I nostri figli hanno i compiti da fare, e, punto molto importante, li devono fare loro. Resto sempre stupito di fronte a quei genitori che candidamente ammettono di aver passato la serata a finire, completare, correggere lavori scolastici di varia natura. Se un senso i compiti ce l’hanno, è quello di aiutare a consolidare degli apprendimenti, stimolare autodisciplina e responsabilizzazione, e l’intervento continuo dei genitori da questo punto di vista ha molteplici svantaggi: impedisce di trarre beneficio dagli esercizi proposti, di verificare le proprie capacità e sviluppare apprendimento dagli errori, di mettere alla prova il proprio impegno e accettare la fatica della ripetitività o del tempo dedicato allo studio.
Chiaramente se i propri figli hanno bisogno di aiuto, questo, nei limiti del possibile, va dato, ma è sbagliato sostituirsi: bisogna piuttosto aiutarli ad arrivare da soli alle risposte che stanno cercando e stimolarli a trovare la propria strada e le proprie modalità per trarre beneficio dallo studio.
Molti genitori sono preoccupati dalla quantità o dalla difficoltà dei compiti che hanno i figli, ma è difficile stabilire il “giusto carico”, dipende molto dall’età e dall’orario scolastico. Sicuramente i bambini non devono passare l’intero pomeriggio e il weekend a fare esercizi e studiare, ma nemmeno a guardare la TV (o davanti a uno schermo di qualsiasi natura). E comunque, in caso di dubbio, è bene parlarne direttamente con gli insegnanti e non esplicitare riserve e commenti davanti ai propri figli: impostare con la scuola un’azione fondata sulla coesione educativa è fondamentale per non trovarsi poi con problemi più grandi.
È importante accettare la realtà dei compiti a casa e la necessità dell’impegno personale che richiedono. Certo, si fa fatica! La nostra è una società dell’immagine, del tutto subito, e i ragazzi e i bambini che sono nati dentro a questa società e a questa cultura non possono che trovare difficile approcciare i libri, le pagine da scrivere e leggere, i testi da studiare. Io credo che oggi a essere in crisi non sia tanto il sistema scolastico, quanto piuttosto il libro come medium di apprendimento: più immagini, meno parole, meno abitudine alla lettura, meno studio.
Però il compito dei genitori è proprio quello di legittimare l’importanza dell’impegno, della fatica di dedicarsi a esercizi e ripetizioni, di aiutare a stabilire un buon rapporto con il tempo che va dedicato al lavoro scolastico. Come fare? Servono regole e organizzazione. E poi un ruolo di monitoraggio e controllo che, soprattutto nei primi anni scolastici, è bene che svolga la mamma: tante ricerche hanno dimostrato che, piuttosto del padre, al quale va riservato un compito di verifica, è la madre a favorire il successo scolastico, nel momento in cui il bambino o la bambina percepiscono che la mamma si aspetta che lui o lei si impegnino.
Per prima cosa, soprattutto in quei casi in cui l’orario dei compiti si è ormai trasformato in un momento di battaglia, occorre sospendere le ramanzine, le urla, i ricatti, le promesse di premi e le minacce di punizioni. La tensione, la pressione psicologica, innesca dinamiche di rifiuto, contrasto o dipendenza da fattori esterni da cui poi sono proprio gli stessi genitori a far fatica a uscire. Spesso ci si fissa sulla motivazione, pensando che il problema sia fondamentalmente quello. Ma è un errore, perché come può un genitore entrare nel merito di un aspetto così complesso, che agisce a livello psichico, e che è determinato da tanti e diversi fattori?
In genere il problema non è la motivazione scolastica, perché alla maggior parte di bambini, bambine, ragazzi e ragazze andare a scuola piace: si sta con i coetanei, si sviluppano apprendimenti, si interagisce e ci si relaziona, si fa gruppo. Il problema si pone a casa nel tempo che esula da quello scolastico stretto, e bisogna quindi aiutare i figli ad affrontare quel momento difficile e faticoso, individuando le regole domestiche che possono trasformarlo in un tempo tranquillo e anche, perché no, piacevole.
Sulla base della mia esperienza, penso che le regole fondamentali per organizzare al meglio lo studio scolastico, che significa poi organizzare uno stile di vita, siano queste:
Non va mai dimenticato che a scuola vanno i figli, non i genitori. Ma questo non toglie la possibilità di creare la giusta cornice organizzativa che permette di vivere la scuola come una sfida condivisa.