Sulla pagina Facebook di Uppa compare l’immagine in cui si esplicita un principio semplice: che tra i figli di coppie etero e omosessuali non vi sono differenze, ovvero sono uguali, e per uguali io intendo nei diritti, nelle potenzialità di vita e di sviluppo sereni, nella possibilità di condurre un’esistenza “normale” dove trovano spazio le cose che è giusto riservare ai cuccioli umani: il gioco, il cibo, l’accudimento, l’educazione e l’amore, e tanto altro dove e quando possibile. Uguali anche nella possibilità di imbattersi in situazioni problematiche, certo, esattamente come gli altri.
Inizio a leggere i numerosissimi commenti che si succedono rapidi, e allibisco: alcuni francamente volgari, altri molto confusi che tirano in ballo considerazioni non certo veicolate dall’immagine, altri di una ferocia (spesso al femminile) appesantita da affermazioni che nulla hanno a che vedere con tutto questo, e che richiamano all’importanza del rapporto madre-figlio, dell’allattamento materno, del legame spirituale e fisico tra madre e figlio che nessuno ha messo in discussione, men che mai Uppa.
Attacchi viscerali alla rivista, alla “più potente lobby del nostro tempo” (quella omosessuale, e io che pensavo fosse quella finanziaria!), minacce di sospensione dell’abbonamento, persino insulti più o meno velati, chiamata in causa di uteri in affitto che nessuno ha citato, e mi chiedo: perché?
Come è possibile che chi scrive travisi a tal punto il messaggio e provi davvero sentimenti così livorosi, che annebbiano la facoltà di pensiero e di comprensione del mondo reale al punto tale da non pensarci nemmeno per un attimo a buttare giù cattiverie al cubo?
Davvero pacate madri e riflessivi padri faticano a comprendere un principio così chiaro, semplice come quello che l’immagine veicola? Può essere stravolta nei suoi intenti a tal punto da far vomitare fiumi di invettive contro chi l’ha pubblicata?
Mi faccio domande: ma allora i milioni di situazioni già esistenti, che nemmeno rileviamo in maniera così evidente nella nostra quotidianità tanto siamo presi dai nostri affanni, di coppie omosessuali che non fanno rumore, conducono vita schiva e rispettosa (o anche il contrario, esattamente come gli etero), e crescono pure bimbi, in una variegata serie di possibilità che anche gli eterosessuali sperimentano, che cosa meritano? L’emarginazione sociale?
Situazioni in cui i bambini hanno diritto ai diritti esattamente come tutti gli altri, ma soprattutto hanno il diritto sacrosanto di non subire di riflesso la crudeltà esagerata di certi attacchi devastanti verso genitori che non coincidono con il modello maggioritario, ma non per questo sono più incapaci degli altri!! Una mistica della maternità “naturale” spinta all’eccesso, che dunque taglia fuori anche ogni spiraglio di speranza per piccoli che la mamma non ce l’hanno più e languono negli orfanotrofi di tutto il pianeta, o la cui madre non corrisponde a quel modello (succede spesso!).
E che dire dei milioni di fecondazioni assistite, dove la mano della scienza interviene stravolgendo ogni consuetudine biologica, ma da cui nascono bambini che non hanno nulla di diverso dagli altri, eppure crescono felici o infelici alla stessa maniera di tutti gli altri? Il contesto sociale e culturale in cui un piccolo umano sviluppa le sue potenzialità potrebbe essere il più degradato, ma se sono rispettati i canoni dell’incontro naturale ammantato di poesia dei due gameti (su cui non si discute, ovvio), il momento del primo contatto madre-neonato e l’allattamento materno fila tutto liscio, e tutte le altre situazioni sono senza speranza? Nessuna possibilità per chi non si trova all’interno di questi confini, solo perdizione e un futuro di nebbie emotive? Altro che resilienza!
Eppure il mondo reale è fatto anche di tutto questo, ormai da tempo, e con esso ci dobbiamo misurare sul piano etico e umano, certo sempre interrogandoci sulle strade più appropriate da percorrere, ma questo è un principio che vale per tutti, altrimenti rischiamo di introdurre concetti subdoli e pericolosi, anticamera verso la discriminazione, e non è peregrino pensare che non abbiamo certo bisogno di creare nuovi fronti di conflitto sociale e culturale.
Io, da ostetrica che ha incontrato anche coppie di donne, alle quali è negata l’adozione nonostante su questo si sia pronunciata proprio recentemente la Corte Europea dei diritti umani, e che per coronare il desiderio (illegittimo?) di maternità non hanno altra strada che la fecondazione assistita praticata all’estero, ho la sensazione che davvero ci si stia spingendo da tempo verso un’esagerata sottolineatura di principi che nessuno nega, ma che non sempre sono sperimentabili proprio per la natura complessa dei contesti umani.
Sempre nel mio ruolo professionale, da anni mi spendo attraverso l’informazione con ragazzi e adulti per abbattere il muro di ostilità verso chi manifesta orientamenti sessuali differenti, incontrando lo spaesamento di genitori che non mettono in conto la possibilità che i propri figli vivano quella condizione, e quando si trovano a confrontarcisi vengono colti da paura, sgomento e non di rado rabbia e rifiuto. Per contro, bisogna aver visto negli occhi di giovani sorpresi dalla propria natura omosessuale il terrore di non essere accettati per ciò che si è, che li spinge al suicidio in percentuale ben superiore a quella riscontrata nei ragazzi eterosessuali.
“Ricordatevi della vostra umanità, e dimenticate il resto”
(Manifesto Russell-Einstein – 1955)
Davvero, non abbiamo necessità di erigere muri ostili e stigmatizzanti, semmai un bisogno profondo di analizzare con pacatezza e intelligenza il variegato universo umano, lasciando in disparte i preconcetti e cercando di comprendere, nel senso proprio di “afferrare, cogliere con la mente il senso” del mondo intorno a noi, evitando il sonno della ragione, che ha già prodotto e continua a produrre i suoi mostri. Un invito spassionato alla pausa di riflessione, tutto qui…