Intorno ai 6 anni d’età, nel bambino si fanno strada una serie di complesse acquisizioni che lo porteranno a imparare a leggere e a scrivere e, successivamente, ad automatizzare queste due azioni.
L’Italiano è una lingua “trasparente”, ovvero ogni lettera ha un suono che le corrisponde e ciò influisce positivamente sul come si impara a leggere. Molti studi hanno approfondito cosa accade nel cervello del lettore esperto che visualizza una parola: una serie di attivazioni di aree cerebrali che servono a specifiche funzioni quali l’attenzione, il movimento oculare, l’inibizione degli stimoli esterni, il riconoscimento del significato delle differenti stringhe di testo eccetera.
Di fronte a tanta complessità, come insegnare a leggere ai bambini in modo efficace? I bambini, nei primi tentativi, accedono alla lettura associando a ciascuna lettera (grafema) un suono (fonema), e arrivano al significato della parola solamente dopo averla pronunciata. Non è raro osservare, infatti, nei piccoli lettori, dapprima la scomposizione in singole lettere (ad esempio casa diventa c-a-s-a), successivamente la pronuncia della parola intera e, infine, con un guizzo di sorpresa, l’acquisizione del significato: «Ah! Casa!”.
Per Maria Montessori, l’apprendimento avviene in determinati “periodi sensibili”, durante i quali il bambino è capace di dirigere con maggiore intensità la sua attenzione. In particolare, Montessori osservò che l’interesse per la lettura e la scrittura si sviluppa già intorno ai 4-5 anni di età. Così come per tutta la fase evolutiva del bambino, l’adulto dovrebbe sostenere questo interesse preparando un ambiente educativo adeguato, ma è altrettanto importante che non ecceda o faccia pressioni che vadano oltre la naturale curiosità mostrata dal piccolo.
Per la lettura, infatti, è necessario che il cervello sia in grado di decifrare una complessa mole di informazioni, attraverso la trasmissione di segnali derivanti dalle diverse aree cerebrali coinvolte; tale attività è strettamente correlata alla maturazione delle fibre nervose che avviene non prima dei 5 anni di età.
Il metodo Montessori ha abilitato l’esperienza come fonte di conoscenza e la mano come primo strumento di apprendimento attraverso l’uso dei sensi. Le neuroscienze concordano nell’affermare che si impara più facilmente quando associamo emozioni positive alle esperienze di apprendimento, ecco perché insegnare a leggere giocando anche attraverso i libri e gli albi illustrati, ancor prima di saper leggere, circondati dall’affetto degli adulti, permette ai bambini di interiorizzare già un piccolo “tesoro semantico” da cui potranno attingere negli anni successivi.
Insegnare a leggere ad alta voce creando storie, utilizzando un linguaggio accurato e inserendo, dove possibile, rime e assonanze permette ai bambini di sperimentare le prime acquisizioni per comporre e scomporre le parole. Altre attività di tipo pratico, invece, sollecitano sin dalla primissima infanzia altre competenze che possono rivelarsi utili alla lettura: i travasi, ad esempio, allenano la coordinazione oculo-manuale e abituano l’occhio a seguire la mano secondo una direzione proposta dall’adulto, proprio come avverrà nel momento in cui sarà necessario cominciare a seguire da sinistra a destra il rigo di un testo scritto.
È possibile inoltre insegnare a leggere con il metodo Montessori assecondando la naturale curiosità del bambino per la lettura, che può essere stimolata anche attraverso materiali presi in prestito dal metodo, come ad esempio, le nomenclature: cartellini raffiguranti parole e immagini di oggetti e attività da nominare e associare tra loro, utili per arricchire il lessico e il bagaglio culturale del bambino. Per rendere più accattivante il gioco, l’adulto può scegliere le categorie di immagini da proporre sulla base delle passioni del bambino: insetti, animali, fiori, mezzi di trasporto e così via, aumentando il livello di complessità della proposta parallelamente all’avanzare dell’età.
