La colestasi gravidica è una complicazione che si manifesta soprattutto nel secondo o nel terzo trimestre di gravidanza e può risultare pericolosa per la salute del nascituro.
I dati ci indicano che questa malattia è presente nel 2% delle gravidanze, con una particolare incidenza nelle aree dell’America Latina, dell’India e del Pakistan.
In questo articolo approfondiremo non solo i sintomi della colestasi gravidica e le cause, ma anche quali sono i rischi per il bambino.
Il sintomo tipico della colestasi gravidica è la presenza di prurito senza manifestazioni di arrossamento o altre lesioni sulla pelle. Ha delle caratteristiche particolari:
Altri sintomi della colestasi gravidica sono la presenza di ittero, l’emissione di urine scure o la presenza di grasso nelle feci. Tuttavia si tratta di manifestazioni rare, osservabili nelle situazioni più complesse.
Non sono ancora note le cause della colestasi gravidica, ma si presuppone che possa essere provocata da un affaticamento del fegato materno dovuto all’aumento dell’attività di quest’ultimo.
Durante la gravidanza tutti gli organi sono sottoposti a un maggiore carico di lavoro per rispondere alle esigenze della vita che si sta formando in utero. Proprio per supportare l’aumentata attività, molti di questi vengono fisiologicamente irrorati da una maggior quantità di sangue. L’apporto di sangue al fegato aumenta, ma non così tanto come in altri organi.
Esistono alcuni fattori di rischio che aumentano la probabilità di sviluppare la colestasi gravidica, ovvero:
L’incidenza di questa malattia aumenta, come detto, nelle donne con origini indiane, pakistane o latinoamericane e, in generale, durante i mesi invernali.
La diagnosi per la colestasi gravidica si esegue sulla base dei segni clinici (prurito) e sulla valutazione degli esami del sangue, che andranno a indagare la funzionalità epatica della donna. Più nello specifico, l’aumento di:
L’ultimo dato è quello più importante da tenere in considerazione (si considerano patologici valori a digiuno superiori a 10 micromoli/dl).
È sufficiente il sospetto della malattia per attivare un percorso terapeutico e di sorveglianza che permette di prevenire possibili complicanze.
Quando è presente prurito inspiegato in associazione a valori di acidi biliari normali è sempre bene ripetere gli esami dopo due settimane per avere un’ulteriore conferma.
In base ai valori degli acidi biliari la colestasi gravidica si divide in:
Nei casi di sospetta colestasi è sempre bene fare degli approfondimenti, a volte anche in regime di ricovero, per avere chiara la situazione e accertarsi che i sintomi non siano da attribuire ad altre patologie con insorgenza simile, ovvero:
La terapia per la colestasi gravidica è volta soprattutto a ridurre i fastidi legati al prurito, con cure locali sulla pelle, e ad abbassare la concentrazione di acidi biliari con cure farmacologiche. Non esistono invece prove che serva indurre il parto prima delle 37 settimane; il trattamento deve essere impostato proprio per prevenire le complicanze e permettere la nascita del bambino al termine di gravidanza.
Dopo il parto, in circa quattro settimane si assiste alla remissione dei sintomi e alla normalizzazione dei valori del sangue.
L’accumulo di acidi biliari nel sangue materno rappresenta un rischio importante per il bambino. La colestasi gravidica si associa infatti a una maggior incidenza di:
In caso di sospetta colestasi gravidica, la gestante dovrà essere presa in carico dal punto nascita prescelto, dove verrà eseguito il monitoraggio del benessere fetale e materno mediante controlli settimanali.
Soprattutto per le gestanti con colestasi sarà molto importante monitorare i movimenti fetali e recarsi in Pronto Soccorso in caso si percepiscano cambiamenti.
In base ai valori degli esami di laboratorio e all’epoca gestazionale verrà poi valutata l’eventualità di una induzione del parto dopo la 37^ settimana di gravidanza.
A sei settimane dal parto sarà necessario per la mamma un controllo che confermi la normalizzazione degli esami del sangue. In questa occasione verrà anche spiegato il rischio di ricorrenza della colestasi nelle gravidanze successive (40-90%) ed eventualmente sarà programmata una contraccezione non ormonale per le donne interessate.
Ostetrica, si è occupata a lungo di cooperazione internazionale e di progetti sostegno alle salute delle donne migranti. Dal 2007 al 2009 fa parte del pool di ostetriche che danno vita al Centro nascita “Margherita” dell’Azienda Universitaria di Firenze che si occupa del travaglio e del parto fisiologici a esclusiva conduzione ostetrica. Dal 2014 lavora nell’Ospedale Santa Maria Annunziata nel reparto di Ostetricia e in sala parto.