Fin dai primi momenti dopo la nascita, le mani dei genitori compiono migliaia di semplici gesti: toccano, sostengono, lavano, curano, consolano, accarezzano… toccare il corpo del bambino è una delle prime e principali forme di comunicazione e di interazione con cui i genitori entrano in contatto con i propri figli.
Nei primi mesi di vita, le madri toccano i propri figli tra il 60 e il 90% delle volte in cui si rivolgono a loro parlando o guardandoli. Spesso ciò avviene semplicemente per scopi pratici (il cambio del pannolino, spostare le manine del bimbo per imboccarlo…); altre volte per stimolare e/o richiamare la sua attenzione, come quando il genitore cerca di indirizzare lo sguardo su di sé sfiorandogli un braccio.
Il genitore solletica, stringe, solleva, sposta il bambino o semplicemente gli allunga o gli flette le gambine con l’obiettivo di farlo sorridere. Tutti questi comportamenti tattili implicano una qualche forma di precoce relazione tra l’adulto e il bambino. In effetti, soprattutto nei più piccoli, il tocco è un canale comunicativo speciale che promuove uno scambio reciproco di sensazioni e di percezioni. Non a caso, diversi studi suggeriscono come il contatto precoce abbia diversi effetti positivi sullo sviluppo del bambino: favorisce il benessere fisico e l’attenzione verso l’ambiente, lo aiuta a regolare le sue emozioni, promuove il legame con l’adulto; tutti aspetti che sostengono un’armoniosa crescita fisica ed emotivo-relazionale.
Uno degli aspetti peculiari del tocco è che, a differenza degli altri sensi, è per sua natura bidirezionale: si può vedere e non essere visti, parlare e non essere ascoltati, ma non si può toccare o essere toccati senza evitare il contatto diretto con il corpo dell’altro (si parla di “intercorporeità”). Come hanno dimostrato anche recenti ricerche, questa reciprocità consente al bambino di sentire la presenza fisica del genitore e allo stesso tempo di fare esperienza del proprio corpo; il contatto fisico (in particolare le carezze) potrebbe dunque favorire un altro importante aspetto dello sviluppo: la percezione dei propri confini corporei e quindi la percezione di essere un individuo separato e distinto dagli altri.
La pelle non è semplicemente un involucro che ci avvolge e protegge dall’ambiente esterno; tramite essa vengono trasmesse al cervello informazioni fondamentali come il tatto, la pressione, la propriocezione (ovvero la capacità di percepire e riconoscere, senza il supporto della vista, la posizione del proprio corpo nello spazio), il dolore, la sensibilità termica. Tutte queste stimolazioni sono rilevate attraverso dei recettori nei vari strati della cute e, grazie a diversi tipi di fibre, vengono inviate al cervello, dove le caratteristiche dello stimolo sono prontamente identificate per rispondere adeguatamente all’ambiente (ad esempio, ritrarre velocemente la mano in risposta a uno stimolo doloroso).
Ma cosa accade quando, invece di uno stimolo termico, pressorio o di altro tipo, a sollecitare la pelle è una carezza? Recentemente si è scoperto che le stimolazioni tattili di natura affettiva vengono inviate al cervello attraverso delle vie specifiche (le fibre “C-tattili”), ovvero le “vie nervose della carezza”. Queste fibre hanno delle precise caratteristiche che le differenziano da tutte le altre che trasmettono gli stimoli tattili: sono sensibili alla temperatura e alla velocità con cui le mani eseguono il tocco. In particolare, trasmettono l’impulso nervoso associato al tocco quando la temperatura cutanea è quella tipica (cioè intorno ai 32 °C) e la stimolazione tattile viene eseguita a una velocità ottimale (da 1 a 10 cm/s); in altre parole, queste fibre non si attivano (o si attivano di meno) se un tocco viene eseguito più lentamente o più velocemente rispetto a questo range di valori. Inoltre, queste caratteristiche si accompagnano a una percezione soggettiva di piacevolezza da parte di chi riceve il tocco.
Ci si potrebbe chiedere cosa ha a che fare tutto questo con la percezione dei confini del proprio corpo. In effetti, il nostro cervello elabora la percezione del corpo integrando informazioni provenienti da diversi sistemi sensoriali (vista, udito, input relativi al movimento e alla posizione nello spazio eccetera), ma anche da un’altra fonte fondamentale, ovvero le informazioni sullo stato di benessere dell’organismo che provengono dagli organi interni (i “segnali enterocettivi”). Buona parte di questi segnali raggiunge un’area specifica del cervello nota come “insula”, che è la stessa in cui giungono anche le informazioni riguardanti il tocco affettuoso attraverso le fibre che abbiamo menzionato poco fa. In altre parole, in quest’area convergono segnali provenienti sia dall’interno sia dall’esterno del corpo (le stimolazioni tattili affettuose) e ciò implica che questa struttura cerebrale, più di altre, potrebbe avere un ruolo specifico nell’elaborare i confini corporei. Proprio per il loro valore di vicinanza fisica ed emozionale con l’adulto, le carezze non fanno che “alimentare” questo processo. Peraltro, quest’area del cervello e il sistema specializzato del tocco sono sufficientemente maturi già dalle prime fasi di vita, per cui attraverso le mani e il contatto fisico affettuoso i genitori partecipano attivamente fin da subito alla percezione dei confini corporei da parte del bambino.
Toccare in modo affettuoso non è ovviamente l’unica modalità mediante la quale il bambino matura una più chiara percezione del suo “Sé corporeo”. Tuttavia, all’interno della relazione genitore-bambino, la carezza e il tocco affettuoso sembrano avere un’importanza particolare rispetto ad altre modalità relazionali (ad esempio il contatto visivo). Grazie alle migliaia di “incontri tattili” che accompagnano l’interazione nei primi anni di vita, i genitori aiutano il bambino a sperimentare sia il benessere sia i confini del proprio corpo. Forse per gli adulti è difficile essere consapevoli di quanto un semplice gesto affettuoso possa rappresentare un “nutrimento” fondamentale per il corpo e per la mente del bambino. Una buona ragione per ricordare che, così come il cibo e l’acqua sono essenziali per sostenere la crescita fisica del piccolo, allo stesso modo le carezze sono un alimento indispensabile per la sua vita emozionale.