ovvero, ricordiamolo, i bambini nei primi 30 giorni di vita), in particolare i neonati prematuri, soprattutto se di età inferiore alla 35^ settimana, e, tra questi, ancor di più i bambini nati estremamente prematuri, cioè prima delle 29 settimane di età gestazionale, oppure quelli con malattia polmonare cronica.
Infine, sono a rischio di bronchiolite grave i bambini con:
È importante ricordare che i neonati e i lattanti con fratelli/sorelle in età scolare e quelli inseriti precocemente al nido hanno un rischio elevato di contrarre il Virus Respiratorio Sinciziale e i virus respiratori responsabili di bronchiolite.
Dato che non esiste al momento un farmaco antivirale che si sia dimostrato efficace, la cura per la bronchiolite consiste in una terapia di supporto al sistema immunitario. Le cose più importanti da assicurare al bambino sono:
Altre terapie che vengono spesso prescritte (aerosolterapia con steroide inalatorio, broncodilatatori, aerosol con soluzione ipertonica, somministrazione di steroide per via sistemica) non sono raccomandate nelle linee guida di gestione della bronchiolite in quanto le prove di efficacia risultano limitate.
L’avvio della terapia antibiotica va valutato dal medico solo nel caso di una sospetta sovrainfezione batterica.
Adottando delle misure adeguate è possibile limitare la probabilità di contagio del bambino con il VRS. Nel dettaglio:
Praticare la profilassi con gli anticorpi diretti contro il VRS nei bambini a rischio (elencati nella scheda tecnica AIFA e nel documento redatto dalla Società Italiana di Neonatologia) una volta al mese per tutta la durata della stagione epidemica.
calabrese di nascita, ha studiato a Messina, dove si laurea in Medicina e si specializza in Pediatria, approfondendo in particolare i campi della Neonatologia e delle emergenze pediatriche. Il percorso di specializzazione la porta anche a frequentare la Terapia Intensiva Neonatale dell’Ospedale “Buzzi” di Milano e il Pronto Soccorso Pediatrico dell’IRCSS “Burlo Garofolo” di Trieste. Dal 2019 scrive per Uppa.