«Ma quando nasce?»: forse una delle prime domande che ci si sente rivolgere non appena si comunica lo stato di gravidanza. E la mamma stessa, da subito, comincia a calcolare la data presunta del parto, a cercare di visualizzare un periodo, un’atmosfera, una condizione climatica, in cui localizzare nella sua mente il momento in cui dallo stato di gravidanza si troverà (finalmente!) ad avere in braccio un bambino.
La prima cosa da specificare è che la data presunta del parto è, come dice il nome, solo presunta e si trova a metà di un spazio di tempo molto lungo: dura esattamente un mese il periodo in cui il bambino si considera a termine, cioè nato nel momento giusto, quindici giorni prima e quindici dopo la fatidica data.
Ma come si calcola la data del parto, e quanto dura la gravidanza? Poiché è troppo incerta la definizione del momento in cui è avvenuto il concepimento, per accordi internazionali si è deciso di affidare la datazione della gravidanza a un parametro più preciso, e cioè il primo giorno dell’ultima mestruazione.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) «la durata della gestazione è misurata a partire dal primo giorno dell’ultima mestruazione normale. L’età gestazionale viene espressa in giorni completi o settimane complete».
L’età gestazionale viene quindi misurata basandosi sulla mestruazione (età mestruale), e non sul momento di concepimento (età concezionale) che invece si presume essere successiva di circa due settimane. Per calcolare quindi la data presunta del parto si contano 280 giorni (40 settimane) dalla data del primo giorno dell’ultima mestruazione, con un margine in più o in meno di 15 giorni. [1]
Data di inizio dell'ultimo ciclo mestruale
Per fare questo calcolo ci si serve del regolo ostetrico, cioè lo strumento utilizzato da ostetriche e ginecologi per il calcolo della data presunta del parto, ma il conteggio può essere eseguito facilmente dalla coppia applicando la regola di Naegele: si aggiungono sette giorni e si sottraggono tre mesi alla data dell’ultima mestruazione. Per esempio se il primo giorno dell’ultima mestruazione è stato l’11 gennaio, aggiungendo 7 giorni si arriva al 18 gennaio; se andiamo indietro di tre mesi arriviamo al 18 ottobre: è quella la data presunta del parto.
Questo metodo funziona se la donna è certa della data del primo giorno dell’ultima mestruazione, se la durata del flusso è stata normale in rapporto alle caratteristiche abituali per la donna in questione e se la durata del ciclo non superava i 35 giorni. L’uso di preparati anticoncezionali steroidei (pillola anticoncezionale) nei tre mesi che precedevano l’ultima mestruazione aumenta la probabilità che la stima dell’età mestruale sia poco precisa.
Per essere più sicuri, la datazione viene sempre comunque valutata durante la prima ecografia (10°-12° settimana): la misurazione di alcuni parametri fetali ci permette di confermare la corrispondenza o meno tra l’epoca calcolata in base all’ultima mestruazione e l’effettivo livello di sviluppo raggiunto dal feto. In alcuni casi, quando questa corrispondenza manca, la gravidanza viene ridatata, cioè da quel momento si finge che l’ultima mestruazione sia stata qualche giorno prima o dopo, in maniera che l’età gestazionale sia coerente con l’accrescimento del feto; a questa nuova data bisognerà fare riferimento per tutti i controlli in gravidanza e per il calcolo della data del parto.
A maggior ragione ci si affiderà alla valutazione ecografica della datazione nei casi in cui non si conosca con certezza la data di inizio delle mestruazioni, oppure nei casi in cui la donna ha fatto uso della pillola anticoncezionale.
La definizione precisa dell’epoca gestazionale è importante non solo per la corretta valutazione della crescita fetale nel corso della gravidanza (si potrebbe rischiare di considerare in ritardo di crescita un bambino che invece è solo più giovane di quanto ci si aspettava e viceversa), ma anche per mirare al meglio l’assistenza al momento del parto. Infatti, se non comporta alcuna differenza una nascita a 38 o 41 settimane, è necessario invece sapere per certo se stiamo andando ad assistere il parto di un bambino prematuro, che potrebbe quindi avere bisogno di maggiori cure. [2] O, all’estremo opposto, espone a un aumento del rischio aspettare la nascita oltre le 42 settimane: in questo caso sarà necessario procedere con un’induzione del travaglio. Ma in entrambi i casi una datazione precisa fatta all’inizio della gravidanza permette un comportamento ostetrico più corretto.
I gruppi di età gestazionale riconosciuti dall’OMS sono:
nata a Torino, dopo aver lavorato come restauratrice di dipinti, si laurea in Ostetricia nel 1999. Da allora lavora a Firenze, dove promuove una gestione meno invasiva e medicalizzata del parto. Partecipa all’apertura del primo centro nascita italiano, pubblico e a completa gestione ostetrica: la Margherita, dove lavora per sette anni.