L’asma è una malattia antichissima, conosciuta da almeno tremila anni. Il suo nome deriva dal greco antico asthmaìno che significa “respirare con difficoltà”. Gli antichi, dai seguaci di Ippocrate e Galeno fino ai medici medievali e rinascimentali, proposero diverse e curiosissime teorie per spiegarne l’origine e non risparmiarono altrettanto curiosi consigli e medicamenti per curarla: salassi, impacchi caldi e umidi, ma anche pepe, artemisia amara e inalazioni di vapori di arsenico.
Oggi sappiamo che l’asma, che pure non è difficile da diagnosticare, è una malattia complessa, soprattutto quella dei bambini, perché la sua evoluzione è influenzata da fattori ereditari, ambientali, infettivi e alimentari; i meccanismi fisici e biochimici che scatenano gli attacchi di asma sono ben noti, così come sappiamo bene che le abitudini, i comportamenti e i farmaci ci possono aiutare molto. È inoltre una malattia con un forte impatto sociale, umano ed economico, basti pensare che il costo medio per paziente asmatico è di circa 750 euro all’anno ed è principalmente imputabile all’uso improprio delle risorse sanitarie e a un mancato controllo di base della malattia.
L’asma è una malattia cronica, cioè una malattia che ha un decorso prolungato, a volte di anni e perfino per tutta una vita, che dipende da un’infiammazione delle vie respiratorie, a sua volta causata dell’azione irritativa di molti fattori che agiscono da soli o associati tra loro (è una malattia multifattoriale). Questa infiammazione delle vie respiratorie provoca un restringimento dei bronchi (broncospasmo) e un “gonfiore” delle loro pareti; i sintomi sono la tosse, il fischio dell’aria che esce a fatica dai polmoni (sibilo espiratorio), l’affanno, il respiro corto e frequente. Nonostante questi sintomi siano molto disturbanti, oggi sappiamo che un asmatico ben curato può svolgere quasi sempre una vita del tutto normale.
Fino a pochi anni fa nella comunità scientifica, dove si sente sempre la necessità di classificare e organizzare le nozioni con la speranza di capirci qualche cosa in più, l’asma bronchiale veniva classificato come “allergico” e “non allergico” (sì, asma è un sostantivo maschile). Ultimamente siamo passati invece a definire l’asma in base al livello di controllo della malattia, e perciò distinguiamo l’asma controllato, parzialmente controllato e non controllato, sulla base di quattro criteri: la frequenza dei sintomi, la limitazione dell’attività fisica a cui l’asmatico è costretto, la presenza dei sintomi notturni e la frequenza con cui si usano farmaci broncodilatatori.
Si può parlare di asma nel caso del così detto “fischietto ai polmoni”? No, perché molti dei bambini che manifestano sintomi simili a quelli dell’asma prima dei 3-5 anni guariranno spontaneamente entro l’età scolare. Si tratta di bambini che soffrono di broncospasmo solo durante le piccole malattie virali respiratorie (raffreddore, tosse e febbre), molto frequenti a questa età. In realtà si può definire veramente asmatico solo un bambino più grande, anche se la terapia dei bambini con il fischietto è uguale a quella dell’asma. E sono tanti i piccoli “fischiatori”: entro i tre anni almeno il 30% dei bambini soffre di almeno un episodio di broncospasmo, bronchite asmatica o asmatiforme durante un episodio di raffreddore, con o senza febbre.
Sopra i 5-6 anni, i bambini asmatici sono il 10 %, quasi tutti (85%) allergici e quasi tutti (80-90%) hanno avuto i primi sintomi entro i 4-5 anni. I giovani adulti asmatici scendono al 4% della popolazione. Questi pochi numeri ci servono per capire che, se da una parte sono tanti i bambini piccoli che ricevono diagnosi di bronchite asmatica o asmatiforme, dall’altra solo quelli che hanno una predisposizione genetica e soffrono di allergia a una sostanza che si mescola con l’aria nei polmoni (pollini, polvere di casa per esempio) sono destinati a diventare veramente asmatici. Di questi il 70-80% migliorerà sensibilmente entro la pubertà, avrà sempre meno attacchi e dovrà ricorrere sempre meno ai farmaci.