È una giornata d’estate: caldo, sole, tende socchiuse per non fare entrare la calura estiva. La strada sotto casa è più silenziosa del solito: poche auto, sostituite dal frinire delle cicale incessanti. Ma nella storia di questo pomeriggio estivo, ecco la prima nota stonata a casa di Francesco, otto anni: la mamma gli chiede se ha iniziato i compiti per le vacanze. Il bambino sbuffa e lei lo rimprovera, anche ieri il piccolo ha detto “li faccio domani” e lo stesso è avvenuto l’altro ieri e i giorni prima ancora. «Quando li vuoi fare questi compiti per le vacanze che poi andiamo al mare? Non vorrai mica portarteli».
Quale genitore con i figli della scuola primaria (ma, ahimè, anche secondaria di primo e persino di secondo grado) non ha mai vissuto in prima persona una scena di questo tipo? Probabilmente pochissimi. Vediamo insieme una soluzione, cercando di capire quando fare i compiti delle vacanze e soprattutto come farli.
Prima di iniziare, è fondamentale considerare l’importanza della linea educativa comune da parte degli adulti di riferimento, che sono ovviamente i genitori, prima di tutto, ma anche le/gli insegnanti. Questo perché se il bambino percepisce un accordo, una sintonia tra i grandi comprende che quella cosa ha un senso. Forse non sarà una cosa che gli piace, protesterà ma saprà che quella cosa lì ha a suo modo un senso.
Una volta che abbiamo deciso che sono da fare, quando è bene fare i compiti per le vacanze? Ovviamente all’interno di questo “quando” intendiamo non solo il momento della giornata, ma anche la loro distribuzione all’interno dei lunghi mesi estivi senza scuola. Non è una domanda da poco.
Nell’esperienza di insegnamento di chi scrive ci sono le storie più diverse: dai bambini che concludono tutto il famoso libro per le vacanze già a giugno in modo da non pensarci più, a quelli che arrivano a settembre con lo stesso materiale praticamente intonso, a quelli che lavorano a salti, una settimana sì e due no o viceversa, altri che decidono che li faranno solo in luglio o solo in agosto e così via.
I compiti delle vacanze possono rappresentare uno spazio di lavoro che dà ancora maggiore importanza allo spazio del divertimento delle vacanze e che indica un allontanamento da ciò che viene imposto, che dovrebbe ridursi molto durante le vacanze estive per dare spazio a nuove esperienze. Anche e non per forza strutturate o mediate dagli adulti.
Capiamo così che i compiti per le vacanze hanno bisogno di una loro cornice, che possiamo costruire con i nostri bambini. La cornice implica questi aspetti:
Ma perché fare i compiti delle vacanze? I compiti per le vacanze a cosa servono?
Da quanto detto si capisce una cosa importante: i compiti delle vacanze possono servire non solo per consolidare gli apprendimenti sviluppati nel corso dell’anno scolastico (ad esempio fare le operazioni, scrivere, riflettere sulla lingua ma anche sulle proprie esperienze e così via), ma anche per sviluppare una certa autonomia rispetto all’organizzazione del proprio tempo e anche rispetto alla possibilità di “fare da soli”, seppure entro certi limiti.
Durante l’anno scolastico i compiti a casa ovviamente ci sono, ma sono incastrati dentro mille altre attività e molto spesso non aiutano realmente a far mettere radici agli apprendimenti perché sono molto esecutivi, cioè chiedono di ripetere quanto è stato imparato nel corso della stessa mattinata o nelle giornate precedenti.
Qui invece vengono richieste delle abilità molto diverse, sia dal punto di vista della riflessione che dell’organizzazione del proprio tempo, seppure aiutati. Quindi potremmo concludere che essi hanno una loro utilità se non vengono trasformati in una corsa contro il tempo settembrina o se diventano un qualcosa di puramente esecutivo facendoli tutti insieme per non pensarci più.
Il rischio che diventino un braccio di ferro tra bambini e genitori che innervosisce entrambi (come nella storia di Francesco) si può ovviare con una buona organizzazione e con una riflessione più ampia su come essi possano diventare una nuova occasione per diventare grandi insieme.
Aiutami a fare da solo: diceva Maria Montessori e questo principio può essere applicato anche ai compiti e in particolare ai compiti delle vacanze. Significa che vanno fatti da soli? O è meglio aiutare i bambini con i compiti per le vacanze?
Per chiarire questo punto è importante ritornare al concetto di autonomia, che abbiamo accennato prima. Autonomia significa propriamente capacità di darsi una norma da soli. Già nel significato della parola è contenuta l’idea che raggiungere l’autonomia è un processo lento che necessita di essere sostenuto attentamente dalla mamma e dal papà.
Autonomia non significa non dare regole, ma condividere quelle regole entro cui il bambino può muoversi da solo. Per i compiti significa condividere con lui, come abbiamo spiegato nei precedenti paragrafi, un programma chiaro e comprensibile che descrive tempi e modi in cui verranno fatti i compiti, la possibilità ovviamente di essere aiutati laddove se ne presentasse la necessità. Aiutare il bambino a fare da solo, significherà esserci non tanto per sostituirsi a lui e fare prima, ma sostenere la motivazione del bambino, aiutandolo a tollerare la fatica (sopportabile se prima ci si è ben organizzati) dello sforzo, la pazienza nell’insegnare l’alternarsi di impegno e tempo libero, anche in estate.
Per sostenere l’autonomia ci sono alcuni piccoli accorgimenti molto importanti da tenere presenti, che possono andare ben oltre le vacanze estive e che ci arrivano da Jane Nelsen, autrice del bellissimo libro “La disciplina positiva”. Possiamo sintetizzarli in alcuni punti:
È possibile che tutti questi passaggi non siano immediati, ma se rimaniamo adulti coerenti, anche se nella possibilità di essere flessibili, i bambini impareranno via via a prendersi cura dei propri impegni con una sempre maggiore autonomia.
Concludendo, è possibile fare i compiti delle vacanze senza stress? Con un po’ di organizzazione e creatività possono passare da essere odiosi e inutili, come diceva Francesco, a una nuova occasione per crescere insieme.