Quali sono, nelle diverse fasi dello sviluppo psicomotorio, i principali fattori che aiutano il bambino a dormire serenamente? E noi, che cosa possiamo fare?
Proviamo a rispondere a queste domande partendo da una consapevolezza: il sonno è un bisogno fondamentale e i bambini cercano di soddisfarlo con i mezzi a loro disposizione; l’obiettivo è arrivare ad avere il controllo su ciò che accadrà, potendosi così abbandonare in sicurezza e con piacere al riposo, sia al primo addormentamento sia dopo i normali risvegli notturni o le parasonnie.
La maturazione degli stati di veglia e di sonno inizia durante la gravidanza ed è favorita, oltre che da fattori genetici, dalla salute e dal benessere psicofisico della madre. I disturbi della gravidanza (come ritardo di crescita, gestosi, stress intensi e prolungati) e del parto (parti difficili e traumi di vario tipo) influiscono in maniera negativa: i bambini, già alla nascita, potrebbero avere stati di veglia e di sonno fragili e immaturi, con lunghe fasi di agitazione e un pianto difficile da consolare; l’accudimento, in questo caso, risulta più complesso e sono necessari molti aiuti per favorire il sonno: tenere in braccio, cullare, accarezzare, cantare ninne nanne, offrire il seno… Sono aiuti preziosi, grazie ai quali il bambino si calmerà prima e meglio e svilupperà più facilmente la necessaria fiducia in sé stesso. Fatevi guidare dalle sue richieste e non abbiate paura di instaurare “brutte abitudini” o di “viziarlo”: sentirsi ascoltato e compreso da un adulto che risponde tempestivamente ai suoi bisogni (fame, sonno, contatto, consolazione) è molto importante per il corretto sviluppo dell’alternanza sonno-veglia, al pari di una buona digestione e di una crescita sana. Ricordate poi che non esiste un metodo unico e valido sempre per addormentare un neonato.
Tra i 2 e i 4 mesi il bambino ha maggiori capacità di adattarsi alle variazioni e ai ritmi dell’ambiente (l’alternanza luce-buio e le attività sociali). Questo è un buon momento per proporre attività che si ripeteranno regolarmente a certe ore della giornata (come il bagnetto o una passeggiata), preparando così l’arrivo dei 4 mesi, quando il bambino diventerà improvvisamente molto più attratto (e distraibile) dall’ambiente esterno, inizierà a riconoscere e anticipare ciò che accade intorno a lui e sarà pronto a utilizzare attivamente le routine che già conosce.
Prevedere le cose che accadranno, sentire che dipendono da ciò che fa e che i suoi genitori hanno fiducia in lui e lo guidano favorisce nel bambino lo sviluppo della sicurezza e gli consente di gestire l’ansia per eventi sconosciuti e imprevedibili. Ora è possibile ridurre la dipendenza del piccolo dai rituali per l’addormentamento gestiti solo dall’adulto (che lo culla o lo porta a spasso) e promuovere invece la sua partecipazione attiva (attraverso la suzione non nutritiva, o il rannicchiarsi accanto al genitore).
A 4 mesi i lattanti che la notte si svegliano in situazioni diverse da quelle in cui si sono addormentati – ad esempio nel lettino, quando erano in braccio a un adulto o in un’altra stanza – avranno più difficoltà a riprendere sonno e avranno bisogno dell’aiuto dei genitori per potersi riaddormentare nel modo che conoscono. Per questo è utile evitare di modificare l’ambiente e le condizioni di addormentamento.
Da questo momento, e sempre di più nei mesi successivi, il principale aiuto dei genitori consisterà nel rafforzare la fiducia del bambino nelle proprie capacità, aiutandolo a scoprire, a sperimentare e a fare via via da solo, con gli adulti come esempio e guida.
A 6-7 mesi, quando la maturazione del riconoscimento degli estranei e di nuovi ambienti rende più difficile adattarsi alle novità e separarsi dall’adulto, la qualità del sonno dipenderà soprattutto dal benessere emotivo del bambino durante il giorno. La prevedibilità e la partecipazione attiva del piccolo alle routine conosciute, sia di giorno sia di notte, saranno di grande aiuto, mentre l’incostanza e l’imprevedibilità dei comportamenti altrui rafforzeranno la “lotta” del bambino contro il primo addormentamento serale, renderanno meno profondo il sonno (e quindi si sveglierà molte volte) e contribuiranno a una maggiore difficoltà nel riaddormentarsi e nello sviluppare la propria sicurezza.
A partire da questa età, e ancor più tra i 9 e i 24 mesi, il bambino conta molto su di voi: desidera infatti imparare i comportamenti che vede negli adulti, e lo fa attraverso l’imitazione. Ha quindi bisogno di esempi per apprendere a fare da sé in base alle norme della nostra società. Un genitore che dice al bambino: «Ora abbiamo sonno», e lo accompagna a letto mettendosi a dormire vicino a lui, gli avrà dato un aiuto più efficace rispetto a un adulto sveglio che cerca di “farlo addormentare”. Via via che il bambino cresce, si può stabilire insieme che cosa fare prima di andare a dormire: cosa indossare, quale ninna nanna cantare, quale libro leggere.
Intorno ai 3-4 anni può manifestarsi la paura del buio e di ciò che potrebbe accadere: a questa età i bambini vivono in un mondo fantastico e immaginario che non sempre riescono a controllare («Se spegni la luce arrivano i mostri!»). Potete proporre di cercare insieme qualcosa che lo protegga durante il sonno e che tenga lontano i pericoli: un braccialetto che dà i superpoteri, un pupazzo-guardiano che fa compagnia nel letto o un oggetto scaccia-mostri da tenere vicino.
Gradualmente la sicurezza del bambino e il senso di controllo aumenteranno e, con l’acquisizione di una maggiore indipendenza, il piccolo comincerà a creare i propri rituali personali che lo faranno sentire protetto senza dover coinvolgere altre persone.
Non dimentichiamo che i problemi del sonno, a ogni età, ci dicono spesso che il bambino sta affrontando difficoltà durante il giorno. Prestate attenzione alle sue nuove conquiste e a come gestisce i momenti per lui più complessi: le separazioni, i cambiamenti di routine o di ambiente, le nuove regole. Potrebbe aver bisogno di maggiore vicinanza e di ascolto, di fare un piccolo “passo indietro” prima di spiccare il successivo salto in avanti. Ai bambini, in alcune fasi della crescita, serve più aiuto che in altre: fornire a vostro figlio il nutrimento affettivo che vi sembra necessario non significherà mai “viziarlo”.
pediatra e neonatologo, ha lavorato per 25 anni in Terapia Intensiva Neonatale all’ospedale Meyer di Firenze e poi come direttore di Pediatria e Neonatologia all’ospedale S.M. Annunziata. Esperto di valutazione e promozione dello sviluppo psicomotorio e di salute nel percorso nascita, è trainer nell’approccio Brazelton a livello nazionale.