«Il mio bambino ha 2 anni e fa capricci continui! Perché?», ci chiede Elena, la mamma di Pietro. Iniziamo col dire che i 2 anni di età sono considerati, in particolare, proprio l’epoca dei capricci continui. Le lotte nel vestire, per mangiare una cosa piuttosto che un’altra, per quando andare a dormire o lasciare il parco giochi sono per molti genitori quasi all’ordine del giorno.
Ecco allora crescere in noi adulti il senso di fatica, l’impotenza, la frustrazione, fino ad arrivare al culmine in cui, insieme alle staffe, perdiamo anche ogni possibilità di riconnessione con nostro figlio.
Vediamo di seguito alcuni consigli su come gestire e affrontare i capricci dei bambini anche a seconda dell’età.
Cominciamo col dire che il termine “capriccio” viene usato in realtà a sproposito per descrivere quelle voglie improvvise o bizzarrie spesso di breve durata del bambino che noi genitori tendiamo o meno a soddisfare. Il termine anglosassone temper tantrums, cioè “scatto d’ira” o “rabbia non controllata”, è decisamente più appropriato, in quanto descrive bene l’incapacità del piccolo di regolare emozioni e comportamenti.
È infatti importante chiarire che questi atteggiamenti ai nostri occhi tanto sconvenienti ed eccessivi non sono immotivati, né tanto meno futili. Alla loro base, infatti, è sempre possibile individuare un bisogno implicito, che chiede a gran voce di essere visto, riconosciuto e convalidato.
Facciamo un esempio. È mattina presto e il nostro bambino non vuole proprio saperne di prepararsi. Gli proponiamo persino di indossare la sua maglia preferita, ma lui risponde che non gli piace più e inizia un pianto inconsolabile (che può portare anche ai cosiddetti spasmi affettivi), getta persino via il capo d’abbigliamento.
Davanti a una condotta del genere in molti si lascerebbero sopraffare dal nervosismo e, vista anche la fretta di uscire, andrebbero a reprimere il comportamento con durezza vestendo a forza il bambino (non senza qualche minaccia e una certa fatica!). Si crea così una vera e propria lotta di potere dalla quale, però, entrambe le parti escono sconfitte.
La situazione, probabilmente, si sarebbe potuta svolgere diversamente se l’adulto, invece di impuntarsi, avesse cercato di porsi in ascolto. Difficilmente, infatti, il bisogno più evidente è effettivamente quello all’origine del capriccio. Nel nostro esempio magari il vero problema del bambino non era “quale maglia indossare”, ma piuttosto la consapevolezza che una volta pronto sarebbe dovuto andare all’asilo, separandosi dal genitore!
Ecco allora che quella reazione, per noi illogica, sproporzionata e insensata, acquisisce improvvisamente significato. Con quel comportamento il bambino stava cercando di comunicare, seppur in maniera inefficace, qualcosa che non era ancora in grado di dire a parole: la paura e la tristezza di doversi separare dalla persona amata.
Invece di minimizzare quel vissuto, nostro compito dovrebbe essere aiutare il bambino a chiarirlo e a esprimerlo, offrendogli quelle parole che ancora gli mancano: «Mi sembri triste. Che cosa succede? Vorresti stare ancora con me? Lo capisco, anche a me piacerebbe molto passare ancora del tempo con te».
Si tratta di decentrarsi per fare spazio alla comprensione di ciò che il bambino sta sperimentando, percepire ciò che sta sentendo e comunicargli che ha il diritto di provare ciò che prova!
Dobbiamo essere consapevoli del fatto che per un bambino piccolo è perfettamente normale esperire degli stati di de-regolazione di fronte a forti emozioni. Non c’è provocazione, né sfida, né un intento consapevole di far star male l’altro. C’è un’emozione bloccata, un problema e il bisogno di un adulto capace di ascoltare e offrire il suo aiuto.
Ma come gestire nel concreto i capricci dei bambini? Iniziamo col dire che non esiste una “bacchetta magica”. Proprio perché si tratta di fenomeni strettamente connessi a processi di sviluppo cerebrale, da parte di noi adulti sono richiesti tempo, pazienza e un intenso lavoro di accompagnamento.
La precondizione sul come affrontare i capricci dei bambini in maniera consapevole e rispettosa è mantenere la calma. Dobbiamo, infatti, partire dal presupposto che quella condotta non nasce con l’intento di sfidarci, bensì con quello di comunicarci qualcosa.
