Cerchiaggio in gravidanza: cos’è e quando vi si ricorre?

È un piccolo intervento che ha l’obiettivo di ripristinare la funzione contenitiva della cervice, riducendo così il rischio di aborto tardivo o di parto pretermine nelle situazioni identificate a rischio. Ma in quali casi viene effettuato? Comporta dei rischi?

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Margherita Borgatti , ostetrica e docente
medico valuta cerchiaggio in gravidanza

La prevenzione del parto pretermine è un processo a cui va dedicata molta attenzione, poiché ogni parto anticipato, per definizione, va considerato come un parto a rischio. Quali sono gli strumenti che possono essere d’aiuto? In questo articolo ne analizzeremo uno, il cerchiaggio cervicale, un piccolo intervento chirurgico che ha l’obiettivo di contenere la gravidanza in utero in situazioni identificate a rischio di parto prematuro.

Vediamo quindi di seguito in quali casi è raccomandato il cerchiaggio del collo dell’utero, come avviene esattamente questo intervento e se comporta rischi per la donna e per il feto.

Cos’è il cerchiaggio del collo dell’utero?

Cos’è il cerchiaggio? I primi scritti a riguardo provengono dall’India, dove il medico Vithal Nagesh Shirodkar (1899-1971) disse: «Il cerchiaggio è indicato in donne con aborti ripetuti tra il 4° e il 7° mese […] quando si verifica un progressivo cedimento cervicale». Si tratta infatti di un intervento che si è sviluppato tra gli anni ‘50 e gli anni ‘60, quasi contemporaneamente, dai medici Shirodkar, in India, e McDonald, in Australia, per correggere o prevenire una “insufficienza cervicale”, ossia una condizione che si verifica quando il collo dell’utero inizia in modo anticipato i processi di raccorciamento e dilatazione cervicale, tipici del travaglio di parto.

Si tratta di una complicazione che interessa meno dell’1% delle gravidanze e che può ripresentarsi nelle gestazioni successive.

Il cerchiaggio del collo dell’utero consiste in un’operazione in cui il ginecologo applica una benderella (una sutura di materiale non riassorbibile) sulla cervice con l’obiettivo di ripristinare la sua funzione contenitiva, riducendo così il rischio di aborto tardivo (tra le 14 e le 22 settimane) o di parto pretermine nelle situazioni identificate a rischio. 

Come funziona e quando è necessario

«Quando serve fare il cerchiaggio in gravidanza?», chiede Claudia, alla 17^ settimana di gestazione, durante un incontro con la sua ginecologa. La questione è nata perché la specialista ha appena riscontrato, tramite ecografia, una cervice raccorciata, segnale predittivo del rischio di parto pretermine. Inoltre, Claudia ha già avuto un’esperienza di parto pretermine con la sua prima gestazione (sua figlia Valentina è nata a 31 settimane a causa della rottura prematura delle membrane). Per questi due motivi la dottoressa ha proposto l’intervento in una struttura ospedaliera; il cerchiaggio, infatti, viene proposto alle donne con storia di più parti pretermine e/o aborti tardivi o di un parto pretermine precedente e il riscontro di cervice raccorciata. 

«Come funziona il cerchiaggio del collo?», chiede allora Claudia, un po’ preoccupata. La ginecologa la rassicura subito spiegandole che si tratta di un piccolo intervento della durata di circa 30 minuti. Consiste nell’applicazione di una fettuccia di materiale non riassorbibile (ad esempio in fibra poliestere) al di sotto della mucosa che riveste lateralmente il collo dell’utero, con l’obiettivo di contrastare l’eventuale accorciamento e dilatazione della cervice, tenendo strette insieme le pareti della stessa. Può essere eseguito sia prima della gravidanza che durante, per via transvaginale nel 95% dei casi e solo raramente per via transaddominale. 

Il cerchiaggio, come detto, è raccomandato a scopo profilattico nelle donne con storia di aborti ricorrenti nel secondo trimestre o in donne con precedente parto pretermine e con diagnosi di cervice “corta”. Invece, i casi in cui è necessario il cerchiaggio in emergenza sono quelli in cui è stata riscontrata una minaccia di parto pretermine, ovvero quando si rileva una dilatazione cervicale in assenza di contrazioni uterine.

Il cerchiaggio viene rimosso verso le 36-37 settimane, in previsione del parto. Tuttavia, in presenza di perdite di sangue importanti, sintomi di infezione, rottura delle membrane o contrazioni uterine, è necessario procedere con la rimozione anticipata.

Rischi del cerchiaggio in gravidanza

Quali sono i rischi del cerchiaggio? Trattandosi di un intervento chirurgico, non si possono escludere i rischi generici, come la reazione ai farmaci utilizzati, che possono presentarsi nel corso di tutte le operazioni, e i rischi specifici, che possono interessare la madre e/o il feto. 

Tra i possibili problemi del cerchiaggio in gravidanza troviamo:

  • infezione;
  • emorragia;
  • travaglio pretermine

Va sottolineato che queste complicanze sono molto poco frequenti per quanto riguarda il cerchiaggio profilattico e più comuni per gli interventi in emergenza (più complicati da eseguire).

Tra i rischi del cerchiaggio troviamo anche la rottura delle membrane che delimitano il sacco amniotico in cui galleggia il feto, che può essere accidentale in corso di operazione o spontanea nelle 48 ore dopo l’intervento. In alcuni casi, nonostante la procedura e il massimo impegno e prudenza da parte degli operatori, si potrebbe verificare anche l’interruzione precoce della gravidanza

Un recente studio ha confrontato l’utilizzo del cerchiaggio con una conduzione conservativa, ossia di attesa, eseguendo controlli ecografici regolari, includendo gravidanze tra le 14 e le 23 settimane. In conclusione, si è osservato un allungamento medio della gestazione di circa 33 giorni e un miglioramento della sopravvivenza fetale tra il 43% e il 70%.

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Margherita Borgatti

Lavora come ostetrica negli ospedali bolognesi dal 2018 e conduce corsi di accompagnamento alla nascita. Dal 2020 è professoressa a contratto presso l’Università di Bologna, per il corso di Laurea in Ostetricia. Ha elaborato e coordinato un progetto, in collaborazione con l’Università di Bologna, di protezione e promozione dell’allattamento al seno, sostenendo a domicilio le mamme con difficoltà nell’avvio dell’allattamento.

Bibliografia
Articolo pubblicato il 05/01/2024 e aggiornato il 16/04/2024
Immagine in apertura Phynart Studio / iStock

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