Successivamente, seguendo le richieste del piccolo, si potranno introdurre le lettere dell’alfabeto in carta smerigliata, ovvero lettere costruite su un supporto di legno o cartone e carta vetrata, che il bambino potrà percorrere con le dita prima di scrivere con la penna. È un esercizio che richiede grande concentrazione, la ripetizione dei gesti favorirà, nel tempo, l’apprendimento dei movimenti della mano necessari per rappresentare ciascuna lettera associandola al suono corrispondente.
È possibile insegnare a leggere prima della scuola primaria? I bambini coltivano le competenze necessarie all’evoluzione del processo di lettura già a partire dai 3-4 anni di età, quando sono dediti al gioco e sono circondati da stimoli che possono attivare la lettura: cartelloni pubblicitari, insegne, cartelli stradali… È proprio attraverso il gioco che il bambino allena i prerequisiti utili all’apprendimento della lettura e della scrittura.
Negli anni Ottanta, Utah Frith, esperta psicologa dello sviluppo, ha proposto un modello di acquisizione della lettura caratterizzato da quattro fasi distinte e sequenziali, che permette agli adulti di comprendere come insegnare a leggere ai bambini secondo le età, sintonizzandosi con i loro bisogni:
Per insegnare a leggere ai bambini è necessario essere consapevoli che il passaggio da un’acquisizione all’altra non risponde a logiche lineari: per alcuni potrebbe volerci maggior tempo; in altri casi si possono verificare delle battute d’arresto. La fluidità del percorso dipende dallo sviluppo cognitivo di ogni singolo bambino e dall’esposizione a un adeguato metodo di insegnamento.
La mamma di Matilde era molto preoccupata per le difficoltà di lettura di sua figlia, in procinto di iniziare la seconda classe della scuola primaria. Un percorso di potenziamento della lettura e della scrittura è servito ad accompagnare la bambina fino alla conclusione del primo quadrimestre della seconda classe, quando ha iniziato a leggere da sola senza più fermarsi. La storia di Matilde ci aiuta a sottolineare il fatto che ciascun bambino è a sé ed è diverso nei tempi e nei modi dell’apprendimento. Non per tutti è necessario un percorso specifico di potenziamento, alle volte la difficoltà di lettura si risolve semplicemente lasciando sedimentare i nuovi apprendimenti.
Per altri bambini ancora, invece, è auspicabile intraprendere un percorso di approfondimento clinico per valutare l’eventuale presenza di difficoltà specifiche (percorso da intraprendere, in ogni caso, non prima del termine del secondo anno della scuola primaria).
Ma cos’è consigliabile fare quando un bambino presenta difficoltà di lettura? Uno dei più importanti obiettivi da perseguire in caso di insuccesso scolastico è il mantenimento di una buona dose di autostima. Gli adulti di riferimento, genitori e insegnanti, dovrebbero prendersi cura di questo delicato aspetto, restituendo al bambino fiducia nelle sue capacità e sicurezza per riprovare ancora. Per questo motivo è opportuno non incalzare il piccolo lettore in erba con richieste di lunghe ed estenuanti letture, ma piuttosto aiutarlo spiegandogli: «Bisogna leggere fino al puntino colorato di verde. Io ti ascolto, prendi il tempo che ti serve».
Anche la vita quotidiana, come Montessori insegna, ci regala tante opportunità per supportare il bambino che ha difficoltà nella lettura. Si possono fare:
Tutte queste attività possono essere svolte ovunque: al supermercato o in coda nel traffico, nella sala d’attesa del dentista o mentre si passeggia nel parco; a condizione, però, che vengano svolte con reciprocità e complicità, senza giudizi.
Infine, una narrazione a parte merita la lettura ad alta voce condivisa. Leggere insieme al proprio bambino è un’attività relazionale che offre molteplici benefici, in particolare:
È per queste ragioni che la lettura ad alta voce, soprattutto se proposta dai genitori, non può rispondere a logiche didattiche («Leggi tu per esercitarti, io ti ascolto!»), ma dovrebbe piuttosto essere custodita in uno spazio intimo e familiare.