Se il bambino sta gridando e lanciando le sue costruzioni, urla, minacce e tentativi aggressivi di repressione non faranno altro che gettare “benzina sul fuoco”. Nel pieno del capriccio lo stato di de-regolazione è tale che anche tentare di far ragionare il bambino non avrebbe alcun senso. Argomentazioni logiche e insegnamenti cadranno quasi inevitabilmente nel vuoto. Il primo step dovrà essere, piuttosto, quello di ricreare uno stato di connessione. Abbassiamoci al livello del bambino e cerchiamo il suo sguardo. Se non lo rifiuta, offriamogli anche un contenimento fisico, altrimenti limitiamoci a una presenza non invasiva.
Solo quando il bambino sarà passato dall’iniziale stato reattivo a uno stato ricettivo, sarà possibile parlargli. Descriviamo allora l’accaduto nella maniera più oggettiva possibile, verbalizzando quello che ci sembra essere il suo vissuto e aiutandolo a dare un nome alle sue emozioni. Ad esempio: «Vedo che sei molto arrabbiato. Ti capisco, so cosa vuol dire sentirsi così ma devo fermarti perché voglio proteggerti».
Prestiamo attenzione a comunicare ai bambini il messaggio che ogni emozione ha perfettamente ragion d’essere, mentre non tutti i comportamenti sono accettabili.
Quello su cui dovremmo successivamente andare a lavorare sarà modellare condotte più efficaci e adeguate per comunicare i propri vissuti.
Nonostante i capricci siano qualcosa di perfettamente normale nell’arco della crescita possiamo comunque lavorare sulla “prevenzione” e ridurne così il numero.
Per riuscirci cerchiamo di garantire al nostro bambino:
Ultimo consiglio è quello di provare a prendere appunti. Annotare le situazioni in cui nostro figlio perde più facilmente il controllo può risultare utile a comprendere quali sono gli schemi che contribuiscono a far scattare la dinamica del capriccio e tentare così di prevenirli. È però importante ricordare che non possiamo controllare le emozioni dei nostri bambini, quel che possiamo fare è piuttosto provare a controllare le situazioni che vivono e aiutarli a comprenderle ed elaborarle, nel rispetto e nella connessione reciproca.
Come abbiamo visto, i “terribili due”, ovvero i capricci dei bambini intorno ai 2 anni, sono ben documentati, ma cosa significa se i bambini continuano a fare capricci anche a 5, 6, 7 anni o persino oltre?
Tendenzialmente, quando i bambini compiono 5-6 anni, si nota una drastica diminuzione dei capricci: con il tempo infatti il piccolo inizia a migliorare le proprie capacità linguistiche e a sviluppare le prime, basilari modalità di autoregolazione emotiva.
Ciò non significa, però, che i capricci scompaiano del tutto. Anzi, è perfettamente normale che anche i bambini in età prescolare e scolare ne cadano preda. Per alcuni di loro, infatti, potrebbe essere necessario maggiore tempo per imparare a regolare le emozioni più forti o per esprimere e modulare vissuti impegnativi come la frustrazione, la gelosia o la noia. La causa potrebbe anche individuarsi in una difficoltà dei bambini a gestire particolari situazioni (ad esempio a scuola o nella relazione con i coetanei) o condizioni (stress, ansia eccetera).
Anche nel caso dei bambini più grandi, è importante ricordare che davanti a una crisi minacciare o punire non è la soluzione; non a lungo termine, almeno. Cerchiamo piuttosto di creare uno spazio sicuro, dove possano sentirsi protetti e contenuti, e quando saranno pronti a parlare proviamo a far leva sulle loro capacità comunicative, incoraggiandoli a descrivere come si sentono. Una volta individuato insieme il bisogno sotteso, sarà più semplice ragionare sulla soluzione e ristabilire la calma.
Dopo la laurea in Scienze dell’educazione si specializza nel Metodo Montessori per la prima infanzia presso l’Opera Nazionale Montessori e successivamente con il Centro Nascita Montessori. Nel 2016 fonda “Aiutami a fare da me”, sito che ha lo scopo di divulgare il pensiero di Maria Montessori, e nel 2019 si trasferisce in Germania continuando il suo lavoro di educatrice presso un asilo nido di ispirazione Reggio Children. Collabora con numerose riviste specializzate e sostiene i genitori con percorsi individuali di parent coaching.